Parola di Re

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L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.


(Umberto II - 1956)

E LE STELLE STANNO A GUARDARE

di Giuseppe Borgioli

Gli Stati Uniti d’America sono una repubblica o una monarchia?  Secondo me sono una monarchia assoluta elettiva.  Cerco di spiegare questo apparente paradosso. Il capo di questa monarchia sui generis viene eletto ogni 4 anni con la nota limitazione dei due mandati eccezion fatta per Franklin Delano Roosevelt. Il Presidente, una volta eletto, designa i suoi ministri, cioè i membri del suo gabinetto. Non c’à alcun voto di fiducia. Il Presidente può ritirare in qualsiasi momento ogni incarico esecutivo senza alcun voto di sfiducia. Tutto avviene in un rapporto di fiducia personale senza filtri istituzionali. È prevista l’audizione del candidato a segretario di stato (ministro degli esteri) nella commissione competente del Congresso e del Senato ma si tratta di un passaggio protocollare, più formale che sostanziale, e l’ultima parola spetta al Presidente.  Come abbiamo visto di recente l’unico modo per sbarazzarsi del Presidente eletto è l’impeachment. Tutto sommato il Presidente degli Stati Uniti d’America governa coi poteri di un monarca assoluto come    nell’ancien regime. La costituzione americana non divenne mai realmente repubblicana, e tantomeno una repubblica parlamentare come la intendiamo noi. Il vero terreno di scontro fra il Presidente e il Congresso si materializza una volta l’anno in occasione dell’approvazione del bilancio dell’Unione. Su questo terreno il braccio di ferro può durare mesi ed è normale ricorrere all’esercizio provvisorio. Queste considerazioni di massima tornano attuali in vista delle elezioni presidenziali del prossimo novembre. Martedì 3 marzo hanno avuto luogo le primarie per il partito democratico in 14 stati. Il super tuesday, come viene indicato, è stato un appuntamento decisivo per scegliere il candidato da contrapporre a Donald Trump. I risultati hanno visto prevalere Joe Biden, già vice di Barack Obama, sugli altri principali candidati Bernie Sanders il socialista e Michael Bloomberg il miliardario già sindaco di New York. Quest’ultimo si è ritirato annunciando il suo sostegno a Joe Biden che verosimilmente dovrà vedersela con Donald Trump.Così funziona il bipartitismo americano che ha poco a che fare con quello europeo. Se la sfida di novembre sarà fra Donald Trump e Joe Biden è difficile fare delle previsioni. L’economia americana va abbastanza bene e si sa che per lì Americano medio questa è la preoccupazione più importante. Va detto che il panorama dei candidati democratici à stato abbastanza deludente. Non sono emerse personalità forti (non pretendiamo carismatiche) mentre i temi di politica estera si sono maledettamente complicati. Basti fare mente locale al medio oriente. Il monarca assoluto elettivo deve giovarsi di qualche marcia in più per dominare gli eventi.  Ma la realtà offre ben poco. Fanno capolino i miliardari e immettono quantità di denaro sorprendenti nella macchina elettorale. È pur vero che la raccolta dei fondi a sostegno dei candidati, il fund raising, assicura un equilibrio fra il vecchio e il nuovo che a fatica emerge.   L’effetto mediatico delle elezioni à ormai un dato assodato.  Sono i media, specialmente i social e la televisione, che danno alle campagne elettorali americane quel tono “pittoresco” a cui siamo abituati. La democrazia è anche questo: spettacolo. Indro Montanelli diceva che la democrazia è il trionfo della mediocrità ed è difficile dargli torto.