Ben Dieci le Monarchie in Europa!

monarchieineuropa volantino europaIl pensiero unico dominante vorrebbe farci credere che la Monarchia esista solo nelle fiabe. Grazie alla globalizzazione almeno ci si può rendere conto che non è così e che oltre a quella inglese, in Europa abbiamo ben dieci Monarchie costituzionali, nei paesi più sviluppati e all'avanguardia.

1. I vantaggi della Monarchia


... La Monarchia rende visibile e simboleggia la sovranità, proprietà ineludibile della politicità. La Monarchia coniuga le prestazioni della pluralità e i vantaggi dell'unità, indispensabili per l'esercizio insieme coerente ed efficace della sovranità. Correlativamente, evita la perversione del pluralismo, cioè la polverizzazione decisionale e rappresentativa, e in pari tempo evita l'ipertrofia monocratica. A questo duplice fine, attorno alla Monarchia tende a realizzarsi una aristocrazia dello spirito di servizio capace sia di contenere e riequilibrare le spinte particolaristiche inerenti agli interessi oligarchici sia di conferire ricchezza operativa al processo di mantenimento e trasmissione dello spirito civico nel meccanismo di gestione della repubblica.

2. La Monarchia: antidoto alle oligarchie

La Monarchia è più sottratta della democrazia repubblicana all'influenza del denaro, del numero, della competenza, persino della nascita, e alle pressioni dei loro interessi particolari e organizzazioni relative. Non solo. Mentre numero e denaro così potenti nella repubblica democratica tendono ad esaltare la forza della quantità essendo entrambi elementi quantitativi la Monarchia integra il dato quantitativo con il dato qualitativo, essenziale per essa sub specie sia di educazione sia di distinzioni sia di tradizione culturale morale e storica.

Campagna anti IMU

3. La Corona per l'interesse generale

Certo, anche della Monarchia si può dire, lo sappiamo bene, che ha il suo "interesse particolare". Ma tale interesse, che è la persistenza della Corona, coincide con l'interesse generale della nazione, poichè è interesse della dinastia regia equilibrare i particolarismi delle oligarchie del denaro, del numero, della nascita, della competenza, evitando che ciascuna prevarichi fino a minacciare la Corona: ma tale equilibrio è in pari tempo l'interesse generale della nazione, affinchè nessuno concentri troppo potere e soggioghi gli altri. Il re è "preparato", attraverso l'educazione, a tale scopo.

4. La Monarchia come stimolo e freno

Ecco perchè, quando sulla società incombe la cappa dell'immobilismo, alla Monarchia preme agevolare i fattori di riforma e trasformazione, quando la società è sollecitata da stimoli troppo forti di cambiamento poco meditato, alla Monarchia pertiene un ruolo di riflessione perchè la dinamica sociale, civile e istituzionale sia condotta entro limiti più pacati e graduali. Nell'un caso e nell'altro, nè di destra nè di sinistra.

5. La Monarchia non può avere il colore delle parti

Grazie alla sua continuità, alla sua autonomia rispetto alle parti, alla sua identificazione con lo Stato e le sue istituzioni fondanti, la Monarchia ereditaria sottrae il vertice dello Stato al conflitto delle elezioni ricorrenti, ai relativi do ut des. Risolve in maniera automatica e comparativamente pacifica il problema, cruciale in ogni sistema politico, della successione protestativa al più alto livello statuale. Incarna, con la sua continuità, la collaborazione delle generazioni. Nel variare inevitabile e anche legittimo di congiunture, orientamenti, umori popolari, assolve tuttavia quella che è la funzione fondamentale e distintiva della leadership politica, cioè la proiezione nei tempi lunghi, la costanza delle grandi direttrici e dei supremi e permanenti interessi nazionali , mentre la politica democratica repubblicana è condannata dalla sua stessa intrinseca struttura alla proiezione e all'esaurimento nei tempi brevi, nell'immediatezza, improvvisazione, ondivaghezza, provvisorietà, contradditorietà, precarietà e contingenza di interessi, aspettative, suggestioni, emotività, strepiti e domande particolari.

6. La Monarchia vincola le strutture fondamentali della statualità

La Monarchia vincola le strutture fondamentali della statualità (forze armate, diplomazia, magistratura, alta amministrazione) alla Corona, alle sue regole, alle sue lealtà, proteggendo tali importanti uffici dalle pressioni e invadenze delle fazioni. Evita che le parti coinvolgano nei loro interessi speciali e particolari (siano essi politici, economici, culturali) l'istituzione simbolo dell'unità nazionale. Salvaguarda così lo Stato nella sua coerenza decisionale e operativa, la sua persistenza e l'imparzialità delle sue leggi. Garantisce ai singoli e ai gruppi, nell'autonomia della società civile, tutta la libertà compatibile con la dignità e l'esercizio dell'autorità.

