di Giuseppe Borgioli
Quando vide la luce la repubblica (non osiamo scrivere “fu proclamata” per ragioni che i nostri lettori conoscono bene) si cercò di non far sentire il vuoto del passato tenendo ferma l’ispirazione che aveva animato lo stile dello Statuto Albertino. Luigi Einaudi, monarchico e cattolico liberale, contribuì non poco al mantenimento dello stile che era stato dei Savoia. Il Capo dello Stato rappresentava la tradizione e si pone al di sopra dei partiti.Luigi Einaudi volle in costituzione la copertura finanziaria di ogni legge e si riservò il ruolo di custode supremo, proprio come il Re. Ma questo costume durò poco sino a toccare il fondo di oggi. La partitocrazia è imperante anche se i “nuovi” partiti sono nati dalle ceneri di quelli vecchi, sulla promessa del cambiamento. Questo caos istituzionale proclama come referente esclusivo il Popolo considerato come fucina di consenso e di voti. Si governa e si legifera in vista delle prossime elezioni e in attesa si pesano i sondaggi.L’ubriacatura della democrazia porta alla caricatura della libertà.Platone ha descritto così bene questo processo che val la pena solo rileggerlo e meditarlo. E’ un’agonia infinita che non accettano più le nazione che un tempo si chiamavano spregiativamente “repubbliche delle banane”. La società italiana privata della sua identità è così frantumata e acefala che non vede nemmeno via d’uscita.