ZONA GRIGIA
di Giuseppe Borgioli
La liberazione di Silvia Romano dopo 18 mesi di prigionia in Africa, ostaggio dei gruppi jihadisti ha sollevato polemiche in larga parte dell’opinione pubblica anche non animata da pregiudizi. Va da sé che la vita umana merita sempre rispetto. Non è di questo che vogliamo parlare. Né ci riguarda la vicenda personale di Silvia Romano che durante (o a causa?) della prigionia si è convertita all’islam cambiando il nome come ad assumere una nuova identità. Sono fatti suoi che meritano il nostro riserbo. Ma qualcosa possiamo e dobbiamo aggiungere. Silvia Romano è rientrata in Italia non certo alla chetichella o con quella discrezione che le circostanze avrebbero suggerito. È stata accolta dalla corte ministeriale al completo con il presidente del consiglio in testa sempre più assomigliante ai personaggi dei fotoromanzi e sotto protezione dei servizi (segreti). Nella sua città, a Milano, è stata inscenata una sorta di festa di benvenuto a dispetto delle regole del distanziamento che preoccupano il sindaco Sala. Per completezza di cronaca va riferito che la nuova eroina (ormai sono tutti eroi…) è stata presa di mira dagli insulti che viaggiano su internet e che sembrano destinati a diventare un genere letterario. Una circostanza ci spinge ascriverne: chiediamo un po’ di chiarezza perché ci pare che è in gioco il senso dello Stato. La trattativa per la restituzione di questa cittadina Italiana sembra sia stata officiata dal pagamento di 4 o 5 milioni (di dollari o di euro?) messi generosamente a disposizione da un fondo speciale del governo Italiano. Siamo rimasti gli ultimi fra i governi di una certa tradizione ad accettare di pagare i riscatti per evidenti ragioni politiche. È evidente che i gruppi terroristici internazionali contano sulla generosità del governo Italiano. È sempre andata così. Governi di destra e governi di sinistra sono ricorsi a questi mezzi per salvare gli ostaggi. Lo ripetiamo, senza astio e polemica, non va bene. La dignità dello stato non si difende pagando il riscatto. La dignità dello stato è superiore al valore della singola vita umana. Di questi principi si discusse in occasione del sequestro di Aldo Moro e allora la decisione ci parve dolorosa ma doverosa. Forse dovremo riscrivere la gerarchia dei valori della tavola della nostra convivenza se non vogliamo sprofondare nell’unico imperativo ancora ammesso: salvare la pelle, come scriveva con lucido disprezzo Curzio Malaparte.