USTICA E LA RAGION DI STATO

di Giuseppe Borgioli 

Sono passati 40 anni da quando nel cielo di Ustica sparì nel nulla il DC 9 dell’ITAVIA diretto a Palermo con 81 passeggeri, fra i quali 12 bambini. “Sparito nel nulla” non è l’espressione esatta perchè il corpo lacerato del velivolo fu ritrovato e recuperato in fondo al mare. Dopo indagini e inchieste si è giunti alla conclusione che il DC 9 fu colpito (verosimilmente per sbaglio) da un missile. Nessun guasto tecnico né attentato. Nei cieli di Ustica, nei nostri cieli, si svolta una vera battaglia aerea pagata al caro prezzo della perdita di 81 vite umane. Eppure sono passati 40 anni e non mi risulta che la repubblica abbia sentito il dovere, attraverso le autorità che la rappresentavano, di chiedere scusa ai familiari lasciati senza uno straccio di spiegazione.  Ho usato l’espressione “chiedere scusa” ma avrei dovuto dire “chiedere perdono”. Francesco Cossiga che era un esperto dei segreti nazionali, ormai in età avanzata, dopo aver ricoperta la carica di presidente della repubblica, quando la sua parabola politica si avviava al capolinea, fece una dichiarazione inquietante che è stata accolta e sepolta nel silenzio. Né richieste di chiarimenti, né proteste ufficiali, né azioni di alcun tipo. Solo il silenzio, il silenzio come si dice assordante di chi dimentica e vuol fare dimenticare. Sembra che nel cielo di Ustica, quella dannata notte, sulla rotta Bologna-Palermo, ci fossero aerei equipaggiati da guerra di varie nazionalità. Nella scia del nostro DC 9 con a bordo ignari passeggeri volava un MIG libico che (fonte Cossiga) trasportava Gheddafi e veniva così protetto dall’aereo delle linee civili. Per colpire il MIG libico un missile sbagliò bersaglio e colpì il DC 9. Cossiga – ripeto giunto al capolinea della sua carriera e della sua vita – puntò il dito sulla nazione alleata e cugina, la Francia. Cosa è accaduto in seguito? Niente. O meglio si sono succedute le commemorazioni con scadenza annuale. Condoglianze ai familiari e parenti, rassicurazioni sulla verità che sarebbe stata accertata. Così di anno in anno. L’opinione pubblica prima si emoziona, poi lentamente archivia il passato e Ustica è stata derubricata sotto la voce disastro aereo. Sempre Cossiga, riferì che il pilota francese, rientrato alla base e venuto a conoscenza del suo tragico sbaglio si suicidò. Gli interrogativi sono ancora tanti in questa storia infinita di attentati che hanno colpito l’Italia di quegli anni. Per esempio, se il MIG libico viaggiava al riparo sotto il cono d’ombra del DC 9 era stato autorizzato da qualcuno? Proteggere Gheddafi poteva essere intesa come una priorità nazionale. Questa ferita ancora aperta sta a dimostrare che il Mediterraneo era ed è un mare caldo dove si combatte una guerra guerreggiata e dove si scontrano interessi politici ed economici globali. Ma sta a dimostrare anche che l’unico modo di salvare la ragion di stato è dire la verità, sempre.

