È REPUBBLICA!

di Giuseppe Borgioli

In Toscana, specie a Livorno città nota per il linguaggio sguaiato della sua gente, si usa come sinonimo di caos la parola repubblica: nella famiglia se c’è confusione dei ruoli, è repubblica ….nella scuola se gli alunni vogliono dar lezione ai docenti, è repubblica. Così in tutti i settori della vita sociale in Italia, oggi più che in passato, è repubblica.

Prima, seconda, terza repubblica, la numerazione non conta. Siamo tornati al vizio originale. I partiti non mollano il potere e il Quirinale interviene per scongiurare il peggio?...per salvare il salvabile?… per favorire uno schema di gioco?

Sergio Mattarella è stato eletto al Quirinale il 3 febbraio del 2015, praticamente sotto la regia di Matteo Renzi. Tra poco più di due anni, se non ci saranno imprevisti, i partiti dovranno eleggere il nuovo presidente o confermare l’attuale. Questo parlamento, in teoria, sarebbe abilitato a dar vita a quella elezione. Le grandi manovre per l’elezione del presidente della repubblica sono già cominciate.

È una forma di accanimento terapeutico. Va bene qualsiasi formula di governo o di non governo pur di protrarre la vita di questa legislatura.

Il presidente Matterella dovrà inventarsi qualcosa. Un governo del presidente, un governo di scopo, un governo tecnico. Il dizionario della politica non manca di aggettivi che possono essere usati. Il presidente potrà sempre contare sul parere di solerti costituzionalisti. Quello che spaventa il Quirinale sono i sondaggi che circolano e nessuno si stupirebbe se venissimo a sapere che il Quirinale ha commissionato i suoi sondaggi confidenziali, al di fuori i dei canali ufficiali. Come dice l’adagio popolare a pensar male si fa peccato ma quasi sempre si indovina.

Indipendentemente dall’effetto Salvini, l’obiettivo è non dare la parola la parola al popolo sovrano.La democrazia va tenuta sotto tutela. Il popolo va ascoltato solo se è scontato il suo voto in consonanza con i partiti.

Nella terza repubblica francese un uomo di governo che parlava dalla tribuna in favore della uguaglianza dei diritti fra uomini e donne si lasciò prendere dalla foga e disse: “in fin dei conti fra uomini e donne c’è solo una piccola differenza”. Un deputato di opposizione si alzò e ribatté “evviva quella piccola differenza!”

Anche fra monarchia e repubblica c’è solo una piccola differenza. Il presidente della repubblica è eletto dai partiti, il Re è designato dalla Storia.

Evviva questa piccola differenza!

LA VIA DELLA SETA

di Giuseppe Borgioli

L’Italia è la prima potenza del G7 a concludere un accoro organico con la Cina nella cornice della annunciata “via della seta” che dovrebbe ripercorrere il cammino delle carovane che attraversavano l’Eurasia e stabilire nuove connessioni commerciali. La via della seta oggi è caratterizzata da legami infrastrutturali che costituiranno una vasta area di rapporti commerciali, culturali e in definitiva geopolitici. La visita a Roma dei maggiorenti cinesi sanciranno questi accordi configurati in un memorandum già condiviso dal governo italiano.

Secondo i commentatori l’aspetto commerciale è prevalente. Alla Cina interessano le infrastrutture portuali. Ma è inutile negare che siamo di fronte ad una scelta strategica che peserà non poco sulla nostra politica estera.

In un mondo globalizzato le vie commerciali fanno parte di una strategia che tende a prendere il posto dei conflitti armati.

Le colonie del mondo globalizzato sono soggetti   che per ragioni economiche e commerciali obbediscono ai “nuovi padroni”. Con buona pace dei sovranisti senza sovrano.

Il rapporto di sudditanza non è solo politico. Più incalzante è il rapporto di sudditanza commerciale e finanziaria. Da anni la repubblica popolare cinese detiene una notevole quota del debito americano anche se Trump fa finta di non saperlo.

Una nazione che cresce, come la Cina, al ritmo del 7-8 per cento l’anno non può non muoversi anche sul piano finanziario globale.

E’ una nuova forma di egemonia che non contempla – almeno con l’Europa – l’uso della forza. Qui la forza non serve. È sufficiente le leva commerciale e finanziaria. Anche se la Cina non ha perso il vizio delle esercitazioni militari. Ne ha conclusa una nel Mediterraneo. Ecco a cosa serve il porto del Pireo.

Il sistema cinese, una sorta di turbocapitalismo con il partito unico al comando, sembra la formula magica per consolidare lo sviluppo declinandolo con l’ordine interno.