7. La Monarchia è capace di autocorrezione

Sempre entro gli spazi della natura umana, così gravemente vulnerata nella sua disponibilità verso il bene, la Monarchia è capace di autocorrezione almeno altrettanto della democrazia, perchè se è varo che nei reggimenti democratici l'attitudine autocorrettiva è assecondata dal principio del dissenso (che consente talvolta di evitare, talvolta di evidenziare gli errori), nella Monarchia tale attitudine è incoraggiata dal senso del limite, dalla temperanza, così strettamente legata al ruolo equilibratore. Certo, la Monarchia può perdere capacità autocorrettiva, ad esempio se diventa assolutismo Regio. Ma altrettanto vale per la democrazia, se diventa assolutismo democratico, con le sue due facce uguali e contrarie, talora divergenti talora convergenti: l'eccesso di dispersione, la tirannide della maggioranza, sia essa popolare o parlamentare. Senza dire che mentre per la Monarchia europea l'asolutismo è una forzatura (infatti, da Machiavelli a Montesquieu la grande tradizione culturale del nostro continente lega costantemente la Monarchia alla co-esistenza con una varietà di poteri intermedi), per la democrazia repubblicana l'assolutismo è nelle sue stesse premesse dottrinali e persino antropologiche, non riconoscendo la democrazia repubblicana altro titolo potestativo salvo il numero, la conta dei voti. La vocazione monistica è dunque in principio, più forte e più coerente nella democrazia repubblicana che nella Monarchia.

8. Costruzione dello Stato nazionale e dinastia sabauda

Tutti conosciamo la realtà istituzionale della penisola prima del processo risorgimentale, e tutti sappiamo, ad esempio, che altre casate importanti regnavano su porzioni del territorio italiano. C'era dunque una situazione potenzialmente aperta, nella quale ad altre dinastie si sarebbe offerta l'opportunità di costruzione della nazione e dello stato unitario. Ciò non è accaduto. Mentre il resto delle altre case regnanti, pure di altissimo lignaggio, è rimasto sostanzialmente privo di iniziativa e legato a interessi preminenti di potenze straniere, Casa Savoia è stata l'unica dinastia che ha rischiato in proprio, che si è messa in discussione, che non si è sottratta a quel compito unitario cui altri grandi popoli dalla Francia alla Gran Bretagna avevano atteso già da secoli, ha dunque accettato la sfida dello State building e del Nation building ponendo a disposizione i suoi statisti, le sue armate, la sua diplomazia, trovandosi spesso sulla sua strada come ostacoli proprio quelle dinastie e quei regimi così legati ad altri interessi consolidati, stranieri o ecumenici.

9. I Savoia e l'interesse generale dell'Italia

Senza dubbio, la dinastia sabauda può avere perseguito anche un suo interesse espansivo, e inoltre ha giocato sullo scacchiere internazionale collegandosi ora a questa ora a quest'altra potenza, ispirandosi ora ad una prospettiva culturale ora a un'altra. Ma tale dinamica ha coinciso con l'interesse generale dell'Italia a diventare finalmente Stato nazionale, come tutte le tendenze europee del tempo esigevano, è stata dunque costantemente canalizzata a questo fine. Perciò, certe romanticherie letterarie, tese a rivendicare suggestioni neo-borboniche o neo-lorenesi o neo-papaline e via dicendo, certe rivisitazioni storiografiche, miranti a sottolineare "prepotenze piemontesi" come se la politica agisse sempre in guanti bianchi, certi rigurgiti anti-unitari nutriti di umori filo-asburgici, nulla possono togliere al fatto che senza davvero trascurare i meriti culturali, le realizzazioni istituzionali e i risultati morali e materiali riferibili ad altre dinastie, senza nulla sottrarre al rispetto che si deve a grandi tradizioni incarnate dalle dinastie poi sconfitte Casa Savoia ha conquistato sul terreno cruciale e ineludibile dell'unità nazionale il suo primato, mentre gli altri soggetti istituzionali hanno mancato proprio su tale terreno. Casa Savoia e Stato nazionale sono legati in un nesso genetico che nessuna contorsione polemica, di qualunque segno, può cancellare...

