Parola di Re

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L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.


(Umberto II - 1956)

RIVOLUZIONARI O CASINISTI?

di Giuseppe Borgioli

In pochi ricorderanno il nome di Ettore Troilo e l’episodio principale che ha segnato la sua biografia. Nel 1947 era l’ultimo dei prefetti politici di Milano, nominati dal CLN.

Il governo De Gasperi (con Mario Scelba agli interni) pensò bene di sostituirlo con un prefetto di carriera per ripristinare la così detta normalità.

Il partito comunista guidò una vera sommossa al grido di Troilo non si tocca! a Milano era attivo allora Gian Carlo Pajetta come capocronista de l’Unità. Pajetta si mise alla testa della sommossa che arrivò ad occupare la prefettura, proprio l’ufficio di Troilo il quale spaventatissimo seguiva da comprimario gli avvenimenti.

Mario Cervi allora giovane cronista al Corriere della sera (che seguì poi Montanelli al Giornale) raccontava questo episodio con ironia e commiserazione per la figura di Troilo, socialista e costretto a recitare la parte dell’eroe. Cervi nella confusione del momento riuscì a infilarsi nella calca dei rivoltosi e a seguire da vicino l’evolversi dei fatti. Pajetta dopo aver arringato i compagni, peraltro ben armati, si sedette alla scrivania del prefetto e raggiunse per telefono Togliatti: “compagno Togliatti abbiamo occupato la prefettura “, disse trionfalmente il capopopolo. E Togliatti gelido dall’atro filo del telefono: “e ora?”

L’episodio finì’ all’italiana con Troilo che fu rimosso e promosso ad un incarico marginale all’ONU. Resta l’insegnamento di fondo. Palmiro Togliatti a modo suo era un rivoluzionario, anzi un rivoluzionario di professione nella accezione gramsciana, Giancarlo Pajetta si rivelò anche un quella occasiona un casinista.

Fra i tanti guai della nostra povera Italia vi è anche quello di annoverare molti aspiranti rivoluzionari e moltissimi casinisti.

Il rivoluzionario vuole abbattere l’ordine presente per sostituirlo con un altro, a suo modo ha le idee chiare, anche se proiettate in un avvenire che non avviene mai. II casinista vuole abbattere qualsiasi tipo di ordine.  Per esempio, Il ministro Alfonso Bonafede è un rivoluzionario che vuole sovvertire le pratiche del diritto? Non credo, non è all’altezza. È un fine giurista? Bisogna attestarlo, per ora il suo curriculum non autorizza questa valutazione. È un arruffone che cerca di fare i propri interessi o quelli della sua parte? Ho dei dubbi, come dice il nome che porta mi sembra in buonafede. Io propendo per il giudizio collaudato dalla storia che mi fa dire che siamo di fronte a un classico casinista.

Come riecheggia il dramma poco rappresentato di Ugo Betti Corruzione al palazzo di giustizia. Quando la città, il sistema, è corrotto anche il palazzo di giustizia si corrompe.

Questione di regole e di uomini. Ho conosciuto magistrati che dopo il referendum del 2 giugno si dimisero per non servire la repubblica. Uno di questi che ricordo con particolare affetto fu rimproverato dal Re che aveva chiesto ad ognuno di rimanere al proprio posto per continuare a servire le istituzioni. E lui ne soffrì.

Altri uomini, altra Italia, la nostra Italia.