Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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Ciao Marco!
L’Unione Monarchica Italiana abbruna le sue Bandiere salutando il Prof. Marco Grandi, figura storica di studioso e leader monarchico, stingendosi con affetto alla famiglia.
Il Prof.Marco Grandi insignito della medaglia della Fedeltà d'Argento
L'opinione di Giuseppe Borgioli
IN DIFESA DEL PARLAMENTO
di Giuseppe Borgioli
La Monarchia ha sempre cercato l’equilibrio dei poteri. Il Re sovrano è il guardiano di questo equilibrio. Anche nei momenti più bui ha posto un limite al partitismo e allo strapotere delle assemblee.
Dall’editto di Moncalieri i Savoia hanno posto le istituzioni al riparo della demagogia e dello strapotere dei partiti e dei gruppi di pressione.
L’origine storica e sacra del parlamento era il consiglio dei cavalieri e paladini del Re che lo assistevano nell’esercizio del governo.
Sovrano è il Re, la potestas è del popolo.
Re e popolo sono l’architrave delle istituzioni. Il popolo trova nel libero parlamento la sua rappresentanza e composizione degli interessi che lo costituiscono. Ma resterebbe un corpo inerme e disarticolato se non si rispecchiasse nel Re come simbolo vivente della sua unità nella storia.
Quello che accadendo in Italia sotto il profilo delle istituzioni è un fenomeno degno della nostra attenzione e preoccupazione.
Una parte politica consistente pensa di fare a meno del parlamento. Il popolo posto su un falso piedistallo potrebbe governare da solo a suon di referendum.
È la democrazia digitale affidata magicamente a internet che ci farebbe risparmiare un sacco di tempo e di energie. Si preme un tasto, un sì o un no, e l’esercizio della cosiddetta democrazia viene affidato ad un pilota automatico, ne più né meno di quello che accade in altri settori della vita sociale più produttivi della politica.
L’elemento umano è una complicazione che distoglie il pilota automatico.
Con una neutrale valutazione di costi e benefici ogni legge potrebbe vedere la luce forse senza nemmeno il referendum.
La chiamano democrazia diretta. Per noi è l’ultimo stadio del degrado della politica.
Lo sviluppo della tecnologia e la sua diffusione applicata alla politica, al sistema della convivenza comune, impone ai noi monarchici di ripensare le nostre ragioni e difendere, quasi da soli, un patrimonio che è dell’umanità.
L'opinione di Giuseppe Borgioli
Il partito dei competenti
di Giuseppe Borgioli
Una volta si chiamavano ‘tecnici’. Dopo la biasimevole prova del governo di Mario Monti, non si osa più rievocare quella parola, un po’ per il ricordo che ha lasciato un po' per scaramanzia. Oggi si parla di ‘competenti’ dando per scontato che attualmente siamo governati da una banda di ‘incompetenti’. È il piano B che toglie il sonno a chi pensa che non si può lasciare il governo nelle mani di Matteo Salvini che fa di tutto per accreditarsi come il capobanda degli incompetenti. È pronto anche il nome altisonante del “super competente”. Si tratta di persona gradita all’Europa, a questa Europa, ai cosiddetti poteri (e giornali) forti, al mondo della finanza da cui proviene. Ha apparentemente pochi agganci con il passato e potrebbe aprire il capitolo inedito della terza repubblica. C’è un solo guaio: non ha i voti. Non ha i voti nel parlamento dove nessuna alchimia (al contrario di Monti) potrebbe supportarlo. Non ha i voti nel paese dove l’opinione pubblica sembra saldamente orientata verso ciò che viene definito populismo. E allora? Solo lo scenario spesso evocato di una crisi economica e finanziaria potrebbe costituire il retroscena di questa svolta. Senza citare il classico di Curzio Malaparte, sarebbe un colpo di stato bianco senza alcuna violenza, senza la mobilitazione di militari come siamo abituati a vedere in America Latina. L’ Italia, si sa, è un laboratorio di tecniche e innovazioni politiche da esportare nel mondo. Del resto, chi scenderebbe nelle piazze, secondo un’espressione datata, per difendere questa democrazia. Vedremo cosa accadrà dopo le elezioni europee che non serviranno a cambiare l’Europa bensì l’Italia.