Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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Elezioni 2022, Alessandro Sacchi (Umi): “Non rimarremo fuori dal dibattito politico, la nostra è un’associazione apartitica ma politica”
Il Giornale d’Italia ha incontrato il Presidente dell’Unione Monarchica Italiana, per un’intervista a tutto tonda tra attualità e politica
Di Aldo Snello
13 Agosto 2022
In una Repubblica che da vent’anni vive di scossoni, di elezioni richieste a gran voce ma che non hanno luogo, di una classe politica delegittimata e soppiantata dai tecnici, c’è chi si batte per un’alternativa: la Monarchia. Non in modalità nostalgia, ma come proposta istituzionale per il futuro, soprattutto in vista delle elezioni del 25 settembre.
Da presidente dell’Unione Monarchica Italiana, come si approccerà alle prossime elezioni del 25 settembre?
«Le prossime elezioni sono state fissate, non credo per caso, in un periodo complicato per andare a votare. Settembre è un mese “cerniera” tra le ferie estive e la ripresa delle attività, quindi queste elezioni si preannunciano con le oggettive difficoltà riscontrabili in una campagna elettorale sotto gli ombrelloni. Io, da presidente dell’Unione Monarchica italiana e da cittadino italiano, guardo alle prossime elezioni con attenzione ai programmi, consapevolezza e serietà, e coerenza, dove riscontrabile.»
L’UMI starà nel centrodestra o nel centrosinistra?
«L’Unione Monarchica Italiana sin dalla fondazione nel 1944, ha tenuto una posizione equidistante dai partiti e dagli schieramenti. Certo, sosterremo candidati, in tutte le liste, vicini alle nostre istanze, o dichiaratamente monarchici, come è sempre avvenuto.»
Avete avuto modo d’incontrare qualche esponente politico per esporgli le vostre idee?
«Molti parlamentari ed anche alcuni esponenti del governo. Ho trovato cordialità e disponibilità, ma nessuno, finora, ha manifestato sensibilità nei confronti dell’Art. 139 della Costituzione che, blindando la forma repubblicana, rende improponibile la questione istituzionale, comprimendo la sovranità popolare, peraltro solennemente enunciata nell’Art.1.»
Resterete fuori dalla politica o darete il vostro apporto in maniera palese?
«Non rimarremo fuori dal dibattito politico, la nostra è un’associazione apartitica ma politica.»
Quali sono le vostre aspettative sul prossimo governo?
«Sono ancora in attesa di leggere programmi. Fino ad ora ho letto di accordi elettorali tra soggetti assolutamente disomogenei, al solo scopo, spesso malcelato, di conservare una poltrona. Non ho sentito parlare, in maniera programmatica, di lavoro, pensioni, giovani, sicurezza.»
A stretto giro o nel medio termine, ci saranno manifestazioni o incontri dell’UMI?
«Naturalmente sì. Oltre alle nostre iniziative on line, inaugurate in tempo di pandemia, io sarò in autunno certamente in Puglia, in Umbria, Brescia, Rieti e Palermo.»
Un ritorno alla monarchia è ancora possibile?
«Non solo è possibile, ma auspicabile. I giovani e giovanissimi navigano su Internet, e viaggi e comunicazioni sono molto più praticabili anche rispetto al recente passato. E’ molto facile valutare la figura del Capo dello Stato di una Monarchia estera, in un regime parlamentare, e non solo ricordando il recente Giubileo di Elisabetta II, soprattutto paragonandolo alla rielezione del Presidente Mattarella, che ha attraversato Roma deserta, con una modestissima partecipazione, soprattutto di turisti stranieri. La evidente comparazione è tra un soggetto scelto dalle parti in una parte, ed un arbitro terzo ed imparziale.»
Corrono voci di una sua candidatura. I più informati azzardano per la Lega.
«L’ho sentito anch’io.»
Orrore!
di Salvatore Sfrecola
( tratto da: Orrore! | Un sogno Italiano )Orrore. Certamente per l’aggressione gratuita e brutale fino alla morte ad uno straniero, un nigeriano che sbarcava il lunario offrendo lungo le strade di Civitanova Marche pacchettini di fazzoletti ed accendini, e che forse ha avuto l’unico “torto” di insistere nel sollecitare un’elemosina, nel chiedere una moneta, un aiuto per la propria famiglia.
Orrore per la violenza perpetrata con particolare efferatezza, col bastone della stessa vittima che lo usava per sorreggersi. Orrore, dunque, per l’aggressione di una persona debole, che non ha potuto difendersi mentre l’omicida, non contento di averlo ripetutamente percosso, lo ha agguantato alla gola per spegnere le sue grida di aiuto e, insieme, il respiro vitale. E potremmo ancora a lungo diffonderci sulla barbarie che questa aggressione ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica, anche se accertassimo che l’aggressore fosse effettivamente, come si è sentito dire, affetto da noti e pregressi disturbi mentali. Un orrore lungo quattro minuti, filmato dai presenti con i telefonini, quasi che la sofferenza e la violenza fossero un episodio di cronaca da conservare ed esibire.
Orrore nell’orrore. Perché i presenti non hanno fatto nulla per frenare la violenza, per intervenire, magari con delle urla per richiamare soccorsi. Posso capire il timore di esporsi fisicamente. Abbiamo tutti a mente episodi nei quali volonterosi intervenuti a dividere due contendenti sono stati, a loro volta, aggrediti subendo lesioni gravi. Vorrei poter credere che, non essendo capaci di opporsi fisicamente alla violenza, coloro che hanno filmato l’aggressione lo abbiano fatto per mettere a disposizione delle Forze dell’Ordine la prova del reato e consentire l’accertamento delle responsabilità.
