di Giulio Vignoli
Ho acquistato il libro di J.−L. Panicacci “L’occupazione italiana del Nizzardo” che indubbiamente costituisce una pregevole ricerca archivistica e storica.
Ma nel libro non si accenna minimamente alla storia di Nizza, alle modalità vergognose con cui fu ceduta, al risibile plebiscito (cosa poi accaduta di nuovo con Briga e Tenda), ai profughi che lasciarono la Città per non diventare francesi, alla successiva francesizzazione, ai Vespri nizzardi, ecc.
Ne consegue che il lettore non capisce perché gli Italiani, e non solo i fascisti, rivendicassero Nizza. Erano dei mattacchioni costoro? Naturalmente “poco colti” (pag. 16).
Vi sono anche errori. Ne cito qualcuno granduccio e anche piccolino.
Non è vero che Mussolini “ispirò” le grida alla Camera (pagg. 17-18). Se si legge il verbale del Consiglio dei Ministri (riportato da De Felice nel suo libro illustrante l’episodio), Mussolini deplorò la manifestazione soprattutto con riferimento a Nizza.
Vero che vi furono dei saccheggi a Mentone (pag. 25), ai quali partecipò anche Italo Calvino; poi con la caduta del fascismo virò a Sinistra, Sinistra a cui Panicacci appartiene. Quando poi si parla di voltagabbana…
“Il regime fascista e le autorità militari italiane favorirono il saccheggio con ordini verbali” (?!).
Idee dell’Autore?
La frase “Molti nemici molto onore” (pag. 29) è di Federico di Svevia (il “Vento di Soave” di Dante), fatta sua poi da Mussolini.
L’ultimogenita del re Vittorio Emanuele III si chiamava Maria Francesca Anna Romana e non Maria Pia. Maria Pia è la primogenita di Umberto II che in seconde nozze ha sposato un Borbone Parma (pag. 105, nota 129).
Il marito della principessa Maria Francesca, ecc. si chiamava Luigi Carlo Maria Leopoldo Roberto di Borbone Parma e non Gennaro (pag.177).
L’autore cita quasi sempre autori italiani suoi amici o a lui favorevoli, ma in Italia esistono anche autori che non condividono le sue posizioni (Ragazzoni, Mola di Nomaglio, il modestissimo sottoscritto delle Università di Bologna e Genova, forse un tantino più grandi e importanti di quella di Nizza e delle associazioni resistenziali e partigiane alle quali l’Autore appartiene). Ignoti o censurati? Da parte dei citati francesi il plauso è ovvio.
Il libro è un esempio eclatante del “politicamente corretto”, altro che il contrario.
Circa la “pugnalata alla schiena” che viene ripetuta come un mantra, deplorevole senz’altro, mi pare che la frase “alla guerra come alla guerra sia d’origine francese”.
Il resto è quello che ci si può aspettare da un oriundo italiano francesizzato.
La frasetta (pag. 144)“riedizione della più becera e violenta polemica antifrancese (…) alla fine del secolo precedente” del citato Marco Cuzzi (che sembra essersi specializzato nel denigrare, con gran plauso francese, gli irredentisti italiani di Nizza e Corsica, da lui mai conosciuti personalmente, al contrario di chi scrive, per sentire le loro ragioni), sembra dimenticare un piccolo episodio come quello di Aigues Mortes (provenzale!, lingua nobilissima uccisa dall’imperialismo francese), dove gli operai italiani delle saline furono trucidati, uccisi a botte, linciati (v. Enzo Barnabà).
Cuzzi è un buon figliolo ma probabilmente vuole blandire il suo maestro Rainero le cui tesi sono forse dovute alla persecuzione che ebbe la sua famiglia durante il fascismo. Tesi che gli hanno meritato la Legion d’0nore, che tiene appesa nel suo studio.
Certo non c’era il consenso della maggioranza degli attuali abitanti all’annessione all’Italia (pag. 181): i veri Nizzardi erano stati scacciati o erano esulati (circa 10.000), o francesizzati (es. introduzione immediata del francese a scuola al posto dell’italiano. Molti non poterono finire gli studi perché il francese non lo sapevano). Ancora alla fine dell’ultimo conflitto (1945) gli scolari che parlavano il dialetto nizzardo erano puniti.
Una vera pulizia etnica, con l’arrivo di popolazione francese, come accadde in Bretagna e meno in Corsica perché è una isola.
“Dolce Francia”.