10. Monarchia e fascismo

...Le responsabilità dell'ascesa al potere del movimento fascista rinviano all'incapacità delle forze partitiche liberali, democratiche, cattoliche, e socialiste di assicurare un'adeguata governabilità alla nazione, di realizzare la "nazionalizzazione delle masse" in un quadro di adesione alle "regole del gioco" competitive, di perseguire forme pacifiche di convivenza sociale. Il fascismo non è la causa, ma il sintomo della crisi dell'assetto politico rappresentativo nell'emergenza delle prime formazioni di massa. E si può aggiungere che nel movimento fascista, coacervo di indirizzi culturali e istituzionali variamente assortiti (passatisti e futuristi, Strapaese Stracittà, monarchici e repubblicani, cattolici e laici, industrialisti e anti-industrialisti, conservatori e rivoluzionari, nazionalisti e socialisti), era presente anche una componente di ispirazione e vocazione totalitaria. Se questa componente fosse prevalsa, l'Italia avrebbe probabilmente conosciuto un regime totalitario, con tutti gli immensi costi umani, morali, civili, che accompagnano tale forma di dominio politico. La Monarchia, però, ha rappresentato un deterrente assai significativo alla trasformazione della dittatura fascista in totalitarismo. Non soltanto, infatti, alla Corona è rimasto collegato in un nesso di sostanziale lealtà primaria il vertice dello Stato, con le sue strutture portanti (forze armate, magistratura, diplomazia, alta amministrazione), mantenendo così una misura apprezzabile di autonomia rispetto al partito unico, ma inoltre la Casa regnante ha contribuito a far sì che nel movimento fascista prendessero e mantenessero il sopravvento quei filoni, quegli orientamenti, quegli uomini, meno inclini alla metamorfosi totalitaria, talchè il "ventennio" può ben essere definito un'esperienza autoritaria, non un regime totalitario. Senza il contrappeso monarchico, la via verso la degenerazione totalitaria sarebbe risultata più sgombra e più facile.

11. La crisi della democrazia repubblicana in Italia

Che la crisi della democrazia repubblicana in Italia sia pesante, lo si vede da mille segni. Ne abbiamo accennati molti. Possiamo aggiungere una inquietante decadenza del costume pubblico, gli scontri mortificanti tra poteri costituzionali e al loro interno, una cronica instabilità governativa, una ricorrente lotta di fazioni entro istituzioni delicatissime come la magistratura, le risse tra i corpi di polizia, lo sbandamento e la mortificazione materiale e morale delle forze armate, l'assenza di una politica estera, il senso di frustrazione collettiva, la sfiducia verso la pubblica amministrazione, una burocrazia pubblica i cui unici sussulti di vitalità si registrano quando si tratta di difendere ed incrementare gli innumerevoli orticelli "corporativi", una elefantiasi legislativa che iretisce gli organi statali, paratatali e locali e imprigiona la società civile, il disincanto dei cittadini verso la politica e i suoi uomini, l'anarchismo corrosivo e negatore sia della pacata autorità sia della responsabile libertà , il degrado della scuola e dell'università, persino l'integrità teritoriale della nazione posta in discussione da dissennate tendenze secessioniste. La democrazia, da sola, rischia di non farcela, di rimanere irreparabilmente impaniata nella palude di tutte queste sue contraddizioni e inefficienze, con esiti che potrebbero essere esiziali. La democrazia ha bisogno di aiuto, per evitare guai peggiori. deve accettare una prova di realismo, per evitare di sparire o di svuotarsi fino a snaturarsi del tutto. E deve farlo in tempo, prima che sia troppo tardi. Possiamo non reagire, ma l'alternativa alla mancanza di reazione è l'inarrestabile declino. Invece di rimanere legata con testardaggine feticistica all'unico ed esclusivo principio elettivo (del resto continuamente smentito nella pratica) , la democrazia si renda conto che la "divisione del lavoro" e la "cooperazione degli sforzi" tra principio elettivo e principio ereditario ciascuno preposto a un tipo essenziale di istituzione rappresentano la soluzione più ragionevole ed equilibrata, nell'ottica di quel "governo misto e temperato" che è centrale nella storia europea. E non si dica che il pricipio ereditario è un principio casuale, in questo senso "non logico". Basta osservare l'andamento e il risultato delle campagne e competizioni elettorali nelle democrazie di massa per rendersi conto dell'immenso rilievo che vi assumono, anche statisticamente, gli elementi di casualità e di "non logicità". Gli studiosi del comportamento di voto sanno bene quali e quante motivazioni spesso assurde, anche contraddittorie, banali, epidermiche oppure acriticamente persistenti, pesano potentemente nelle scelte degli elettori. Al confronto, il principio ereditario è un capolavoro di coerenza razionale. D'altro canto la "combinazione" di due "casualità" ha un potenziale di bilanciamnto ed equilibrio superiore ad una unica "casualità" assolutizzata, quale è il criterio elettivo assunto senza residui e tout court. Così come l'uguaglianza reale deriva sopratutto dalla "attenuazione" delle disuguaglianze in virtù del loro bilanciamento reciproco, allo stesso modo due "casualità" di segno diverso si attenuano per reciproca elisione e compensazione. Quando il voto è troppo statico, il monarca ha interesse all'innovazione, quando il voto è troppo volatile, il monarca ha intresse alla stabilità.

