di Gaspare Battistuzzo Cremonini
L’insopportabile pusillanime statistico
Diceva Winston Churchill: “Hai dei nemici? Bene, vuol dire che almeno una volta nella vita hai difeso una posizione!” Inutile negare, però, che chiunque di noi ha almeno un amico ‘statistico’, ovvero almeno un conoscente assolutamente privo di nemici e tutto preso a performare equilibrismi di ragionevolezza al fine di non prendere una posizione, di non schierarsi, di dimostrare d’essere sempre imparziale ed equidistante.
Si tratta di una fenomenologia umana assai diffusa e vieppiù presente nelle nostre società contemporanee, incardinate come sono nel rispetto quasi religioso del dato scientifico come verbum inderogabile: “facciamo parlare i dati!”, si sente spesso dire, e mai frase fu più adeguata all’ignavia del nuovo millennio poiché, a ben vedere, tale affermazione significa soltanto “non chiedermi di decidere, guardati un grafico per tuo conto!”
Ecco che allora l’amico pusillanime – così perlomeno l’avrebbe definito Dante Alighieri che, come si sa, questo genere di soggetti li mise addirittura fuori dell’Inferno, poiché incapaci di schierarsi perfino per il Male, - comincia a snocciolarti una serie di ‘dati’ che inevitabilmente contraddicono quanto vai dicendo.
Tale fenomenologia umana è, va detto, del tutto inutile. Potrebbe anche essere giustificabile, come atteggiamento, qualora colui che ci contraddicesse proponesse poi un’altra via al problema ma purtroppo è appunto lì che risiede l’ignavia dell’ignavo pusillanime: egli non propone nulla, si limita a “rimandare alla complessità del reale”. Eh già, perché che la realtà fosse complessa non l’avevamo capito, cari amici, ci voleva il pusillanime statistico!
Tal fatta di soggetti popola il sottobosco della rete in tutti i suoi gangli e per di più in essa si destreggia col fare del saggio salomonico giunto a noi da terre lontane, e pieno d’esperienza, al fine d’insegnare a noi zotici come pensare e come vedere la realtà.
Perciò se un immigrato ivoriano uccide e cuoce un gatto su un marciapiede a Livorno e tutti i giornali – chissà perché! – ne parlano, l’ignavo pusillanime si affretterà a menzionare, senza mai schierarsi, un’antica vicenda di cronaca nella quale si vide un italiano od un europeo, magari in cura al centro di salute mentale, che per pura follia cuoceva un animale domestico e se lo mangiava: ecco la favolosa complessità del reale.
Se un Presidente di Regione sostiene che nuovi e curiosi virus fanno il salto animale/uomo di preferenza in luoghi come la Cina o l’Asia in generale, dove è uso cibarsi di animali domestici come cani o magari pipistrelli o topi vivi, il pusillanime salomonico si precipiterà, senza mai schierarsi, a dimostrare che i topi li mangiavano anche i nostri soldati in trincea durante la Prima Guerra Mondiale: ecco la favolosa complessità del reale.
Non è che il salomonico ignavo sia cattivo, si badi bene, neppure a quello risulterebbe buono: per essere cattivi un poco di tempra bisogna pure averla. E’ soltanto che egli si inserisce nelle folte fila dell’esercito centrista di coloro che, in fin dei conti, una causa da difendere non l’hanno, l’unica bandiera in cui essi credono è quella che porti inciso sopra il loro nome.
Sono sempre esistiti, mi si dirà, ed è pur vero, se anche Dante si sentì in dovere di sbugiardarli. Quel che è nuovo e peculiare alla nostra epoca è che essi vogliono presentarsi come summa vivente del ragionare complesso, nascondendo la loro sostanziale carenza di coraggio dietro a presunte ragioni di equidistanza: l’ignavo pusillanime non solo non difenderà nulla né si schiererà a favore di nulla ma, accresciuto nella sua protervia dal politicamente corretto imperante, vorrà a tutti i costi aver ragione e costituire l’ago della bilancia di ogni discussione.
La cosa migliore da fare, con siffatti personaggi, ce la suggerisce ancora una volta il Sommo Poeta: “non ragioniam di lor, ma guarda e passa.”