Agli occhi dei cinesi la democrazia occidentale è poco attraente. Troppi diritti, troppe distrazioni, troppo caos. I risultati sono evidenti. L’Europa è in declino. Solo un pazzo può pensare di esportare quel modello in Cina. Siamo noi illusi che pensiamo di aver qualcosa da insegnare agli altri.

 

Sabato 8 dicembre 2018, presso il Ristorante “Le Quattro Pietre” di Castiglion Fibocchi (AR), si è tenuto il tradizionale scambio di auguri dei Dirigenti dell’Unione Monarchica italiana, alla presenza delle LL.AA.RR.i Principi Amedeo e Silvia di Savoia. Durante l’incontro, il Presidente Nazionale dell’U.M.I., Avv. Alessandro Sacchi, ha consegnato le Medaglia di Bronzo della Fedeltà alla Dott.ssa Patrizia Patanè, al Dott. Fabrizio Patanè, al Gen. Roberto Lopez e al Prof. Avv. Salvatore Sfrecola.Il Presidente dell’U.M.I., inoltre, ha consegnato la Medaglia d’Argento della Fedeltà al Prof. Avv. Marco Grandi.  L’incontro si è concluso con l’impegno di ripetere il prossimo anno tale evento.

I Dirigenti dell'Unione Monarchica Italiana salutano S.A.R. il Principe Amedeo di Savoia, Capo della Real Casa

i partecipanti al momento conviviale

da sx: la Dott.ssa Paola Grandi, Il Prof.Avv.Salvatore Sfrecola, S.A.R la Principessa Silvia di Savoia e l'On.Mario Landolfi, già Ministro delle Comunicazioni

i partecipanti al momento conviviale

    Il Presidente dell'U.M.I, Avv. Alessandro Sacchi, mentre consegna il diploma della Medaglia della Fedeltà d'Argento al Prof.Avv.Marco Grandi

fonte: www.marcelloveneziani.com

Non so di quali gravi problemi psicologici io soffra ma ogni volta che vedo in tv il presidente Mattarella mi sento uno straniero in patria. Anzi peggio, sento lui come il commissario, il proconsole inviato dalla Ue nel protettorato dell’Italistan per sedare le popolazioni ribelli. Nel mio stato allucinatorio lo vedo come un regnante assiro-babilonese, frutto di altre epoche e di altri mondi e il suo stile, il suo linguaggio, il suo incedere, il suo sontuoso copricapo bianco mi sembrano confermarlo. Sarà sicuramente una mia debolezza mentale, un trauma infantile o prenatale, ma non riesco mai a riconoscermi in quello che dice. Anzi penso quasi sempre il contrario di quel che dice, a parte il fondo inevitabile di ovvietà atmosferica e istituzionale con cui incarta il tutto e che è retaggio del suo ruolo protocollare.

Ma è possibile, mi chiedo preoccupato, che tutto quel che dice e persino il tono con cui lo dice, mi sembra sempre negare quel che mi sembra la realtà dei fatti, la storia vissuta, la vita reale dei popoli, il sentire comune, il disagio diffuso, la memoria storica, la percezione comune della realtà, oltre che le mie convinzioni ideali? Possibile che anche quando affronta temi che dovrebbero essere condivisi, come l’amor patrio o la celebrazione delle feste nazionali, lui riesca a dire il contrario di quel che mi aspetto da un Capo dello Stato e dal presidente degli italiani? L’Italia per lui non è la nostra patria ma il luogo d’accoglienza universale, una specie di gigantesca tenda da campo predisposta dalle autorità europee. Le identità dei popoli, per lui, sono un cancro da sradicare, un muro da abbattere. Vanno bene le identità individuali o di genere, ma non quelle nazionali, popolari, civili. Le migrazioni per lui vanno accolte e benedette; le diversità culturali e religiose vanno ammesse se riguardano gli stranieri, vanno invece rimosse se ricordano le nostre radici, altrimenti siamo intolleranti. Le nazioni per lui sono solo il preambolo funesto ai nazionalismi che sono la vera piaga del mondo; quando a me pare invece che i mali della nostra epoca siano piuttosto legati al suo contrario, allo sradicamento universale, alla cancellazione forzata delle identità, dei popoli e dei territori, al dominio cinico e apolide del capitale finanziario che non ha patria ma solo profitti; e ai flussi migratori incontrollati che in generale impoveriscono i paesi che lasciano e inguaiano quelli che invadono. Se un gruppo di migranti stupra una ragazza lui tace, se gli italiani dicono una sciocchezza contro i migranti o le donne, lui interviene per condannare. Non si perde mezza celebrazione che riguardi l’antifascismo e l’antirazzismo, è sempre lì a commemorare coi suoi discorsi, mentre salta vagoni di ricorrenze cruciali, di anniversari patriottici, di caduti per l’Italia, di vittime del comunismo, dei bombardamenti alleati, delle dominazioni altrui.