12. Il ripristino dell'Autorità reale

L'impegno civile per il ripristino dell'autorità regia va visto come il segnale, l'occasione e il volano di quella complessa, pluridimensionale riforma intellettuale e morale, di quel rivolgimento degli spiriti, di quella ripresa della speranza, di quella ricostruzione istituzionale dello Stato che sono essenziali per affrontare attrezzati le sfide dell'avvenire. Non è faccenda di sentimenti, anche se questi contano nel mantenimento dell'identità e della continuità di un popolo. E' sopratutto questione di interesse pubblico, se l'Italia vuole ridiventare una nazione, come pure è stata e come oggi non è più.

(da "Elogio della Monarchia" di Domenico Fisichella)

 

 

 

 

È simbolo d’identità nazionale
Ha una visione di Europa delle Patrie e non dei poteri economici
È garanzia di unità nazionale e di imparzialità al vertice dello Stato
Racchiude in sé tutta la nostra storia nazionale
È un freno al dilagare delle vecchie e nuove lobby che spadroneggiano
… e costa meno della repubblica!

QUALCOSA DI “REALMENTE” NUOVO È POSSIBILE!

Più Italia nell'Europa e nel Mondo!
Coscienza nazionale come orgoglio di appartenenza!
Uguaglianza dei cittadini e tutela dei loro legittimi interessi!
Immigrazione gestita e non subita!

Approvato in Roma il 24 Novembre 2012 dal XII Congresso Nazionale

TITOLO I
L'UNIONE MONARCHICA ITALIANA

Art. 1 - Definizione
L'Unione Monarchica Italiana è un'Associazione politica, indipendente dai partiti, fondata sulla certezza che l'Istituto Monarchico - per la sua natura giuridica e per il carattere impressogli dalla gloriosa Dinastia Sabauda - costituisce la garanzia più sicura di unità, di libertà e di indipendenza, di giustizia e di progresso nell'ordine e nella solidarietà della società nazionale, la premessa necessaria alla degna partecipazione dell'Italia alla comunità delle Nazioni civili.
L'U.M.I. si rivolge a tutte le italiane e gli italiani che intendono operare nella legalità per conseguire, con il ritorno del Re, il ristabilimento del sistema costituzionale monarchico.

Art. 2 - Direttive d'azione
Per raggiungere i fini dichiarati all'art. 1 l'U.M.I. si propone di conservare e diffondere l'idea monarchica, rafforzando il convincimento della sua necessità ed attualità; di rinsaldare i vincoli di fraternità tra gli Italiani, al di fuori di ogni contesa di parte; di svolgere attività di propaganda e di proselitismo affinché risulti la volontà popolare di ristabilimento della Monarchia costituzionale.

Art. 3 - Emblema
L'emblema dell'U.M.I. è costituito da un nodo di Savoia sormontato dalla Corona Reale.

Art. 4 - Costituzione e sede
L'U.M.I. ha la sede centrale in Roma ed è costituita:
- dagli iscritti;
- dagli Enti aderenti.

Art. 5 - Iscritti
La domanda d'iscrizione all'U.M.I. può essere rivolta ai Club Reali, ai Coordinamenti Provinciali o alla Presidenza Nazionale, dalle cittadine e dai cittadini Italiani residenti in Italia, dagli Italiani tutt’ora residenti nelle terre irredente o Italiani o oriundi Italiani residenti all’estero iscritti o no a movimenti o partiti politici.
Le domande d’iscrizione presentate da cittadini stranieri potranno essere accettate a seguito di esame e ratifica della Segreteria Nazionale.
Essa dura fino a quando l'iscritto non manifesti agli organi competenti la volontà di rinunciarvi.
Gli iscritti sono moralmente impegnati a conformarsi alle direttive dell'U.M.I. Essi hanno uguali diritti e doveri nella partecipazione alla vita associativa. Soltanto gli iscritti di età superiore agli anni diciotto possono accedere alle cariche sociali e sono investiti dell'elettorato attivo e passivo.
Sono previste due categorie di inscritti:
a) Ordinario;
b) Sostenitore;
Per rivestire incarichi nazionali o di vertice regionale dell’Associazione, è necessario essere iscritto “sostenitore”.
Gli iscritti sono tenuti ad essere in regola con il versamento annuale della quota associativa fissata dalla Giunta Nazionale e con la durata di un anno solare. In caso di morosità superiore ai due anni l’Iscritto va considerato decaduto dalle eventuali cariche sociali che ricopre e sospeso dall’elettorato attivo e passivo fino alla regolarizzazione della propria posizione.

