Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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Comunicato stampa del 28 novembre 2022
La Regina Elena, dama della carità, sia sepolta al Pantheon dove riposano i sovrani d’Italia
Vittima di un esilio ingiusto, ignoto ai paesi civili, 70 anni fa moriva in terra di Francia Elena di Savoia, Regina d’Italia, Regina della carità, come la riconoscevano gli italiani di ogni credo politico, grande figura di sovrana cattolica, di moglie e di madre che il Nazismo privò dell’amata figlia Mafalda, morta in campo di concentramento a Buchenwald. Per le Sue opere di beneficenza il Sommo Pontefice Pio XI la definì “Signora della carità benefica” e la insignì della “Rosa d’oro” della Cristianità. È considerata Serva di Dio dalla Chiesa cattolica.
È sepolta nel Santuario di Vicoforte, insieme al marito Re Vittorio Emanuele III, in attesa di trovare la sua giusta collocazione a Roma, nel Pantheon, dove riposano i Sovrani d’Italia.
L’Unione Monarchica Italiana ricorda a quanti hanno senso di giustizia e di cristiana pietà che il rispetto della storia è parte essenziale della nostra identità nazionale e si appella a quanti ne hanno facoltà perché Elena di Savoia sia sepolta a Roma.
Roma, 28 novembre 2022
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi
IN CITTÀ SABATO SCORSO L'AVV. ALESSANDRO SACCHI, PRESIDENTE DELL'UNIONE MONARCHICA ITALIANA
di Francesco Saverio Pasquetti
( tratto da: IN CITTÀ SABATO SCORSO L'AVV. ALESSANDRO SACCHI, PRESIDENTE DELL'UNIONE MONARCHICA ITALIANA | FORMAT RIETI )Una lettura diversa della storia italiana, dal 1848 sino ai giorni nostri. Questo è stato il senso dell'incontro, introdotto dal saluto ai presenti del presidente del consiglio comunale Claudio Valentini, di sabato mattina presso la sala consiliare del comune e di cui si è fatto promotore il consigliere comunale Alessio Angelucci. Da sempre appassionato nello studio e nell'approfondimento delle tradizioni monarchiche internazionali ed europee in particolare, Angelucci ha invitato l'avv. Alessandro Sacchi, attuale presidente nazionale dell'U.M.I. - Unione Monarchica Italiana – associazione che oggi conta più di 80.000 iscritti, a tenere un'interessante dissertazione che ha visto coinvolta, fra i numerosi presenti, una seconda liceo del ginnasio “Marco Terenzio Varrone” cittadino. Sacchi, Avvocato civilista, è nato a Napoli, dove vive e lavora e dal 2012 è presidente dell'U.M.I.. Da allora gira l'Italia al fine di sostenere un visione “altra” della storia nazionale ed, in particolare, di quella unitaria, assegnando nella sua lettura storica notevoli meriti alla dinastia Savoia. Da operatore del diritto (“quali siamo noi avvocati – ci tiene a precisare, nicchiando – i giuristi sono i magistrati”) il punto di partenza è quello dei moti rivoluzionari della prima metà dell'800 e la concessione, da parte di quelle che vennero definite “monarchie illuminate”, dei vari statuti sparsi per mezza europa. Fra essi, lo statuto albertino, che i Savoia – a differenza delle altre monarchie, che poi li revocarono in blocco - difesero strenuamente nonostante la debacle della battaglia di Novara del 1848 e la richiesta esplicita dell'Austria all'allora re Vittorio Emanuele II di abrogarla. Da lì al 1861, il passo è breve: senza citare il conte di Cavour – convitato di pietra da sempre ritenuto fautore fondamentale del processo unitario – Sacchi pone l'accento sulla figura di Garibaldi, sul suo straordinario carisma, sulle sue capacità militari (“Lincoln lo contattò per affidargli l'esercito nella guerra civile contro i Confederati, ma egli rifiutò: <<la mia spada serve all'Italia>> disse”; così, in un inciso, Sacchi). Un personaggio in grado, su incarico della monarchia sabauda, dopo soli 13 anni dalla disfatta novarese di dare un apporto decisivo a quel processo unitario che dovette tuttavia attendere la disfatta francese nella guerra con la Prussia del 1871 per conoscere la presa di Roma e la designazione della città eterna quale capitale d' Italia. L'affascinante excursus condotto con istrionica abilita oratoria dal presidente Sacchi si arricchisce così di aneddoti per larga parte inediti circa il prosieguo di un iter di unificazione che, a detta dell'avvocato partenopeo, conosce con la Grande Guerra il suo definitivo completamento, dovuto in gran parte alla scelta coraggiosa dell'allora monarca sabaudo di affidare il proprio esercito ad un generale napoletano quale Armando Diaz. Questi conduce il paese alla vittoria, quella che oggi “purtroppo non è più festeggiata” - aggiunge con amarezza Sacchi, ponendo l'accento sul 4 novembre quale data veramente unitiva per tutti gli italiani, per poi aggiungere: “strano paese, il nostro: uno straniero che giunge oggi da noi potrebbe arrivare alla conclusione che l'Italia abbia perso la prima guerra mondiale e vinto la prima!”. I momenti più controversi, incalzato anche da alcune domande sul tema, giungono sul rapporto con il fascismo e con Mussolini, con particolare riferimento alla marcia su Roma, alle leggi razziali e all'8 settembre. Gioca sulla difensiva, Sacchi, tornando nell'occasione con abilità “forense” a parlare dello statuto albertino all'epoca vigente ed alla sua natura giuridica “flessibile” più volte modificata soprattutto durante il Ventennio e questo - evidenzia - a svantaggio delle facoltà dei regnanti. Poi l'affondo più ficcante, quello sul referendum “monarchia – repubblica”, per il presidente UMI vinto in realtà dalla prima sulla seconda ma "manovrato" affinchè il risultato fosse esattamente l'opposto. “E se avesse vinto la monarchia” - domanda qualcuno - “cosa sarebbe cambiato?”. “Moltissimo”, sostiene Sacchi, riprendendo al proposito numerosi esempi che dall'ultimo conflitto ad oggi hanno riguardato il ruolo delle monarchie europee nei rispettivi paesi. Gli esempi hanno toccato i regnanti olandesi, quelli belgi (“il Belgio è stato due anni senza governo, ma nessuno si è preoccuparo perchè il re era il garante delle istituzioni” dice), la Spagna ed, infine, la dinastia britannica, con l'inevitabile omaggio ad Elisabetta II, autentico gigante, ha sottolineato, della storia europea e mondiale degli ultimi settant'anni. E qui, sul ruolo del monarca, l'ultimo affondo al sistema “repubblica” italiano: “a noi – ha concluso Sacchi – manca quel ruolo di arbitro imparziale e di prestigio che i regnanti esercitano nelle altre monarchie istituzionali e che a noi non appartiene, visto che il nostro “presidente / arbitro” è comunque, inevitabilmente espressione di una parte politica e di una maggioranza parlamentare, per quanto ampia e qualificata”.
