Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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L'opinione di Giuseppe Borgioli
L’UOMO FORTE
di Giuseppe Borgioli
Tutti invocano l’uomo forte che risponde alle aspettative di molti uomini politici che pur si definiscono democratici. Il corollario è la richiesta dei pieni poteri. Tutti chiedono i pieni poteri, per fare cosa? L’uomo forte è il motivo generale della presente temperie politica. È lui che rimetterà l'economia in movimento. È lui che riporterà l’ordine, è lui che rimetterà le cose a posto. Come si diceva di Mussolini: farà partire ed arrivare i treni in orario. Si sa che noi Italiani abbiamo una discreta esperienza di “uomini forti” che alla prova dei fatti ci hanno regalato problemi più grandi di quelli che promettevano di risolvere. Gli uomini forti, o considerati tali, spuntano dalla vita politica, dall’economia, dal giornalismo. Ognuno ha le sue credenziali, le sue medicine. L’opinione pubblica stanca e frustrata abbocca come a di fronte a ciarlatani in fiera. Tutti hanno qualcosa da proporre, tutti hanno elisir miracolosi da vendere. La riforma del ‘fondo europeo salva stati’ come andava riformato per garantire la condizione di parità per tutti i paesi interessati? Il MES è una fortunata opportunità da cogliere al volo o una trappola di cui pagheremo le conseguenze? A chi dobbiamo dar retta per salvare i nostri risparmi e ciò che resta della nostra sovranità nazionale? Gli imbonitori alla fiera della politica ripetono le loro lezioncine con la sicurezza di chi sa il fatto suo. Quanti uomini sedicenti forti accorrono al capezzale della povera Italia. Dove sono i Luigi Einaudi, i silenziosi servitori dello stato che non ambivano alla nomea di uomini forti. Il loro comportamento, la loro dottrina, la loro cultura garantivano della forza di carattere che sapevano trasmettere a tutti quelli che li avvicinavano.“Italia viva” (qualcuno ha osservato irrispettosamente che assomiglia alla pubblicità di un vivaio di piante) con il suo leader che aspira al riconoscimento di “uomo forte” sembra avere le idee chiare. Ha una strategia o una tattica per giocare la sua partita o semplicemente siamo ancora in presenza della solita lotta per il potere? Camillo Benso di Cavour era un “uomo forte”? Non credo. Il mazziniano Francesco Crispi si presentava come “uomo forte” coi risultati che abbiamo imparato sui libri di scuola. La verità è che la Monarchia non ne ha bisogno di “uomini forti”. Il Re non è l’uomo forte che l’opinione pubblica sembra invocare. La Monarchia riposa su istituzioni forti non su uomini forti. E’ tutta lì la differenza. Non abbiamo bisogno di dittatori. Il Re è il miglior antidoto istituzionale alle dittature, più o meno costituzionali. L’abbiamo scritto più volte, il Re è il riferimento di una Dinastia che si muove nella storia. Chi confonde il Re con il dittatore non ha capito la differenza fra potere e autorità. Forse Matteo Renzi potrebbe convenire con questa fine ma essenziale distinzione. La nostra gioia è per i 18 pescatori di Mazara del Vallo che dopo più di cento giorni di reclusione sono stati rilasciati in libertà, restituiti alle loro vite, alle loro famiglie. È il miglior modo per salutare il Natale.
Comunicato stampa del 18 dicembre 2020
Il Re di Svezia e l’importanza di un Capo di Stato che non deve rispondere ai partiti
A giudizio dell’Unione Monarchica Italiana dalla Svezia è venuta una lezione di civiltà politica e costituzionale, un Re che offre al mondo l’immagine di un Capo di Stato non condizionato dai partiti. Perché un Re non è eletto da una maggioranza alla quale, naturalmente, deve dar conto delle sue azioni e dalla quale attende la rielezione o la scelta di un collega di partito.
E così, Re Carlo Gustavo XVI va in televisione e denuncia “abbiamo fallito, abbiamo un gran numero di morti e questo è terribile”. La parola di un Re ristabilisce la verità sulla gestione della campagna contro l’epidemia da Covid-19 ed il popolo potrà giudicare l’azione del governo e della sua maggioranza.