Se gli capita un IV novembre tra i piedi lui non ricorda la Vittoria ma solo la fine della guerra e non commemora l’Italia e i suoi soldati ma l’Europa. E se proprio deve celebrare un patriota, celebra l’eroe nazionale degli albanesi o di chivoletevoi, non un patriota dell’Italia. E sostiene come l’ultimo militante dell’Anpi che il fascismo è il male assoluto e non ha fatto neanche una cosa buona, negando l’evidenza storica: una cosa del genere non riuscirei a dirla neanche di Mao e Stalin che sono i recordman mondiali di sterminio, per giunta dei propri connazionali e per colmo in tempo di pace; notizie che al Quirinale non risultano mai pervenute.

E non c’è giorno che non ci sia una sua dichiarazione ecumenica e curiale nella forma ma velenosa e ostile nella sostanza contro il Demonio Assoluto: il populismo e il sovranismo, ossia il governo in carica, e tutto sommato, il voto maggioritario degli italiani. È una continua allusione polemica a ogni cosa che dice, fa e pensa Salvini. Poco manca che non insignisca la Isoardi di un cavalierato al merito per aver scacciato il drago da casa sua.

Ma possibile che il Capo dello Stato debba essere così opposto al comune sentire? Non mi aspetterei certo che dicesse il contrario di quel che pensa e del materiale bio-storico di cui è composto; non chiedo che si metta a gareggiare in demagogia tribunizia, ma è possibile che il presidente degli italiani la pensa solo come quelli che votano Pd, e sempre dalla parte opposta dei restanti italiani? Non è stato informato che quel Renzi che lo volle al Quirinale nel frattempo è caduto e non lo vogliono neanche nel Pd? Non sa che in Italia, in Europa, nel Mondo, quella visione politica che lui depreca ogni giorno, conquista maggioranze di consensi popolari in libere elezioni democratiche ed esprime i maggiori governi e capi dello stato? Mai uno sforzo, lui che dovrebbe essere l’arbitro super partes, garante di tutti, per capire e riconoscere quell’altra Italia, quell’altro mondo, che non la pensa come lui. Sta lì, nel cuore di Roma, come se il Quirinale fosse uno Stato Vaticano ai tempi del non expedit, rispetto all’Italia che lo circonda.

Naturalmente nei momenti di lucidità capisco che tutto questo è frutto di un mio stato di alterazione mentale, gli italiani invece sono entusiasti di Nuvola Bianca e dei suoi moniti, si bevono come oro colato le sue prediche indispensabili e lo considerano un santo, un sapiente e un oracolo. Però, non capisco perché quella mia allucinazione presidenziale mi fa quell’effetto eversivo-lassativo…

MV, Il Tempo 9 novembre 2018

di Giuseppe Borgioli

Quando vide la luce la repubblica (non osiamo scrivere “fu proclamata” per ragioni che i nostri lettori conoscono bene) si cercò di non far sentire il vuoto del passato tenendo ferma l’ispirazione che aveva animato lo stile dello Statuto Albertino. Luigi Einaudi, monarchico e cattolico liberale, contribuì non poco al mantenimento dello stile che era stato dei Savoia. Il Capo dello Stato rappresentava la tradizione e si pone al di sopra dei partiti.Luigi Einaudi volle in costituzione la copertura finanziaria di ogni legge e si riservò il ruolo di custode supremo, proprio come il Re. Ma questo costume durò poco sino a toccare il fondo di oggi. La partitocrazia è imperante anche se i “nuovi” partiti sono nati dalle ceneri di quelli vecchi, sulla promessa del cambiamento. Questo caos istituzionale proclama come referente esclusivo il Popolo considerato come fucina di consenso e di voti. Si governa e si legifera in vista delle prossime elezioni e in attesa si pesano i sondaggi.L’ubriacatura della democrazia porta alla caricatura della libertà.Platone ha descritto così bene questo processo che val la pena solo rileggerlo e meditarlo. E’ un’agonia infinita che non accettano più le nazione che un tempo si chiamavano spregiativamente “repubbliche delle banane”. La società italiana privata della sua identità è così frantumata e acefala che non vede nemmeno via d’uscita.