Parola di Re

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L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.


(Umberto II - 1956)

IL RIFIUTO DEL PADRE

di Giuseppe Borgioli

Non ho mai apprezzato l’appellativo che taluno attribuisce al Re come primo impiegato dello stato. Il Re, nella tradizione e nella modernità, è qualcosa di essenzialmente diverso. Il Re è una dinastia. Non una semplice genealogia è una dinastia che si è incarnata nella storia di una Nazione. È difficile far capire ai repubblicani, che talvolta accampano ragioni storiche anche nobili, che non sono in discussione i poteri costituzionali del Re o le sue prerogative. È in discussione la stessa giustificazione di chi rappresenta nel bene e nel male la continuità della Patria. Renzo De Felice riprendendo una celebre locuzione di Benedetto Croce in relazione alla data dell’8 settembre 1943 parlava di morte o agonia della Patria. Per paradosso il i punto più critico della vicenda della Monarchia post unitaria coincide con il punto più alto della vitalità dello stato e della sua dignità. Il Re non è il dittatore.  Semmai il dittatore è una controfigura, talvolta generosa tal altra volta con meschina. Il dittatore parla alla storia che passa, il Re dialoga can la dinastia. Questo è il suo tribunale. Da Altacomba ad Altacomba. Si. Il Re è come un padre, il Padre della Patria. Questa definizione mi piace di più di “primo impiegato dello stato”. Il padre è amato, contestato, rifiutato e ritrovato. Ha spazio nei Vangeli la parabola del figiol prodigo. Manca la parabola del ritrovamento del padre. Un amico che era stato chiamato al Circolo Rex a parlare della figura del Re, attaccò parlando del padre. Le età della vita designano modalità e affetti diversi nel rapportarsi al padre. Il bambino guarda al padre come a un Dio in terra. Il suo pensiero si abbevera di quello che dice il padre. Non c’è autorità al di sopra di lui. Persino il maestro o la maestra vengono messi in secondo piano. Mio padre non mi può ingannare o mentire. Poi, con l’adolescenza, arrivano i primi dubbi, sino al rifiuto. Quello che dice mio padre per il solo fatto che è lui a dirmelo è sbagliato e va sottoposto a una crudele verifica. È la vita, è cosi per tutti o quasi. Jung sosteneva, anche questo è un paradosso, che Dio creando l’uomo non ha usato poca fantasia. Oggi a ma succede di riconoscermi sempre di più nei lineamenti del volto di mio padre riflessi nello specchio. Anche se non mi riconosco nelle sue idee credo di aver capito perché lui agiva cosi. Ah, se ci fosse ancora mio padre quante cose avrei da dirgli. Tante che non troverei le parole.