HA VINTO GARIBALDI
di Giuseppe Borgioli
Alessandro Sacchi mi ha chiesti di scrivere qualcosa nella ricorrenza della scomparsa di Camillo Benso di Cavour, impresa che –come dicono i giovani- mi intriga – al di sopra di ogni ricostruzione storica e biografica. Cavour fu padre della Unità della nostra Patria e la sua opera fu principalmente politico-diplomatica. I modi e i tempi della sua azione obbedirono a questa visione che fu unica nel panorama del Risorgimento. Porre le fondamenta di uno Stato diviso e frustrato non è facile. Le tante e diversa fazioni che agognavano alla unità politica della nostra Italia erano non poche e gli ideali che le animavano erano in contrasto fra di loro segnate dai personalismi. Unità interna per agire di comune accordo fu la strada difficile percorsa da Cavour, sin dalla prima giovinezza quando abbracciò le idee liberali a cui restò fedele per tutta la sua pur breve vita politica quando fece della Monarchia Sabauda il faro del suo progetto. Re e Patria furono il leiv motiv della sua milizia politica. Il pragmatismo fu una costante politica che si sposò con una vocazione spirituale ferma, che non ha mai conosciuto ondeggiamenti. Non fa fatica essere pragmatici quando i principi sono saldi. La diplomazia non è una semplice tecnica suggerita dagli avvenimenti quando restano chiari e irrinunciabili gli obiettivi da raggiungere.
Idealismo e realismo si amalgamano insieme in vista della azione comune come la linea ispiratrice di una grande politica conduce la passione e la razionalità dei grandi uomini. I patrioti animati da alti ideali furono molti e scrissero pagine entusiasmanti nel Risorgimento. Ho il dubbio che questa Italia sotto ai nostri occhi e che ò ancora il frutto delle nostre premure e preoccupazioni sia quella non dico sognata ma perseguita dal Cavour. Camillo Cavour mori giovane a cinquanta un anno e ci ha lasciato con la bocca amara di non aver assaporato il compimento della sua progettualità politica. Lui compi la sua esistenza quando Roma non era ancora capitale senza i conforti religiosi che gli furono negati e quando la articolazione della nuova Italia avrebbe avuto bisogno del tocco del suo ingegno. Come tante opere artistiche dobbiamo accontentarci della sua incompiutezza, del sacrificio di chi è venuto dopo di lui e ha cercato di interpretare le sue idee il suo messaggio privo di testamento. Gli avvenimenti storici che hanno fatto seguito alla morte di Cavour ci hanno spesso entusiasmato, qualche volta disarmato. La linea che ha prevalso nella vita della giovane Italia fu quella del pur generosissimo Garibaldi che ebbe il seguito dal mancato imperialismo di Francesco Crispi antesignano in politica estera di Benito Mussolini. Il progetto di Camillo Cavour forse era rimasto senza eredi diretti. Questa deviazione è stata pagata con il sangue del popolo Italiano. La pagina imperialista fu più crispina e mussoliniana, più garibaldina che cavourriana. La storia non si ripete mai e per procedere avanti ha bisogno di fare qualche passo indietro. A noi il compito di ricostruire lo Stato da dove ce lo ha lasciato Camillo Benso conte di Cavour.