di Giuseppe Borgioli

La scacchiera della politica italiana è bloccata apparentemente senza soluzioni. Il governo con la sua corte sempre più ristretta è prigioniero dell’incantesimo di Villa Pamphili. L’Italia ha bisogno di idee ma soprattutto di soldi da mettere in circolazione per rivitalizzare l’economia. Cosa può dare l’Europa oltre alla scontata solidarietà? Poco in rapporto alle esigenze del nostro bilancio. Le alte carche della repubblica sono strette d’assedio colpite da un terremoto per ora silenzioso che investe la magistratura, i suoi uomini e le su regole. Nessun organo di stampa ne parla. Qualche magistrato quando viene colpito personalmente trova il coraggio di dire la sua tacitato subito dai colleghi per i quali vale il silenzio omertoso. Proprio come i virologi che hanno infierito sul professor Zangrillo perché ha osservato che alla luce dell’empirismo scientifico il corona virus è clinicamente morto.  E allora l’emergenza epidemica va a farsi benedire.  Ricordo un amico invalido che andò da Padre Pio pregandolo di non guarirlo perche in tal caso avrebbe dovuto rinunciare alla pensione. Guai parlare della inchiesta sulla trattativa stato-mafia anzi per essere più precisi repubblica-mafia. Il Pinocchio nazionale, professor Giuseppi Conte, è un gran venditore di balle che con incedere elegante, come l’uomo in frac di Modugno, ci propina nelle periodiche conferenze stampa. Esclude una tassa patrimoniale ma quando sentiamo parlare da lui di riforma fiscale, il nostro pensiero malizioso va lì, patrimoniale o prestito forzoso? Ce lo sapremo ridire. Quando si tratta di mettere le mani nel portafoglio degli Italiani, chissà perché, diventano tutti patriottici. Ma l’oro alla Patria non era roba di altri tempi? Intanto per allietarci la vita, per renderci più soave le pene quotidiane, fanno a gara per metterci di fronte alla prospettiva della seconda ondata del virus che ci aspetta in autunno. Vi è il dubbio che se non ci fosse questa annunciata recrudescenza i nostri eroi ne sarebbero delusi. Ma il professor Conte farà   un partito tutto suo, perche prima o poi le elezioni dovremo farle? Di tutto oggi sentiamo il bisogno tranne che di un altro partito. Se troverà i soldi, e per questo scopo potete star sicuri che li troverà, avremo un altro partito. Come si chiamerà? Non lo so ma posso scommettere che c’entrerà il richiamo alla democrazia. Chi gioca a scacchi sa che la mossa del cavallo è strategica rispetto all’esito della partita. Il cavallo ha la proprietà di muoversi che ò superiore a quella degli altri pezzi. Per tirarsi fuori da questa situazione che sembra avviata ad una crisi totale, forse bisogna muovere il cavallo, uscire dalla logica repubblicana. Il valore fondante è l’unità della Patria che non può essere mercanteggiato.  In altre parole occorre un colpo di reni per uscire dall’assedio istituzionale. Aspettiamo la mossa del cavallo ma che non sia il solito gioco per il potere: sia il coraggio per portarci fuori dal pantano.

