LO SPONSOR AMERICANO

di Giuseppe Borgioli      

Ha destato meraviglia il twit di Donald Trump che magnificava le doti di Giuseppe Conte diramato in un momento cruciale dello svolgimento della crisi, il giorno stesso in cui la direzione del PD stava discutendo sul suo possibile reincarico di presidente del consiglio.In effetti l’episodio è – come è stato osservato – alquanto irrituale. Secondo la prassi diplomatica i telegrammi (i twit) si inviano a cose fatte, a nomina avvenuta. Sono le famose felicitazioni che vengono pesate dal numero di parole impiegate o dalla lunghezza della telefonata.

Ma questo è un caso diverso. Si potrebbe adombrare il tentativo di una interferenza che avrebbe dovuto spingere ad una reazione garbata ma ferma. Qui non si tratta di un elogio della sovranità ma di indipendenza nazionale. Non ci risulta che i tutori dell’indipendenza nazionale, il presidente Sergio Mattarella e il soggetto in questione abbiano mostrato il ben che minimo imbarazzo.

L’aspetto più paradossale riguarda la sinistra che per l’occasione è passata sopra tutta la sequela di insulti ordinariamente rivolti all’ “amico americano”.Noi non siamo fra coloro che hanno mostrato stupore e hanno tirato in ballo il carattere estroso di Trump, le supposte di disavventura moscovite della Lega, l’amicizia di Salvini per Putin più volta confessata.

La realtà è che l’Italia è una super dotata (anche di armi nucleari) portaerei americana nel mediterraneo.È sempre stato così. Ora lo è di più con lo smantellamento delle basi in Germania, il disimpegno storico della Francia e l’inaffidabilità riemersa della Turchia.

È il ritornello di sempre: cediamo territorio e sovranità in cambio di sicurezza.Lo sponsor americano è sin troppo discreto, si limita a tessere gli elogi di Giuseppe (anzi Giuseppi) Conte.