Roma,18.12.2020
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi
Guido Jetti: Napoli, Via Medina- 11 giugno 1946
Con questa nuova ricerca l’Autore conclude l’analisi del triennio compreso tra il 1943 e il 1946, lasso di tempo nel quale si attuano cambiamenti radicali per l’Italia, non privi di tensioni, scontri ed eccidi, come quello consumatosi sulla strada napoletana di Via Medina nei primi giorni del giugno ‘46, preludio infausto alla nascente Repubblica e all’esilio della Casa regnante. Questo lucido e attento ‘riesame’ dei fatti di Napoli, che la storiografia tende largamente a dimenticare, non è soltanto un “atto dovuto”, e mai compiutamente attuato, alla memoria delle vittime del dissenso popolare filomonarchico, ma è anche una profonda denuncia circa le responsabilità di chi doveva, di chi poteva evitare un’inutile strage, dopo giorni di imponenti e perlopiù pacifiche proteste di piazza, alimentate dall’esito ambiguo – da quel «deficit di trasparenza», per usare le parole dell’Autore – della consultazione referendaria del 2 giugno.
L'opinione di Giuseppe Borgioli
LA GENTE NON CANTA PIU’
di Giuseppe Borgioli
Che strano periodo di vita attraversiamo…-che incredibile Natale stiamo celebrando con le strade vuote, i negozi visitati da gente che poco rassomigliano alle folle di una volta. Certo, il Natale non è fatto dal consumismo. Ci Manca la gioia collettiva che possedeva le persone, povere o ricche che fossero. Anche questa era una componente della religiosità. Non c’è più la gioia della festa, è sostituita dalla paura del futuro. A parte tutte le restrizioni, giustificate o arbitrariamente spuntate nella testa dei nostri fantasiosi governanti, l’atmosfera è cambiata. L’idillio dello scorso marzo, quando all’inizio della pandemia, la gente si riservava sui balconi a scambiarsi i saluti e a cantare, ha lasciato il posto ad un sentimento di vuoto che l’immagine del presidente Conte non riesce più a colmare con le sue buone maniere. Alla fine della favola di Andersen sarà proprio un bambino, nella sua indifesa ingenuità, a svelare l’arcano: il potere è nudo. I bei vestiti di cui il potere si adornava erano inesistenti, era solo la trovata di due sarti lestofanti. Non so se questa favola si può adattare ai nostri giorni, ai signori della repubblica che continuano a farci la predica e sempre più spesso lasciano scivolare dalle loro labbra la parola ‘patriottismo’. Patriottismo di qui, patriottismo di là. Tutti sono diventati patrioti. Quando i politici della repubblica si sciacquano la bocca con la PATRIA (che è per noi veramente sacra) diffida, porta la mano al portafogli, non ti lasciare incantare dalle sirene. Parlano così spesso di PATRIA che dubito che il loro pensiero non sia rivolto alla tanto vituperata patrimoniale vero colpo di grazia a una delle virtù maggiori del nostro popolo, il risparmio. Ovviamente come sempre, a fin di bene. Intanto dobbiamo fare i conti con una democrazia bloccata. Quando servirebbe sbloccarla, andare al voto è un lusso. La democrazia, almeno quella elettorale, va bene per i tempi ordinari e diventa la via necessaria per l’emergenza. L’abbiamo imparato dai nostri maestri liberali che la democrazia si attiva nelle emergenze, quando apparentemente non ci sono vie di uscita. Il denaro che arriverà dall’ Europa, se mai arriverà nella quantità attesa, darà una boccata di ossigeno alla nostra economia. Ci vuol ben altro per rimettere in moto (a pieno ritmo) il motore ingrippato dell’industria e del commercio. Lo sblocco dei licenziamenti sarà il momento della verità. Allora la crisi economica rischierà di aggiungersi a quella economica e finanziaria. Non importa soffrire senza intravedere uno spiraglio. Il guaio è che errori vanno a riparare altri errori, toppe su toppe e il tessuto si lacera con il risultato di rendere il nostro ginepraio sempre più ingovernabile. Qualcuno resterà con l’ordigno del debito pubblico fra le mani. La repubblica meritava un’altre fine. A noi i quesiti a chi dovremo intestare questo fallimento che corrisponde a una guerra perduta senza averla combattuta. Anche sul vaccino il Regno Unito ha dato una piccola lezione di stile. La Regina Elisabetta si sottoporrà come i Suoi sudditi al vaccino: Lo farà rispettando il Suo turno. Un Re non ha bisogna di conquistare il primo piano, spintonando e scavalcando gli altri. Questi giochini lasciamoli alla repubblica e ai suoi uomini.