di Giuseppe Borgioli

Il libero mercato ha bisogno del quadro giuridico dello stato che assicura diritti e legalità. Senza stato di diritto il capitalismo diventa caos. Ci sono esempi     storici evidenti sotto i nostri occhi. La Cina è un sistema di capitalismo difficilmente imitabile che prospera sotto l’ombrello di uno stato-partito che controlla tutto e mette a tacere tutto, inclusa la genesi della fuga del virus. Il capitalismo americano si è imposto con una legislazione che ha regolato la concorrenza e i diritti dei cittadini. Luigi Einaudi la penava così. Il libero mercato è un insieme di leggi coerenti indirizzate a questo fine. In Italia c’è lo stato? C’è il capitalismo? L’Italia, o meglio la repubblica, e sempre di più un ibrido, un labirinto di leggi e regolamenti che non garantiscono la legalità. Ecco perché evitano l’Italia e il suo pseudo mercato gli investimenti esteri. Non c’è certezza della legge e della pena. Quindi c’è l’arbitrio. Non c’ò un uomo solo al comando con i vituperati pieni poteri perché ha prevalso l’attitudine spartitoria. Dare non a ciascuno il suo, ma cooptare tutti alla ripartizione delle spoglie. La logica dominante è quella trattativista di dare a tutti l’illusione di essere protagonisti nel chiacchiericcio istituzionale. Gli stati generali in via di convocazione da parte del premier Conte rientrano in questo copione. I piani seri di rilancio economico si fanno in ben altro modo. La strada l’ha indicata Vittorio Colao con i punti circostanziati che ha steso con i suoi collaboratori. Cosa rispondere a Vittorio Colao e a quello che ha messo nero su bianco? Voi credete che il super invocato piano Marshall sia il frutto di una assemblea dove è presente tutto e il contrario di tutto. Questo è l’elogio del circo Barnum che non convince nessuno degli Italiani. È pur vero che con la quarantena sofferta per il virus che è sparito improvvisamente, come era insorto, ha evidenziato le nostre magagne. Il nostro popolo ha dimostrato pazienza e disponibilità a credere nelle versioni ufficiali del regime. Ma c’è un limite anche alla pazienza. Pensare che da un’assemblea così raccattata possa nascere un programma serio su come spendere il premio milionario che ci assegna l’Europa è troppo, significa sfidare il buon senso della gente. Salvini ha molti difetti ma non può diventare un alibi per l’inadeguatezza di chi ci governa. A meno che lo spirito santo non visiti quel conclave e provveda ad illuminare le intelligenze.  Ne dubitiamo lo spirito santo ha altre frequentazioni. Non ci resta che Di Maio e di puntare sulle non ancora espresse capacità dei suoi colleghi. Qualcuno osserverà maliziosamente che il corona virus si è rivelato un buon affare per il governo dell’immobilismo. L’Italia è vissuta per anni, come su una rendita, sull’emergenza politica del comunismo internazionale. Tanti errori si scusavano al governo Italiano purché non cadesse nella rete del comunismo sovietico. L’emergenza è continuata con la crisi militare nel mediterraneo.  Oggi l’emergenza economica del corona virus sembra il cacio sui maccheroni. Il governo si illude e illude l’opinione pubblica sul futuro che ci attende. Le apparizioni televisive del premier Conte non risolvono i problemi del consenso, anzi li aggravano. Al premier Conte suggeriamo una quarantena televisiva se non vuol passare alla storia come il Pinocchio nazionale. Siamo giunti al nodo della crisi istituzionale della repubblica, che è prima si tutto crisi di identità.  Basta con gli annunci, à l’ora delle scelte. Lo scontro non è fra destra o sinistra, tecnici o politici. Il virus è nel cuore della repubblica. La crisi istituzionale di oggi può diventare lo strappo sociale di domani che mette a rischio la stessa unità nazionale. Fermatevi sino a che siete in tempo.  

di Gaspare Battistuzzo Cremonini

L’Occidente resista alle Termopili

Centrali di polizia date alle fiamme, negozi saccheggiati, persone malmenate e monumenti imbrattati: questo è il movimento Black Lives Matter che sempre di più si candida a divenire un movimento violento, partito da generiche rivendicazioni di diritti civili e finito a violare quegli stessi diritti civili che sostiene di voler difendere.

Se in Italia questa protesta ha attecchito nei soliti sostrati delle sinistre piazzaiole con quoziente intellettivo negativo (Sardine e familiari stretti), nei paesi anglosassoni il racist issue, la questione razziale, posto che esista, si sta sviluppando in un vero e proprio terremoto sociale che è già all’opera nel procurare danni ingentissimi al nostro patrimonio culturale e identitario.

Negli USA sono state vandalizzate le statue dei grandi generali della Confederazione, una per tutte quella di Lee; in Inghilterra invece la statua del filantropo Edward Colston è stata divelta e gettata nel porto di Bristol da manifestanti inferociti e con il beneplacito del sindaco anglo-giamaicano Marvin Rees mentre il primo cittadino di Londra, l’anglo-indiano Sadik Khan, sta in questi giorni facendo rimuovere le statue di personaggi come Sir Francis Drake, Cecil Rhodes, Giacomo II e Oliver Cromwell, identificati dagli estremisti del Black Lives Matter come corresponsabili della tratta degli schiavi africani.

Al contempo, in Belgio, diverse università stanno procedendo alla rimozione delle statue dedicate al re Leopoldo II mentre molte città britanniche, con Londra in testa, vedono storici monumenti a monarchi come la Regina Vittoria o a politici come Winston Churchill vandalizzati con bombolette spray e finanche il cenotafio ai caduti nelle guerre mondiali ha rischiato, nei giorni scorsi, di essere preso d’assalto dai manifestanti per bruciarne la bandiera.

