Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
|
Comunicato stampa del 30 maggio 2018.
L’Unione Monarchica Italiana, nel prendere atto dello stato di “decozione” della Repubblica, ha il dovere di ricordare che per la soluzioni di grandi problemi, necessitano se non grandi uomini, almeno uomini grandi.
Nel desolante panorama che le Istituzioni offrono in queste ore, l’Unione Monarchica Italiana ricorda a quanti hanno a cuore le sorti della Patria, che in Politica non conta il solo risultato numerico, ma il benessere dei cittadini.
La Politica esige il rispetto della volontà popolare ed un arbitro, che in posizione terza ed imparziale controlli il rispetto delle regole del gioco.
L’Unione Monarchica Italiana, più antica e numerosa associazione di cittadini che pensano alla Monarchia Costituzionale e Parlamentare, come elemento preliminare al fine di curare le malattie costituzionali da cui l’Italia è affetta, invoca a gran voce una fase costituente che riformi la Cosa pubblica con nuove fondamenta condivise.
Costituente, subito.
Avv. Alessandro Sacchi
Presidente Nazionale UMI
Napoli: sabato 19 maggio 2018.
Si è tenuta a Napoli, sabato 19 maggio u.s., nella prestigiosa cornice dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, l’attesa presentazione del volume “Conversazione sulla Monarchia”.
Un folto ed attento pubblico ha ascoltato le relazioni dell’On. Giuseppe Basini, del Prof. Gustavo Pansini, e del Prof. Salvatore Sfrecola.
Applauditissimi gli Autori, Sacchi e Monti Buzzetti, innumerevoli copie da autografare.
Prossimo appuntamento, Bari.
da sx: il Prof. Avv. Salvatore Sfrecola,l'Avv. Alessandro Sacchi, Presidente Nazionale dell'U.M.I., il Dott. Massimo Calenda, moderatore dell'incontro, l'On. Giuseppe Basini, il Dott. Adriano Monti Buzzetti Colella e il Prof.Avv. Gustavo Pansini
L'intervento dell'Avv. Alessandro Sacchi, Presidente Nazionale dell'U.M.I.
La Sala
Il Libro
"Outing" politico di Amedeo d'Aosta: era giusto nominare Savona. Il duca esterna sulla vicenda politica del giorno: hanno vinto leghisti e grillini, le scelte toccano a loro
( articolo pubblicato sul sito www.lanazione.it )
Arezzo, 28 maggio 2018 - Ci fosse stato lui al Quirinale, come pure accadeva per i suoi antenati, adesso Paolo Savona sarebbe ministro dell’economia e non saremmo di fronte a una crisi che ricomincia punto e a capo. Sì, ha le idee chiare Amedeo d’Aosta (anzi, «di Savoia», come dice lui) quando di domenica mattina alza il telefono e chiama La Nazione, il quotidiano che il Duca ha sempre detto essere un punto di riferimento per lui: «Dipendesse da me - spiega secco - io Savona lo nominerei subito».
Ohibò, che anche un rampollo di famiglia reale si sia convertito al populismo grillin-leghista? «Niente di più sbagliato - replica lui - non ho votato nè per la Lega nè per i Cinque Stelle. Ma mi pare giusto che adesso governino con gli uomini che si scelgono. Le elezioni le hanno vinte loro, per me è un problema di democrazia».
Ma come la mettiamo con le posizioni eterodosse di Savona che per Mattarella scatenerebbero una reazione degli altri paesi della Ue? «Non c’entra. Chi vince decide gli uomini che saranno al potere. Se no che si fanno a fare le elezioni?».
Amedeo si ferma qui. E’ una delle sue rarissime incursioni nel terreno politico-istituzionale dal quale si è sempre tenuto alla larga. Solo qualche volta, ai tempi della prima repubblica, si fece il suo nome come quello di un possibile candidato alle elezioni per i partiti di centro alleati della Dc. Non il partito repubblicano, ovviamente, che forse sarebbe stato un controsenso per uno che dopo tutto monarchico deve esserlo per definizione. Ma è appunto una delle poche eccezioni di un personaggio che di politica attiva non si è mai interessato.
Di lui semmai si è parlato per la contesa su chi sia il vero capo della casa reale e quindi il pretendente al trono. Ma nella spaccatura verticale col cugino Vittorio Emanuele lui ha sempre saggiamente detto che «prima bisognerebbe ci fosse un trono cui aspirare». Per il resto, il duca continua a dividersi fra la casa di Meliciano e Pantelleria, soddisfatto semmai di aver vinto finalmente la causa sul cognome Savoia con Vittorio Emanuele e il figlio.
Un Re si sarebbe comportato diversamente
Il blog di Paolo Gambi
(fonte:http://blog.ilgiornale.it/gambi/?repeat=w3tc )
Cosa sarebbe successo se invece del presidente Mattarella ci fosse stato il Re?
Che è un po’ come chiedersi cosa sarebbe successo se la nuova Italia del Dopoguerra non fosse nata repubblicana grazie a strane macchinazioni e probabili brogli, ma fosse rimasta monarchica.
Intanto il Re non avrebbe vissuto nessun complesso di inferiorità nei confronti dell’Unione Europea, considerando che ben 7 Paesi dell’attuale Unione Europea – tra i più importanti – hanno un Monarca: Gran Bretagna, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Svezia, Spagna. E non se la passano così male. A questi si devono aggiungere anche Norvegia, Principato di Monaco, Andorra, Liechtenstein. E pure il Vaticano.
E tramite intrecci matrimoniali vari i Monarchi hanno sempre saputo tessere tele di straordinaria efficacia.
Poi di certo il Re non avrebbe avuto nessuno a cui render conto. Un Re non è eletto, né ricandidabile, non ha partito politico d’origine né di riferimento.
Un Re avrebbe sostenuto sempre e comunque gli interessi della Nazione ed avrebbe difeso e sostenuto la sua Democrazia.
Un Re (magari non fosse stato un Savoia) avrebbe ascoltato quelli che parlano italiano, non quelli che gridano in tedesco.
Ma in Italia ce ne freghiamo dei brogli, del vantaggio della Nazione e pure della Democrazia.
Per cui ci teniamo al Quirinale un presidente che fa ciò che Mattarella ha appena fatto.
E che per fare ciò ci costa circa 240 milioni di euro all'anno. Quando la Regina d’Inghilterra pesa sulle casse dello Stato appena 80 milioni di sterline. E le restituisce ampiamente in pubblicità al primo Royal wedding.
Chissà, magari Di Maio e Salvini se ne renderanno conto e invece di invocare l’impeachment abrogheranno l’articolo 139 della Costituzione.