Lo straordinario concorso di popolo, di tutte le età ed etnie che, con dolore composto e silenzioso, ha accompagnato le esequie della regina Elisabetta II, esempio di pubblico servizio allo Stato, ha dimostrato al mondo intero, attraverso l’ossequio alla Sovrana, la vasta condivisione del ruolo della monarchia costituzionale capace, ad un tempo, di incarnare l’identità di un popolo, la sua storia e le sue tradizioni, essenziale in tempi di globalizzazione, e di garantire una vera separazione dei poteri, presidio di libertà e democrazia.
Nella ritrosia di giornali e televisioni a riconoscere che le monarchie, sottraendo il Capo dello Stato al condizionamento dei partiti che in Repubblica lo eleggono, è evidente che la funzione arbitrale del Sovrano consente il libero dispiegarsi del confronto delle forze politiche, come dimostra la celere conclusione della crisi del governo Johnson, a Londra, e la nuova realtà politica svedese, a Stoccolma.
L’Unione Monarchica Italiana (U.M.I.) ritiene che l’esperienza della Regina Elisabetta contribuisca a fornire elementi di riflessione al dibattito, ampiamente condiviso dalle forze politiche italiane, sulle riforme costituzionali, attraverso la verifica della tenuta democratica delle istituzioni della Repubblica, a cominciare dal ruolo e dai poteri del Capo dello Stato, temi sui quali i monarchici sono naturali interlocutori dei partiti, considerato che i principi di libertà ed uguaglianza che sono alla base dei più importanti rapporti civili, etico sociali e politici, come le regole dell’ordinamento dello Stato nell’attuale Costituzione, sono in gran parte tratte dallo Statuto Albertino, la legge fondamentale della Monarchia rappresentativa parlamentare.
Roma, 17 settembre 2022
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi
Sindona, i boss e la Sicilia agli americani: il golpe "dimenticato"
Secondo alcuni collaboratori di giustizia, nel 1979 Michele Sindona giunse in Sicilia sia per orchestrare un finto rapimento ai suoi danni ad opera di fantomatici terroristi sia per organizzare, insieme alla Mafia, un golpe che avrebbe portato l'Isola ad essere il 51enismo stato degli USA. A tal proposito, l'allora "uomo d'onore" e poi "pentito" Angelo Siino (noto come "ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra") fu inviato in Calabria, nei pressi di Locri, e poi sul Monte Soro, nel messinese, per preparare il sabotaggio a due grandi antenne ivi installate, così da interrompere i collegamenti tra la Sicilia e il resto del Paese.
Il disegno dei boss non si basava, si faccia attenzione, su un ideale politico o di qualsiasi altra natura, bensì sulla mera convenienza. Le organizzazioni mafiose meridionali hanno infatti sempre sostenuto e finanziato i progetti separatisti (il MIS apriliano aveva tra i suoi iscritti Buscetta, Calò, Liggio ed altri), in virtù del fatto che singole porzioni territoriali, autonome e con un retroterra culturale già abituato a certe consorterie, sarebbero state più facili da gestire senza l'interferenza di uno Stato unitario con a disposizione molti più uomini, mezzi e risorse economiche di altro genere. Stessa cosa valeva per uno Stato lontano geograficamente, e di fatto estraneo, come sarebbero stati gli USA.
Approfondimento: la Mafia e l'annessione agli USA, quarant'anni prima
All'indomani dello sbarco anglo-americano in Sicilia, prese forma un vasto e variegato movimento antinazionale alimentato dal malcontento verso lo Stato dopo la tragedia della dittatura, della guerra guerra ed a causa di alcune mistificazioni sull'operato (ineccepibile e responsabile sotto i profili morale, politico e giuridico) di Vittorio Emanuele III e del Presidente del Consiglio dei ministri del Regno, Pietro Badoglio (la cosiddetta “Fuga di Pescara”, altrimenti nota come “Fuga di Ortona” , “Fuga di Brindisi” o “Fuga di Bari”) . Gli Stati Uniti, terra da sempre idealizzata e vagheggiata anche in virtù di un arsenale cinematografico alterante i contorni e la fisionomia istologica del reale, divennero il polo di attrazione delle speranza e delle aspettative di una comunità stremata e in preda al caos; Washington seppe allora cogliere la palla al balzo, organizzando il movimento separatista nel MIS (Movimento per l'Indipendenza della Sicilia) con a capo Andrea Finocchiaro Aprile (l'uomo dalle tre dita) e, addirittura, un suo braccio militare, capitanato dal bandito Salvatore Giuliano. La Mafia fu l'atomo primo di questo velleitarismo autonomista e della sua trama progettuale, quando si reintrodusse, grazie gli Alleati che aveva agevolato nello sbarco, alla guida di numerosi municipi della regione (Calogero “Don Calò” Vizzini fu addirittura sindaco del suo paese). Lo scopo che Cosa Nostra si prefiggeva, soffiando sul vento antitaliano, era quello di ritrovarsi padrona del territorio (quale Stato indipendente o come parte di una nazione lontana migliaia di chilometri e quindi impossibilitata, si è già detto, ad un gestione diretta della cosa pubblica), com'era avvenuto dagli Angiò fino all'arrivo del Prefetto Cesare Mori, in epcoca unitaria. D'altro canto anche la Camorra era stata libera di sguazzare nelle miserie della popolazione campana fino all'introduzione della "Legge Pica" (1863), il primo tentativo di contrasto alle mafie istituzionalmente organizzato (tra l'altro, la "Legge Pica" offriva ai briganti una serie di garanzie impensabili sotto il regno delle Due Sicilie).