Art. 6 - Enti aderenti
Enti aderenti all'U.M.I. sono quelli che, accettando i principi di cui agli artt. 1 e 2, s'impegnano a cooperare con l'U.M.I. Ad essi, con deliberazione del Consiglio Nazionale, viene attribuita la qualifica di «aderenti all'U.M.I.». Tali Enti hanno nel Consiglio e nel Congresso
Nazionale dell'U.M.I. il numero di rappresentanti stabilito dall'accordo di adesione e non superiore a tre.


Gli iscritti che volessero leggere i titoli II, III, IV e V possono richiedere il .pdf integrale dello Statuto via e-mail alla Segreteria nazionale.

 

 

 

a cura di Alessandro Mella

Statuto Unione Monarchica Italiana 

 All’indomani dell’ingresso delle truppe alleate in Roma si aprì una nuova stagione politica per il Paese. Il ritorno nella Capitale del Principe Umberto di Savoia, nominato dal Re Vittorio Emanuele III Luogotenente Generale del Regno, avviava de facto il momento della prima, e grandemente anticipata, resa dei conti. Molti dei partiti antifascisti del CLN avevano trovato utile e politicamente comodo scaricare sulla sola Corona gran parte delle responsabilità del trascorso ventennio e della sciagurata guerra, le cui conseguenze erano tragicamente aggravate dalla nascita della repubblica sociale italiana mentre, con alla testa il Principe Umberto, il Regio Esercito, la Regia Marina e la Regia Aeronautica scrivevano nuove pagine di valore contribuendo, dall’8 dicembre 1943 a Montelungo al 25 aprile 1945, alla liberazione della Patria. Il loro riscatto fu moralmente affiancato dallo splendido esempio di coraggio e di sacrificio delle centinaia di migliaia di ufficiali e soldati che, internati nei campi di concentramento nazisti, al 92% rimasero fedeli al giuramento al Re.
Già dal congresso dei partiti del CLN a Bari era parso evidente come questi non avrebbero risparmiato nessun mezzo per liquidare la Monarchia e spartirsi finalmente il potere nell’Italia postbellica, facendo così dimenticare l’incapacità e l’irresponsabilità della classe politica che non seppe impedire l’avvento del regime nel corso della grave crisi degli anni ’20. In questo quadro d’incertezza coloro i quali si riconoscevano nell’Istituto Monarchico dovettero correre ai ripari per difendere le ragioni della Monarchia e tentare di arginare la crescita di consensi alla parte repubblicana. In quel marasma sorsero varie sigle e movimenti ma un gran numero di italiani, di ogni provenienza sociale e culturale, scelse una formula associativa, per fare attività monarchica, senza necessariamente darsi la struttura di un partito. Il fine era quello di raccogliere i fedeli della Corona, di tutte le tendenze politiche, in unico sodalizio. Impresa non facile che fu al centro di polemiche e dibattiti allora e per decenni, in parte mai sopiti. Con questo spirito nacque, nel 1944, l’Unione Monarchica Italiana la quale riprendeva il nome da un’omonima associazione già attiva nei primi anni del ‘900 e presieduta dall’Avv. Luigi Celli la quale, secondo il proprio statuto, aveva per finalità:

“Scopo dell’Unione è di rafforzare sempre più le file del partito monarchico (inteso come idea e non come organizzazione nda), mediante una propaganda attiva e continuata, in nome delle Istituzioni plebiscitarie e della Gloriosa Dinastia Sabauda, esempio di ogni virtù, suprema garanzia per l’avvenire d’Italia” .