Comunicato stampa del 22 Novembre 2022
Week end di spessore quello che si è appena concluso a Rieti, dove da poco è presente un nuovo coordinamento dell'UMI che tanta attenzione sta suscitando in Città e Provincia. Il Presidente Sacchi, in visita ufficiale, ha tenuto una straordinaria lectio magistralis sulla storia dell'Italia dal Risorgimento al Referendum Costituzionale del 1946. Presenti il Presidente del consiglio comunale di Rieti Dott. Claudio Valentini, del Vice Presidente e commissario UMI Rieti Prof. Alessio Angelucci, all'interno di una Sala Consiliare dove si è tenuto l'incontro, con un pieno di cittadini ed anche una classe del prestigioso Liceo Classico Varrone. Segnale che l'approfondimento storico rimane il cardine sul quale far crescere e sviluppare una nuova generazione di consapevolezza. Presto in calendario nuovi e ricchi appuntamenti che saranno un crescendo di partecipazione.
Il Presidente Nazionale, Avv. Alessandro Sacchi
Commissario UMI Rieti, Prof. Alessio Angelucci
Presidente del Consiglio Comunale di Rieti, Dott. Claudio Valentini
Da La Verità del 20 novembre 2022: La “moral suasion” a corrente alternata di Mattarella
di Salvatore Sfrecola
Sembra che il Presidente della Repubblica abbia ritenuto che l’innalzamento del tetto all’uso del contante da 1.000 a 5.000 euro, contenuto nel decreto-legge “aiuti-quater”, non rispondesse ai requisiti di “necessità e d’urgenza” previsti dall’art. 77 della Costituzione quando il Governo ricorre a provvedimenti provvisori “con forza di legge”. È vero che la norma costituzionale precisa che il Governo “adotta” il decreto “sotto la sua responsabilità”, ma poiché lo stesso assume la forma di un decreto presidenziale il Capo dello Stato, che lo “emana” (art. 87), esercita sul testo un controllo di legittimità costituzionale, in particolare sulla verifica dei requisiti della necessità ed urgenza. Il controllo avviene, di regola, informalmente nella fase di predisposizione del decreto in un confronto tra gli uffici di Palazzo Chigi e del Quirinale, con la conseguenza che se il Presidente dissente da una norma e questa viene espunta dalla bozza predisposta dalla Presidenza del Consiglio, nel linguaggio curiale si dice che il Capo dello Stato ha esercitato una moral suasion. Cioè ha convinto senza polemica.
L’esperienza insegna che nel caso dei requisiti di “necessità e d’urgenza” il limite della conformità al dettato costituzionale è, in alcuni casi, estremamente labile. Tanto che, nella specie, si può dire che in un contesto di difficoltà economiche e sociali la necessità e l’urgenza potevano esserci essendo il Governo impegnato a favorire i consumi, assicurando maggiori disponibilità nelle tasche dei cittadini, anche in vista delle festività di Natale e Capodanno, consumi che naturalmente determinano una ricaduta positiva sulle produzioni e sulle entrate fiscali, in ragione dell’iva sugli acquisti. E se è vero che la modifica alle limitazioni all’uso del contante, nell’ipotesi del Governo, era prevista dal 1° gennaio 2023, è ragionevole pensare che la conoscenza del provvedimento avrebbe dato ai cittadini il senso di un “permesso” a spendere, da esercitare fin dai prossimi giorni.
Pertanto, secondo Marzio Breda, noto quirinalista, che ne ha scritto sul Corriere della Sera, la questione è “di forma e non di sostanza”. Non era di forma, invece, la questione, che gli uffici del Quirinale non hanno evidentemente segnalato al Capo dello Stato perché esercitasse la sua moral suasion, in quanto “estremo tutore e garante delle regole”, nel linguaggio di Breda, quando il governo Conte, con l’art. 21 del decreto-legge n. 76 del 2020, ha bloccato la giurisdizione della Corte dei conti in materia di “danno erariale” in un momento nel quale dilagava sui giornali la polemica su acquisti incauti di pubblici amministratori e funzionari, dalle mascherine comprate a prezzi esosi ai banchi con le rotelle rimasti inutilizzati. Esempi di scuola di pregiudizi causati ai bilanci pubblici, quantomeno con colpa grave, per l’evidente spreco di risorse pubbliche rilevanti. Va detto ancora che quella esclusione dell’azione risarcitoria è stata successivamente prorogata, ed è ancora attuale, nel silenzio del Colle più alto.