Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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Roma: XIII Congresso Nazionale dell'Unione Monarchica Italiana
Nei giorni 23 e 24 novembre si è tenuto a Roma, presso l’Hotel Massimo D’Azeglio, il XIII Congresso Nazionale dell’Unione Monarchica Italiana. L’Assemblea, presieduta da Salvatore Sfrecola, rappresentativa di tutto il territorio nazionale, ha visto partecipare oltre un centinaio di delegati che hanno dibattuto, dopo la lettura del messaggio augurale di Amedeo d’Aosta, riferimento dinastico e pretendente al trono, i temi storici e le strategie per il prossimo futuro. Tra i molti ospiti, parlamentari, giuristi e molti giovani, Giuseppe Basini, Adolfo Urso, Arturo Diaconale, Luigi Mazzarino, Gustavo Pansini e Guido Loporto. Pur tra le molte diversità, è stata ribadita la arbitrarietà dell’articolo 139 della Costituzione repubblicana, che statuisce la immutabilità della forma istituzionale dello Stato. Norma, a detta dei congressisti, liberticida in quanto limitante la sovranità popolare sancita dall’articolo 1 della stessa Carta fondamentale. Il Congresso ha acclamato, con la nuova dirigenza, il collaudato presidente uscente, Alessandro Sacchi.
L'apertura del XIII Congresso Nazionale
L'intervento dell'On. Giuseppe Basini della Lega
L'intervento del Sen. Adolfo Urso di Fratelli d'Italia
L'intervento del Dott. Arturo Diaconale, direttore de "L'Opinione"
L'intervento del Dott. Luigi Mazzarino, Responsabile della Comunicazione U.D.C.
L'intervento del Prof.Avv. Gustavo Pansini, Vicepresidente della Consulta dei Senatori del Regno
L'intervento dell'On.Guido Lo Porto, già Presidente dell'Assemblea Regionale Siciliana
L'intervento del Presidente Nazionale, Avv. Alessandro Sacchi
La sala
Il tavolo della Presidenza da sx: Augusto Genovese, Michele Pivetti Gagliardi, Salvatore Sfrecola,Edoardo Pezzoni Mauri e Alessandro Sacchi
Considerazioni sull'agricoltura
di Adele Scirrotta*
Sin dall’antica Grecia, l'agricoltura era alla base dell’economia del paese. Circa l'80% della popolazione era impiegato in questa attività. Gli uliveti erano un investimento a lungo termine, ci volevano più di venti anni perché un albero iniziasse a produrre olive, e fruttificava soltanto ad anni alterni. L’uva era un altro importante frutto della terra rocciosa, ma richiedeva molta cura anche se veniva coltivata sin dall' età del bronzo. Di agricoltura si parla nell’Odissea, si sono scritti poemi e poesia, insomma è da sempre la nostra base culturale. Quando fu messa in circolazione e coniata la lira vi erano rappresentati simboli che richiamavano l’agricoltura a testimoniare lo sviluppo e il crescere del nostro Paese, dei nostri territori che negli anni hanno visto crescerne la bellezza grazie sempre all’agricoltura. Persino Il grande Imprenditore Olivetti ne parla, la definiva un continuo esperimento, di modo che chi la coltiva è destinato a rimanere a non abbandonarla ecco anche il segno della Campana. Ecco, sarebbe opportuno creare un mondo umanistico, culturale e farne un tesoro, una valorizzazione della nostra tradizione mediterranea, leggere fra i segni della terra fa di noi alti ricercatori di una cultura che regna da millenni. Ma, ahimè, oggi l’agricoltura è vista come un limone da spremere, gli agricoltori sono visti come portanti da spremere e creare business fra i palazzi. Mi chiedo, dove è finita quella magia, l’Unione, l’indispensabile e il necessario? Oggi siamo considerati costi non deducibili e invisibili. La nostra agricoltura deve essere elemento e fattore primario di una nuova agricoltura ma senza rivoluzione. Ad esempio: costruire collaborazioni con i comuni per utilizzare i terreni abbandonati o incolti per la coltivazione di cibo per la collettività. Costruire partenariato tra gli agricoltori, le Istituzioni e la comunità locale, in cui le responsabilità, i rischi ed i benefici dell'agricoltura sono in comune. I benefici sono goduti da tutti i lati: gli agricoltori, ad esempio, possono ricevere un reddito più stabile e sicuro e più vicino collegamento con la loro comunità, i consumatori possono trarre vantaggio da mangiare cibo fresco sano, sentendosi più legato alla terra dove si coltiva il cibo e l'apprendimento di nuove competenze. Insomma Oggi l'agricoltura non è “cool”. Occorre una sinergia tra tradizione e tecnologia. La sfida? Tutela e promozione dell’inclonabile “italian style”. Oggi a farne le spese è il cosiddetto capitale umano. Dobbiamo vederci in questo comparto aziendale un riscatto sociale, economico e finanziario. Ripristinare i fondi che in questi anni sono venuti a mancare. Si parla della PAC (Politica Agricola Comune) e le misure di sostegno all’occupazione a cui è strettamente legato lo sviluppo rurale. Siano migliorati i servizi che consentano gli imprenditori agricoli e alle imprese di conquistare il mercato con maggiore stabilità, dunque le istituzioni impieghino al meglio le risorse europee per il comparto agricolo-industriale e ambientale. Bisognerebbe avere un continuo confronto con gli organi competenti, affinché si possa rappresentare al meglio politicamente ma soprattutto efficacemente il comparto agricolo che è collante e motrice dello sviluppo passato e futuro del nostro territorio. In conclusione l’agricoltura deve esser considerata un’impresa proiettata nel futuro, nel lungo termine e con redditi certi derivanti anche e soprattutto dal ricevimento del giusto prezzo dei prodotti e del lavoro di chi vive la terra. Ci vorrebbe a tutela un vero e proprio Decreto che salvaguardi ciò, un DECRETO AGRICOLA ITALIAE.
