di Gaspare Battistuzzo Cremonini
Se sei Boris, ti tirano le pietre
Non sembra esserci pace per il povero (si fa per dire) premier britannico Boris Johnson: tra i più bersagliati dalla stampa progressista nostrana - e non solo, - all’epoca della prima ondata epidemica nel Regno Unito, anche ora che le misure prese dal suo governo sembrano assai vicine a quelle del nostro Primo Ministro Conte (che tutto il mondo ci invidia!) la pagella assegnata al biondo-capelluto statista inglese non migliora.
In verità il caso Johnson è forse tra i più peculiari in questo momento storico. Se si volesse trovare un esempio di perfetto bias, ossia di pregiudizio, portato da molta stampa progressista verso un’unica persona, e soprattutto senza delle vere ragioni comprensibili, il caso del nostro Boris de Pfeffel (il nome completo è Alexander Boris de Pfeffel Johnson, essendo erede dei conti prussiani Von Pfeffel) è paradigmatico di come si muova la flotta mediatica del Politicamente Corretto.
Chiunque abbia letto il discorso che Johnson fece alla nazione inglese a marzo, chiunque conosca pur per sommi capi la lingua inglese, saprà che Boris spiegò ai britannici la strategia del suo Governo - ossia quella di potenziare le terapie intensive ed i servizi sanitari mentre si ‘lasciava’ diffondere il virus, avendo con sincerità chiarito come non fosse in alcun modo possibile fermarlo, - e che li avvertì, in tono affatto churchilliano, che si sarebbe prospettato un periodo di lutti diffusi e dolorose perdite.
La stampa progressista del Bel Paese prese il discorso del premier e lo traviò, nemmeno semplicemente tagliandolo (che forse sarebbe stato tipico), informando gli italiani che il Primo Ministro Johnson intendeva lasciar morire la popolazione anziana: in realtà Johnson aveva affermato l’esatto contrario, ovvero che il NHS (sistema sanitario nazionale inglese) avrebbe dato precedenza alla popolazione anziana in quanto più a rischio. Miracoli dell’intellighenzia nostrana: se non riesce a criticarti, passa direttamente a diffamarti.
Poco importa che il premier svedese Loeften, socialdemocratico (o forse è proprio questo, che importa davvero), abbia attuato in Svezia quanto già pensato in Inghilterra: pochissima chiusura e sforzo teso a sviluppare una veloce immunità di gregge. Se Johnson ha attuato progressive chiusure, proporzionali ai rischi (come aveva annunciato nel suo famoso e famigerato discorso), Loeften non ha chiuso proprio nulla e nessuno s’è mai sognato di criticarlo. Ma Loeften è di sinistra e quindi, per dirla con Orwell: c’è sempre qualcuno che chiude meglio degli altri.
Neppure l’ultimo discorso del povero Boris è andato giù alla stampa italiana che l’ha accusato di ‘chiusure eccessive’ (a volte sono bipolari… basta capirli), di ‘essere stato troppo vago nel descrivere le riaperture’ e infine di non aver gestito a dovere l’emergenza. Potremmo dire che per il Piccolo Churchill – come di certo lui amerebbe esser definito, - vale l’adagio di quella vecchia canzone: se sei Boris, ti tirano le pietre; se non sei Boris, ti tirano le pietre…
Cos’è dunque che tanto indispone gli organi di stampa nostrani contro questo pacifico e tutto sommato simpatico signore? Senza dubbio il fatto che sia laureato in Lettere Classiche ad Oxford e che sia un fine conoscitore della retorica antica: le sinistre solitamente attaccano l’avversario politico proprio sul terreno di una sua presunta inferiorità intellettuale ma nel caso di Johnson non solo questo subordine non esiste ma addirittura è rovesciato. Quanti, dei nostri sinistri commentatori, possono vantare un titolo di studio altrettanto prestigioso di quello di Boris Johnson?
La questione però è, a ben guardare, più semplice e più complessa ad un tempo. Ciò che l’intellighenzia italiana non perdona al Primo Ministro inglese è il suo essere libero: libero di dire ciò che pensa, libero dai lacci e dai lacciuoli della sottomissione alle minoranze probabili ed improbabili di questo mondo, libero di parlare come eravamo liberi di fare tutti fino a vent’anni fa.
Quando Barak Obama fu eletto alla Casa Bianca, Johnson espresse il timore che il neopresidente potesse avere delle riserve verso il Regno Unito a causa delle sue origini kenyote e quindi anticolonialiste: apriti cielo, discriminazione razziale verso il primo presidente nero! Come qualsiasi essere pensante dotato di equilibrio ragionativo può comprendere, Johnson esprimeva una considerazione di ordine storico non necessariamente condivisibile ma accademicamente del tutto accettabile.
Del resto Boris ha anche, di recente, fatto quel che è divenuto il nuovo tabu della primavera 2020: ha apertamente accusato la Cina per aver nascosto i veri dati su Covid-19 e sulla sua diffusione. Cattivaccio d’un Boris: ti permetti di dire la verità e non possiamo nemmeno darti dell’ignorante!