Tessere e spille storiche dell'Unione Monarchica Italiana      Non si hanno molte notizie di quando questa prima organizzazione si sciolse ma è probabile che sia andata scomparendo prima del consolidarsi del regime fascista. La stessa però lasciò il segno. Forse ispirandosi proprio a questa sigla sorse la nuova Unione Monarchica Italiana costituitasi a Roma, il 29 agosto 1944, su iniziativa di Augusto de Pignier, Luigi Filippo Benedettini, Carlo Calvosa e Giuseppe Gullo. Queste personalità, con apposito atto notarile, formalizzarono la nascita del movimento già attivo, da diverso tempo, grazie alla fusione tra l’Unione Monarchica Democratico Liberale e l’Unione dei Monarchici italiani.
Con il successivo congresso di Firenze dell’ottobre 1945 l’organizzazione tentò di armonizzare e coordinare le molte sigle monarchiche sorte nella Penisola, in totale autonomia d’iniziativa, cercando di organizzarsi come una federazione di sigle e di movimenti.
La prima azione di portata nazionale dell’Unione Monarchica Italiana fu la campagna svolta per il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, campagna comunque eterogenea ed estremamente variegata. Erano allora Presidente Nazionale l’On. Tullio Benedetti, Vice Presidente Nazionale l’On. Luigi Filippo Benedettini e Segretario Generale l’Avv. Giuseppe Trotta.
Appello elettorale dell'Unione Monarchica ItalianaL’esito del Referendum vide, come è noto, la pretesa e contestatissima vittoria repubblicana, imposta tra intimidazioni e violenze, decine di migliaia di irregolarità nonché con la palese violazione del Decreto Legislativo Luogotenenziale del 16 marzo 1946 che stabiliva che il computo della maggioranza dovesse avvenire sulla base degli elettori votanti. Quei drammatici eventi - culminati nella strage del 9 giugno in Via Medina a Napoli dove gli “ausiliari” inviati dal Ministro dell’Interno Romita trucidarono i giovani monarchici Guido Beninato, Ida Cavalieri, Felice Chirico, Gaetano D'Alessandro, Francesco D'Azzo, Vincenzo Di Guisa, Mario Fioretti, Michele Pappalardo e Carlo Russo - si conclusero con il “gesto rivoluzionario” del Governo, nella notte del 12 giugno, che costrinse il Re a partire “…perché altro dolore e altre lagrime siano risparmiate al Popolo che ha già tanto sofferto” (dal messaggio del Re Umberto II del 13 giugno 1946). L’infausto epilogo impose all’U.M.I. di rimanere un movimento attivo per non disperdere le ragioni della validità dell’Istituto Monarchico, quale più alto simbolo dell’unità e dell’identità nazionale, e il patrimonio storico-culturale di 85 anni di Regno.
Dall’ingiusto e vergognoso esilio (imposto a tradimento, alla fine del 1947, con una votazione nell’Assemblea Costituente che registrò, a favore dell’infame XIII disposizione transitoria, il voto favorevole di solo il 38% dei deputati membri dell’Assemblea) il Re Umberto II mantenne, fin dall’inizio, stretti rapporti con l’U.M.I. della quale ne seguiva in prima persona, seppur costretto da lontano, le molteplici iniziative e attività.
Ad ogni assemblea e congresso nazionale dell’U.M.I. giungeva un caloroso messaggio del Sovrano. Già nel dicembre 1946 il Re scrisse una lettera al Presidente dell’U.M.I., l’On. Luigi Filippo Benedettini, in cui affermava:
 

“Agli amici dell’U.M.I. un mio particolare pensiero: mi auguro che la sua attività continui. (..) E mi pare che non ci possa essere dubbio sulla necessità dell’U.M.I. e che il suo carattere storico e culturale debba essere sempre più sviluppato soprattutto per portare al popolo quelle luci di verità che sono così necessarie al suo bene e tutti dovrebbero sentire come obbligo  di coscienza il divulgarle in tutti i modi”.

      Questo forte legame durò per tutti i lunghi 37 anni di esilio. Ne sono testimonianza innumerevoli messaggi, eventi, incontri. Re Umberto ad esempio, nel giugno del 1956, durante i lavori della VII Assemblea nazionale dell’U.M.I., scriveva:

 
“L’U.M.I. è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, inscritti a partiti o indipendenti dai partiti, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sé quella concordia discors che è una delle ragioni d’essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia Casa rappresenta”.