Mi auguro che sia così. Eppure, la prima sensazione è stata quella del disgusto per il disinteresse mostrato nei confronti dell’aggredito, per una mancanza di pietà che non appartiene alla nostra civiltà che, invece, si gloria sovente di ritenere che l’aiuto ai deboli è un dovere morale, che fa parte del nostro modo di pensare, di quella che chiamiamo identità e che spesso richiamiamo, a ragione, per dire che gli altri, anche coloro che vengono in Italia da lontano, devono rispettarla.
L’ambulante nigeriano era un nostro ospite e noi avremmo dovuto sentire il dovere di difenderlo per dimostrare a tutti e al mondo che siamo gli eredi della civiltà del diritto, quella che per prima ha individuato la rilevanza giuridica del concetto di “persona”, poi irrobustita dall’insegnamento cristiano, che si identifica nel “buon Samaritano” variamente interpretato nel tempo dal Cavaliere medievale, tenuto a difendere i deboli, o dai santi della carità, da Camillo de Lellis a Madre Teresa.
Infine, l’orrore non ha sollecitato solamente pensieri di pietà per la vittima e condanna per l’aggressore. Infatti, c’è stato chi si è inserito nel clima preelettorale per agitare lo spettro del razzismo, una merce avariata nel dibattito politico, se non altro per gli effetti che può produrre in un contesto nel quale la presenza di un numero crescente di immigrati privi di fonti di sostentamento crea naturalmente problemi di sicurezza che possono in alcuni contesti rendere difficile la convivenza. Gettare benzina sul fuoco, da qualunque parte provenga, non è un buon servizio reso alla comunità.
Quell'antico legame tra le mafie ed i separatismi
Sindona, i boss e la Sicilia agli americani: il golpe "dimenticato"
Secondo alcuni collaboratori di giustizia, nel 1979 Michele Sindona giunse in Sicilia sia per orchestrare un finto rapimento ai suoi danni ad opera di fantomatici terroristi sia per organizzare, insieme alla Mafia, un golpe che avrebbe portato l'Isola ad essere il 51enismo stato degli USA. A tal proposito, l'allora "uomo d'onore" e poi "pentito" Angelo Siino (noto come "ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra") fu inviato in Calabria, nei pressi di Locri, e poi sul Monte Soro, nel messinese, per preparare il sabotaggio a due grandi antenne ivi installate, così da interrompere i collegamenti tra la Sicilia e il resto del Paese.
Il disegno dei boss non si basava, si faccia attenzione, su un ideale politico o di qualsiasi altra natura, bensì sulla mera convenienza. Le organizzazioni mafiose meridionali hanno infatti sempre sostenuto e finanziato i progetti separatisti (il MIS apriliano aveva tra i suoi iscritti Buscetta, Calò, Liggio ed altri), in virtù del fatto che singole porzioni territoriali, autonome e con un retroterra culturale già abituato a certe consorterie, sarebbero state più facili da gestire senza l'interferenza di uno Stato unitario con a disposizione molti più uomini, mezzi e risorse economiche di altro genere. Stessa cosa valeva per uno Stato lontano geograficamente, e di fatto estraneo, come sarebbero stati gli USA.
Approfondimento: la Mafia e l'annessione agli USA, quarant'anni prima
All'indomani dello sbarco anglo-americano in Sicilia, prese forma un vasto e variegato movimento antinazionale alimentato dal malcontento verso lo Stato dopo la tragedia della dittatura, della guerra guerra ed a causa di alcune mistificazioni sull'operato (ineccepibile e responsabile sotto i profili morale, politico e giuridico) di Vittorio Emanuele III e del Presidente del Consiglio dei ministri del Regno, Pietro Badoglio (la cosiddetta “Fuga di Pescara”, altrimenti nota come “Fuga di Ortona” , “Fuga di Brindisi” o “Fuga di Bari”) . Gli Stati Uniti, terra da sempre idealizzata e vagheggiata anche in virtù di un arsenale cinematografico alterante i contorni e la fisionomia istologica del reale, divennero il polo di attrazione delle speranza e delle aspettative di una comunità stremata e in preda al caos; Washington seppe allora cogliere la palla al balzo, organizzando il movimento separatista nel MIS (Movimento per l'Indipendenza della Sicilia) con a capo Andrea Finocchiaro Aprile (l'uomo dalle tre dita) e, addirittura, un suo braccio militare, capitanato dal bandito Salvatore Giuliano. La Mafia fu l'atomo primo di questo velleitarismo autonomista e della sua trama progettuale, quando si reintrodusse, grazie gli Alleati che aveva agevolato nello sbarco, alla guida di numerosi municipi della regione (Calogero “Don Calò” Vizzini fu addirittura sindaco del suo paese). Lo scopo che Cosa Nostra si prefiggeva, soffiando sul vento antitaliano, era quello di ritrovarsi padrona del territorio (quale Stato indipendente o come parte di una nazione lontana migliaia di chilometri e quindi impossibilitata, si è già detto, ad un gestione diretta della cosa pubblica), com'era avvenuto dagli Angiò fino all'arrivo del Prefetto Cesare Mori, in epcoca unitaria. D'altro canto anche la Camorra era stata libera di sguazzare nelle miserie della popolazione campana fino all'introduzione della "Legge Pica" (1863), il primo tentativo di contrasto alle mafie istituzionalmente organizzato (tra l'altro, la "Legge Pica" offriva ai briganti una serie di garanzie impensabili sotto il regno delle Due Sicilie).
Davide Simone (storiografo, giornalista, consulente di comunicazione)