Non mi interessa, a questo punto, discutere un minuto di più circa il presunto casus belli, ossia la morte di George Floyd, pluripregiudicato afroamericano già condannato per rapina a mano armata, durante un fermo di Polizia: quel che compete ad un tribunale non dovrebbe esser messo nelle mani di una folla urlante che usa un pretesto per giungere ad un obiettivo assai più pericoloso.

Lo scopo di queste manifestazioni è infatti più subdolo ed estremamente pernicioso. Quel che qui si vuol fare non è ottenere maggiori diritti né miglior trattamento per le minoranze – peraltro giova sottolineare che in USA, annualmente, muoiono per mano della polizia più bianchi che neri (statistiche alla mano), - ma piuttosto bombardare sistematicamente la Cultura Occidentale in un crescendo di attacchi portati da minoranze che si sentono sempre più forti ed in diritto di modificare la narrazione storica dei paesi che le ospitano.

Beninteso: il colonialismo ebbe le sue luci, molte, e le sue ombre, moltissime; è tuttavia parte della storia e la pretesa di voler non solo rileggere ma ridisegnare la storia è quantomeno bizzarra e certo totalmente a-scientifica. Come ben sanno gli antropologi, è infatti tipico di molte civiltà africane l’uso di modificare il passato retroattivamente al fine di giustificare il presente: in Occidente però ci affidiamo al metodo scientifico ed esso non prevede la possibilità di ri-scrivere gli eventi storici ma soltanto di studiarli.

Il caso Edward Colston è emblematico. Mercante di schiavi di grande successo nel XVII secolo, accumulata una fortuna, decide di dedicarsi ad opere di bene e nella sua Bristol fonda un numero strabiliante di opere pie che a tutt’oggi esistono e portano notevole beneficio alla città; non solo, sceglie inoltre di legare ad essa ben 70.000 sterline, un patrimonio per allora immenso, sempre da devolvere ad opere filantropiche. Eppure, essendo stato un mercante di schiavi, è entrato nel mirino dei Black Lives Matter.

L’allarmante quesito è: quale sarà il prossimo passo? Perché se si vuole riscrivere la Storia invece di studiarla, è indubbio che cadranno sotto la mannaia anche Daniel Defoe, autore immortale del Robinson Crusoe, già commerciante di schiavi e tra i primi colonialisti britannici nonché Cristoforo Colombo, in America ormai degradato a figura di semi-terrorista para-nazista dedito a scorribande criminali in giro per il mondo. Bruceranno le opere di Defoe? E’ lecito temerlo.

I governi occidentali hanno qui ed ora, di fronte a sé, un momento di verità epocale che non possono trascurare. Se essi daranno corda alle illegittime pretese di minoranze razziali e religiose, firmeranno la condanna a morte della Cultura Occidentale e la sua estinzione nel giro di pochi decenni. Se invece - consci dell’unicità dell’esperienza occidentale dello Stato di Diritto, - questi governi sapranno favorire i diritti senza cedere alle minacce e senza svendere, dileggiare, contrabbandare il nostro retaggio storico europeo, allora per noi Occidentali ci sarà ancora la speranza di giocare un ruolo nel mondo postmoderno, pur se stretti tra africani ed asiatici.

Non agire ora, non essere fermi ora, non difendere l’Europa alle Termopili e se necessario sacrificarsi come Leonida potrà avere ripercussioni inimmaginabili per lo stile di vita dei nostri figli e nipoti.

 

L’Unione Monarchica Italiana abbruna le sue Bandiere salutando il Conte Alessandro Cremonte Pastorello di Cornour, Vicepresidente della Consulta dei Senatori del Regno, gentiluomo dell’antico Piemonte Sabaudo, stingendosi con affetto alla famiglia.

Conte Alessandro Cremonte Pastorello di Cornour