 
 Re Umberto II con Sergio Boschiero    Fu proprio nel 1946 che venne svolto dal Presidente Benedettini un efficace e mirato lavoro per mantenere, da Roma, i contatti con i vari gruppi periferici e serrarne le fila in un’organizzazione monarchica che si trovava costretta ad operare in regime repubblicano. L’azione di Benedettini portò al congresso del successivo dicembre e a numerose iniziative finalizzate a ricompattare le fila e a rilanciare l’azione del movimento. Nella storia dell’U.M.I. si distinguono, per l’intensità e la vivacità dello slancio che seppero imprimere, le segreterie di Benedetto Siciliani dopo il 2 giugno 1946, di Sergio Boschiero negli anni ‘70 e di Giovanni Semerano dopo la morte del Re nel 1983. Non dimentichiamo i Presidenti Nazionali che guidarono l’U.M.I. negli anni successivi al 1948: l’Amm. Giovanni Galati, il Marchese Giuliano Capranica del Grillo, la M.d’O. al V.M. On. Raffaele Paolucci di Valmaggiore, l’Amb. Raffaele Guariglia, l’Amm. Adalberto Mariano. E i Segretari Generali: il Col. Enzo Avallone, l’On. Nino Guglielmi, il Conte Giorgio di Vistarino e il Col. Adolfo Callegarini.
Un passo decisivo nella dinamicità organizzativa e propagandistica fu compiuto nel 1961 con l’elezione di Boschiero a Segretario Generale del Fronte Monarchico Giovanile.  Il Fronte Monarchico Giovanile era nato come organizzazione indipendente dall’U.M.I. e condusse la campagna elettorale per il 2 giugno dalla sua sede di Via Quattro Fontane (che diventò poi la sede del Partito Nazionale Monarchico di Alfredo Covelli). Il primo Segretario Generale del F.M.G. fu Mario Lucio Savarese, dopo di lui Nicola Torcia (che fece aderire il F.M.G. all’U.M.I.), Giovanni Semerano, Filippo Fusco, Emilio e Giorgio Di Nunzio, Ernesto Frattini, Sergio Boschiero, Domenico De Napoli, Antonio Maulu, Antonio Parisi, Ettore Laugeni, Emanuele Balzari e Amedeo De Dominicis; tra i Vice Segretari meritano una menzione particolare Antonio Tajani, poi parlamentare europeo e attualmente Vice Presidente della Commissione U.E., e Fabio Torriero, giornalista e politologo.
Sergio Boschiero, come coordinatore giovanile delle Tre Venezie, aveva organizzato il 3 aprile 1960 una grande manifestazione a Vicenza, alla presenza del Principe Amedeo di Savoia, della Duchessa Madre Irene, del Ministro della Real Casa Falcone Lucifero e dell’Eroe della Grande Guerra, Medaglia d’Argento al V.M. e parlamentare monarchico Carlo Delcroix. Fu quella la prima uscita pubblica del giovane Duca d’Aosta allora studente liceale a Paderno del Grappa (TV). Il Re ne rimase talmente ben impressionato che volle in prima persona il trasferimento di Boschiero a Roma per occuparsi del movimento giovanile. L’opera di Boschiero e del F.M.G., da lui guidato, permise al movimento un’ulteriore vigorosa crescita che ottenne molti successi in tutta Italia. Furono decine di migliaia i giovani che, in quegli anni, sventolarono con rinnovato orgoglio il Tricolore della Patria nata nel 1861: a Roma nel 1965 con un memorabile corteo dal Teatro Adriano al Vittoriano; nel 1968 per le vie di Trieste nel cinquantenario della Vittoria; il 29 maggio 1966 oltre 20.000 persone per il Lungomare di Napoli nel ventesimo della truffa referendaria; a Torino nel 1969, a Milano nel 1970, a Brescia nel 1971, a Reggio Calabria nel 1972, solo per ricordare alcune tra le più imponenti. Proprio nel 1972 Boschiero venne eletto Segretario Generale dell’Unione Monarchica Italiana, lasciando al successore Domenico De Napoli un Fronte vitale, dinamico e presente in tutte le città del Paese.
Con la morte di Re Umberto e l’allontanamento di Boschiero, il mondo monarchico si trovò a dover affrontare un momento di grave crisi. Molte delle energie dell’U.M.I. venivano armonizzate dall’attenzione e dall’incoraggiamento costanti del Re che ne seguiva l’impegno tramite il Ministro Lucifero, il quale apportava all’U.M.I. un sostegno indispensabile per un’associazione che poteva contare sulle sole proprie forze.
Biglietto di auguri dell'Unione Monarchica ItalianaDa quel 1983, e con il X Congresso del 1984, l’U.M.I. fu salvata dallo straordinario impegno di un gruppo di dirigenti che, riuniti intorno al Ministro Lucifero, riuscirono a condurla fuori dalla crisi: il Segretario Generale Giovanni Semerano lavorò in quegli anni con i Presidenti Rinaldo Taddei, Giuseppe Costamagna, Giuseppe Barberi, Marino Bon Valsassina, Matteo de Nardelli, Pierluigi Nardis, validamente coadiuvato da Gian Nicola Amoretti, Tino Bruschi, Wanda Campanino, Franz Ferretti di Castelferretto, Marco Grandi, Ettore Laugeni, Ruggero e Giovanna Messanelli dè Normanni, Nello Nigra e Camillo Zuccoli, tutti schierati a sostegno del Principe Amedeo di Savoia Duca d’Aosta legittimo successore del Re Umberto II. Il resto del mondo monarchico si frazionò e disperse in gruppuscoli insignificanti con il solo risultato di creare disorientamento nell’opinione pubblica. Fece eccezione il movimento FERT, patriottico ed identitario, fondato da Sergio Boschie ro alla metà degli anni ’80, che godeva di un grande seguito dovuto all’attaccamento dei monarchici verso il leader storico. Boschiero poi proseguì con l’esperienza della Federazione Monarchica Italiana prima e dell’Unione dei Club Reali d’Italia.
Nel frattempo l’U.M.I. tenne l’XI Congresso e continuò ad operare anche con significative iniziative editoriali di carattere storico-politiche e di divulgazione istituzionale.
Nel novembre 2001 - nel corso della commemorazione che, ogni anno, si svolge a Peschiera del Garda (VR) per rievocare lo storico e cruciale Convegno politico-militare dell’8 novembre 1917, durante il quale il Re Vittorio Emanuele III impresse alla Guerra la svolta decisiva che fu la premessa della Vittoria del 4 novembre 1918 - alla presenza dei Principi Amedeo e Aimone di Savoia venne reso pubblico l’accordo tra l’U.M.I. e l’Unione dei Club Reali d’Italia. Ebbe così inizio una nuova fase nella vita dell’Associazione, con un rilancio dell’azione militante in tutta la Penisola: con Semerano Presidente Onorario vennero eletti Presidente Gian Nicola Amoretti e Segretario Sergio Boschiero. Nell’ottobre 2012 il XII Congresso nazionale dell’U.M.I. ha eletto nuovo Presidente Nazionale Alessandro Sacchi, nuovo Segretario nazionale Davide Colombo e ha acclamato, accanto a Semerano, Sergio Boschiero Presidente Onorario.
Oggi l’Unione Monarchica Italiana prosegue la sua difficile ma appassionata opera nella difesa di valori che non mutano, ideali che non si spengono, certezze che non ci abbandonano, seguendo coerentemente il percorso tracciato dal suo rinnovato Statuto:

 “L’Unione Monarchica Italiana è un associazione politica, indipendente dai partiti, fondata sulla certezza che l’Istituto Monarchico – per la sua natura giuridica e per il carattere impressogli dalla gloriosa Dinastia Sabauda – costituisce la garanzia più sicura di unità, di libertà e di indipendenza, di giustizia e di progresso nell’ordine e nella solidarietà della società nazionale, la premessa necessaria alla degna partecipazione dell’Italia alla comunità delle Nazioni civili. L’U.M.I. si rivolge a tutte le italiane e gli italiani che intendono operare nella legalità per conseguire, con il ritorno del Re, il ristabilimento del sistema costituzionale monarchico” .

Bandiere dell'Unione Monarchica Italiana in piazza     Con queste finalità, e grazie all’opera dei suoi numerosi iscritti sempre più giovani e motivati, l’U.M.I. va incontro all’avvenire dopo aver attraversato e superato i burrascosi anni che hanno segnato la vita del nostro Paese dopo il 1946.  I monarchici più veterani, ma dal cuore sempre saldo, sono accanto ai giovani che sostengono l’Istituto Monarchico non per sterili nostalgie ma per aver conosciuto e subito la fallimentare esperienza repubblicana.     Confortati dal sostegno del Capo di Casa Savoia, S.A.R. il Principe Amedeo di Savoia, gli iscritti e i militanti dell’U.M.I. proseguono - oggi come ieri e senz’altro come domani - la loro intensa opera per sensibilizzare l’opinione pubblica e superare i triti luoghi comuni che la vulgata postbellica, un giornalismo non equilibrato ma condizionato da interessi di parte, nonché una storiografia superficiale e faziosa, hanno alimentato per decenni. Non è infatti un caso che oggi chi ritiene anacronistica la Corona non abbia una visione obbiettiva di come le più moderne e sviluppate democrazie europee, che godono di quella normalità istituzionale e politica indispensabile per garantire lo sviluppo sociale ed economico, siano proprio quelle che hanno quale Capo dello Stato un Sovrano. Un caso? Si dice che la statistica non sia una mera e semplice opinione. Alla luce delle cronache e della realtà, soprattutto in questa gravissima crisi economica europea e globale che angoscia il nostro Popolo, dobbiamo riconoscere che è proprio così.

 

L'Unione Monarchica Italiana ha la propria sede nazionale in:

Via Giovanni Bausan n,11 (80121) Napoli- tel 081.19361766

nel centrale quartiere Chiaia

 

    La Sede nazionale è il centro direzionale dell'Associazione
     È collegata con i mezzi pubblici  e dista 500 metri dalla fermatadella Metro 1 "Amedeo".