Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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L’UMI cresce e si espande
Oggi, 7 marzo 2019, il Presidente Nazionale dell’U.M.I., Avv. Alessandro Sacchi, ha nominato Commissario U.M.I. per Ferrara il Dott. Carlo Giovanni Sangiorgi e Commissario U.M.I. per Venezia il Dott. Gaspare Battistuzzo Cremonini. Ai nuovi dirigenti i migliori auguri dall’U.M.I.!
Il Dott. Carlo Giovanni Sangiorgi, neo commissario U.M.I.Ferrara, con S.A.R.la Principessa Mafalda di Savoia
Il Dott. Gaspare Battistuzzo Cremonini, neo Commissario U.M.I. per Venezia
4 marzo 1848 – 4 marzo 2019: ricordiamo lo Statuto del Regno
di Salvatore Sfrecola
Nel dibattito permanente su attualità e attuazione della Costituzione vogliamo ricordare lo Statuto Albertino, la Carta costituzionale del Regno d’Italia, la tavola dei diritti dello Stato liberale, dotata di straordinaria sobrietà, come fu riconosciuto perfino dal repubblicano Pietro Calamandrei in un discorso pronunciato in Assemblea Costituente il 4 marzo 1947, e come dovrebbero essere tutte le leggi per garantire quel valore di civiltà che è costituito dalla certezza del diritto.
In un mese, dal 3 febbraio al 4 marzo 1848, i collaboratori del Re Carlo Alberto, i ministri e i consulenti tratti dalle magistrature e dal Consiglio di Stato, prendendo spunto dalle costituzioni di impronta liberale che erano state promulgate in Francia nel 1830 ed in Belgio nel 1831, prima predisposero un “proclama reale” che già enunciava in 14 articoli, assai brevi, ed un esteso preambolo la volontà del Sovrano di concedere “un compiuto sistema di governo rappresentativo”, poi stesero lo Statuto, termine che fu preferito a “costituzione” che nell’opinione pubblica borghese evocava avvenimenti rivoluzionari ed eversivi.
In quell’anno 1848, lo Statuto Albertino, l’unico a sopravvivere alla generale dissoluzione delle istituzioni rappresentative della penisola calpestate dalla reazione dei governi illiberali protetti dalle baionette austriache, avrebbe polarizzato negli anni a venire le speranze e le idealità di coloro che aspiravano ad un’Italia unita su base costituzionale e liberale. “Per questo lo Statuto piemontese – ha scritto lo storico del diritto Carlo Ghisalberti (Storia delle costituzioni europee, Classe Unica, Roma, 1964 72) -, rappresentando la costituzione dello Stato destinato a realizzare l’unità nazionale, deve considerarsi sin dal momento della sua emanazione… Il necessario centro della storia costituzionale italiana, testimoniando, anche per il suo carattere di costituzione flessibile, ovvero modificabile con legge ordinaria, una profonda capacità di adeguarsi e di seguire l’evoluzione delle diverse circostanze politiche. Ne fu prova immediata quella trasformazione della monarchia sabauda dalla forma rigidamente costituzionale a quella parlamentare-rappresentativa, pur non prevista dallo Statuto, che nella prassi veniva ad estrinsecarsi del rapporto di fiducia necessariamente intercorrente tra governo e parlamento”.
Lo ricordiamo mentre viene messo in discussione da alcune forze politiche il sistema parlamentare rappresentativo che si vorrebbe sostituire con una irrealizzabile democrazia diretta (che non ci fu, nella realtà, neppure nella polis greca) destinata ad attribuire il potere decisionale a ristretti gruppi consultati con strumenti informatici.
Sulla base dell’esperienza statutaria vogliamo, dunque, non solo ricordare i diritti fondamentali di libertà, civile, politica ed economica, in gran parte rifluiti nell’attuale Costituzione, ma anche riaffermare la centralità del Parlamento come espressione della sovranità popolare esercitata attraverso un sistema elettorale nel quale il cittadino sia chiamato ad individuare chi lo rappresenta attraverso il voto di preferenza in una lista o in un collegio uninominale, come insegna il Regno Unito, la più antica democrazia parlamentare, datata 1215.
Chi crede nei valori della democrazia liberale consacrata dallo Statuto Albertino deve sentirsi oggi più che mai mobilitato a partecipare al dibattito sulle riforme costituzionali troppo spesso formulate ignorando la storia e la realtà del Paese sull’onda di suggestioni, sentimenti o interessi destinati a vita breve, come è accaduto con la proposta di revisione costituzionale bocciata senza appello dagli italiani il 4 dicembre 2016.
Perugia: domenica 17 marzo 2019
Domenica 17 marzo 2019, alle ore 11.30, presso la chiesa di San Filippo Neri, via della Stella, in Perugia, sarà officiata una Santa Messa in suffragio di
S.M. il Re Umberto II
Per informazioni contattare:
Rag. Maurizio Ceccotti, Presidente Regionale U.M.I. Umbria, 3886184738
Cav. Massimo Bindella, Presidente Provinciale UMI Perugia, 3471832858
L'opinione di Giuseppe Borgioli
RE E POPOLO
di Giuseppe Borgioli
Indro Montanelli che (come Eugenio Scalfari) aveva votato Monarchia al referendum e non ne faceva mistero si professava monarchico e anarchico insieme- Quella che sembrava una boutade o una licenza poetica era per me una dichiarazione ideale abbastanza comprensibile. Sono nato e vissuto a Carrara una piccola enclave anarchica e qui ho ricevuto la mia prima educazione politica e sentimentale. Tanto che potrei fare mie le parole di Montanelli
Gli anarchici che ho conosciuto, quelli storici, non avevano il culto della democrazia e dei principi dell’89 che consideravano una mistificazione borghese. Pensavano che ogni uomo è Re. Osteggiavano e negavano l’istituzione Monarchica con le conclusioni che ben conosciamo.
Oggi invece siamo tutti democratici. Ma le conseguenze della “ideologia” totalitaria della democrazia, o meglio del democratismo, ci ha portati alla deriva della nostra vita politica e morale.
Tutti ambiscono a comandare, tutti rivendicano diritti, tutti dicono la loro su tutto senza rispettare alcuna autorità.
Questo è il caos. Come nei talk show televisivi le voci scomposte degli uni si sovrappongono alle urla degli altri. Tutti serbano nel cassetto le ricetta politica ed economica per risolvere i nostri problemi. Gli unici che tacciono o lanciano messaggi contraddittori sono coloro che sarebbero chiamati a governare. Governare vuol dire scegliere: Sbagliare ma scegliere-
Colui che è risultato vincente nelle primarie del partito democratico Nicola Zingaretti viene da un entroterra comunista DOC e dà l’impressione in chiave polemica di scegliere tutto ciò che il governo rifiuta o rinvia. Alla confusione si aggiunge nuova confusione.
Si parla con accenti critici del populismo dilagante ma stentiamo a intravedere il popolo.
Abbattuta (con il dolo) la figura del Re scompare inesorabilmente anche il ruolo del popolo. Rimane il suo simulacro del populismo.
Non è solo questione di parole Il Re incarna uno stile di comportamento che dà forma alle istituzioni, e alla vitalità e libertà di un popolo.