* imprenditrice agricola
Comunicato stampa del 26 novembre 2019
I monarchici italiani sono vicini agli albanesi colpiti dal sisma
Mentre la terra continua a tremare in Albania e la conta delle vittime e dei danni rivela tutta la sua drammaticità, l’Unione Monarchica Italiana è vicina alle popolazioni delle città e dei paesi colpiti dal sisma, e ricorda che, nel corso dei secoli, italiani ed albanesi hanno condiviso con alterne fortune momenti importanti della loro storia.
I monarchici italiani esprimono sentimenti di sincera amicizia nei confronti delle famiglie gravemente colpite negli affetti più cari, e manifestano il proprio cordoglio per quanti, adulti e bambini, hanno perso la vita sotto le macerie. Si augurano, altresì, che il Governo italiano sappia contribuire a sovvenire, concretamente e con immediatezza, alle necessità di quanti hanno perduto le loro abitazioni ed il loro lavoro.
Roma,26.11.2019
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi
L'opinione di Giuseppe Borgioli
DOLORE E RABBIA
di Giuseppe Borgioli
La tragedia idrogeologica che colpisce l’Italia è sicuramente il risultato dello sconvolgimento dell’equilibrio climatico globale più volte (e molto autorevolmente) denunciato. Per obiettività nel conto dobbiamo anche mettere, e non in fondo alla lista, l’inerzia e la incoscienza degli uomini, della classe politica dirigente di tutti partiti, delle moltitudini dei cittadini scandalizzati che voltano lo sguardo dall’altra parte e non fanno nulla per impedire queste catastrofi ormai non più catalogabili nella emergenza straordinaria. Tutti colpevoli e quindi nessuno responsabile? No, ci sono troppi capitoli di questa ultima catastrofe che chiamano in causa gli amministratori e politici. Da Matera a Venezia c’è un territorio lasciato a stesso dove la sua onerosa conservazione è l’ultima delle preoccupazioni. Qualcuno potrebbe insinuare che quest’Italia non merita il patrimonio artistico e paesaggistico che i nostri padri e la natura ci hanno consegnato. Fiumi che sono diventati discariche a cielo aperto, boschi che con l’abbandono dei contadini si sono trasformati in giungle inestricabili, città storiche che sono lasciate in pasto a traffici di ogni genere. È questo il bel paese? Come siamo giunti a questo punto? Quale diabolica forza si è impossessata delle nostre menti e delle nostre volontà? La risposta è semplice. Il bel paese negli ultimi decenni non è stato più governato, è cresciuto selvatico al punto che oggi non c’è chi sia in grado di ripristinare un minimo di ordine e di armonia. La fuga dalle responsabilità è generale. L’enorme espansione della burocrazia, la bulimia legislativa per cui le leggi si sovrappongono le une alle altre, la diffusione di poteri impeditivi che si ostacolano a vicenda, questo è il quadro dell’anarchia repubblicana che è giunta a maturazione dopo un periodo relativamente lungo di incubazione. Lo scontro dialettico che anima le pseudo discussioni pubbliche è fra onestà e competenza come fossero degli accessori da scartare o preferire. Le opere pubbliche dovrebbero essere affidate a persone oneste e competenti. Altrimenti è la paralisi che conosciamo e sperimentiamo nel nostro tormentato declino. Altro che decrescita felice! Qui ci tocca in sorte la decrescita infelice! La politica è fatta di un quadro istituzionale che sorregge l’impalcatura dell’amministrazione, della gestione dei territori, del governo del quotidiano. Senza il riferimento istituzionale non c’è più nemmeno la scrupolosa amministrazione, la manutenzione dell’esistente. Tal volta si ha l’impressione di abitare uno di qui palazzi patrizi ben conosciuti dagli amici di Palermo, Napoli, Roma dove dominano gli spazi saloni immensi con lampadari di cristallo. Però questi palazzi sono fatiscenti e si sgretolano sotto gli occhi dei visitatori. Grandi saloni ma pochi impianti igienici che si fatica a trovare in caso di bisogno. Nessuno è in grado di gestirli e i proprietari sono rassegnati a vederli rasi al suolo e sostituiti con uno dei tanti supermercati. L’Italia fra le distruzioni (subite o volute) la svendita. È il titolo di questo addolorato capitolo. I vecchi monarchici ricorderanno la promessa minacciosa di Pietro Nenni, capo socialista, alla vigilia del referendum “o la repubblica o il caos”. Troppa grazia, onorevole Nenni, li abbiamo avuti entrambi, due al prezzo di uno.