di Giuseppe Borgioli.

Tanto tuonò che piovve.  Comunque si vogliano commentare i risultati elettorali non si può fare a meno di riconoscere che hanno significato la voglia di cambiare, al nord come al sud. Sotto questo aspetto l’Italia sembra più unita di quanto appare. Unita dal desiderio di voltare pagina anzi di cambiare libro, di cambiare narrazione come si dice nel gergo. Non è semplice protesta. Sbaglia chi si ferma a questo livello di analisi. La gente è andata a votare. Ai seggi c’erano le file dei votanti che attendevano pazientemente il loro turno.

È stato un voto contro l’establishment politico, intellettuale, economico, bancario. Credo che chi scrive o legge queste pagine abbia tutto il diritto di aggiungere l’establishment “repubblicano”.  Prima, seconda. terza…. repubblica, la numerazione è infinita e indefinita. In più c’è l’insicurezza del quadro istituzionale.

Immigrazione senza regole, crisi economica, globalizzazione selvaggia, perdita di identità nazionale sono gli ingredienti di un cocktail che siamo stati costretti a bere.

E ora? Ci attendono giorni non facili, Il pilastro della repubblica, la sinistra, è caduta con i suoi alleati. I rappresentanti di quel mondo hanno faticato ad essere rieletti. Massimo D’Alema, un simbolo per tutti, si è fermato nel suo collegio pugliese al 3,6 per cento- Ministri che occupano ruoli prestigiosi sono stati battuti da sconosciuti emersi dalle reti che sembra riecheggiare nei toni forti delle invettive le piazze della Parigi rivoluzionaria.

Può una società affrontare il futuro con un vuoto di autorità e di valori così grande?

I contestatori parigini del ’68 scrivevano sui muri: abbiamo bisogno di padri perché’ la rivoluzione sia evoluzione.

Siamo ancora lì. Abbiamo un bisogno disperato di padri, anche se non lo vogliamo ammettere. Abbiamo bisogno di un Re.