Davide Simone (storiografo, giornalista, consulente di comunicazione)
Oggi, 13 luglio 2022, il Presidente Nazionale dell’U.M.I., Avv. Alessandro Sacchi, ha nominato il Prof. Alessio Angelucci Commissario Provinciale di Rieti dell’Associazione.
Alessio Angelucci, classe 1985, è Docente di Religione nella Scuola Secondaria e attualmente Consigliere Provinciale in Rieti e Presidente della IV Commissione Permanente - Controllo Garanzia, e Consigliere Capogruppo presso il Comune di Rieti con incarico di Vice Presidente del Consiglio.
Appassionato di Teatro vernacolare è autore di numerosi testi rappresentanti anche all'estero.
Sposato con Martina è padre di due bambine, Mariasole e Caterina.
Al Prof. Angelucci i migliori auguri di buon lavoro dall’Unione Monarchica Italiana
Il Prof. Alessio Angelucci
di Salvatore Sfrecola
( tratto da: Boris Johnson e Mario Draghi: una crisi di governo ed una quasi crisi. Una Repubblica da cambiare | Un sogno Italiano)
“Draghi cerca l’aiuto di Mattarella per fermare la quasi crisi di governo”. Così titola Il Domani e immediato è il confronto con un’altra crisi di governo, quella che vive il Regno Unito dopo le dimissioni di Boris Johnson. A Londra il Primo Ministro appena avuto sentore della crisi del Gabinetto, resa evidente dalle dimissioni di alcuni ministri, non avrebbe mai pensato di recarsi dalla Regina Elisabetta per chiedere aiuto. Una diversità che deve far riflettere.
Sulle rive del Tamigi il Governo vive del consenso del partito che ha ottenuto la maggioranza nelle elezioni e il leader del partito è naturalmente il Primo Ministro. Il Sovrano, oggi Elisabetta II, ha un ruolo notarile, prende atto che un certo parlamentare è il capo del partito di maggioranza e gli conferisce l’incarico di formare il governo. Consulta anche l’opposizione che ha un suo statuto. Un esempio di vera democrazia in uno stato nel quale la divisione dei poteri è attuata da secoli. Non a caso il Barone di Montesquieu ha scritto l’Esprit des Lois, dove teorizza la distinzione dei poteri, osservando quali sono in Inghilterra i rapporti tra Sovrano, Governo e Parlamento.
Il Sovrano incarna storia e diritto del Regno Unito e rimane rigorosamente al di fuori delle beghe di partito e dei confronti in Parlamento. È un notaio autorevole proprio per questo ruolo arbitrale che con la sua presenza assicura la continuità della democrazia liberale, mai messa in discussione dai partiti non interessati al ruolo di Capo dello Stato.
Immediato il confronto con il nostro ordinamento che riconosce al Presidente della Repubblica molteplici attribuzioni che ne fanno l’ago della bilancia nello svolgimento degli eventi politici che, in qualche modo, condiziona con le sue scelte. Prima tra tutte quelle di interpretare l’orientamento dell’elettorato quando ritenga che sia cambiato rispetto alla composizione del Parlamento eletto. A Londra è il Primo Ministro che chiede alla Regina lo scioglimento della Camera dei Comuni sulla base di una valutazione politica che porti a considerare necessario sentire gli umori dell’elettorato. Ed è una responsabilità esclusiva del partito di maggioranza.
A Roma, i partiti che ritengono di essere avvantaggiati dall’andamento dell’opinione pubblica possono chiedere al Presidente di sciogliere le Camere – e difatti lo hanno chiesto ripetutamente – ma la decisione appartiene ad una scelta insindacabile del Capo dello Stato il quale, diversamente dal Sovrano inglese, è espressione di una parte politica, quella che lo ha eletto e della quale ha fatto parte per lunghi anni. È un fatto implicito nel sistema italiano. Ed è evidente che nessun Presidente danneggerebbe la propria parte politica sciogliendo le Camere nel momento in cui chi richiede il ricorso alle urne è espressione di altro orientamento.
Ci piace questo sistema costituzionale? No, a me non piace. Vorrei un Capo dello Stato veramente espressione dell’unità nazionale, arbitro del dispiegarsi del confronto tra i partiti. Tuttavia, non basta un Re al posto di un Presidente. A fare la differenza è la legge elettorale che dà saldezza ai gruppi parlamentari formati di eletti, non nominati, come accade oggi in Italia dove un illustre sconosciuto può varcare il portone di Montecitorio o di Palazzo Madama solo che un partito lo collochi in buona posizione in un collegio nel quale ottiene voti. Non sostenuti dal consenso degli elettori, deputati e senatori sono alla mercè delle segreterie di partito che li scelgono. È un sistema che mortifica il principio di rappresentanza, non può funzionare a lungo, rende incerte le maggioranze ed instabili i governi.
Come ben sappiamo.
( tratto da: Pistoia, lo Scientifico non cambia nome - Reportpistoia)
PISTOIA – Il liceo scientifico Amedeo di Savoia duca d’Aosta non cambierà il nome. Il Consiglio di Istituto avrebbe espresso parere contrario rispetto alla decisione del Collegio il 30 giugno. La notizia, commentata da Anpi in un comunicato stampa, è stata confermata a Reportpistoia da fonti interne alla scuola. L’istituto comunque non ha rilasciato dichiarazioni in proposito. L’Anpi scrive:” Dispiace che l’organo collegiale rappresentativo dell’intera comunità del Liceo Scientifico, il 30 giugno scorso, dopo 76 anni, non abbia voluto cogliere l’occasione per correggere, con un voto unanime, una delle contraddizioni della storia repubblicana”. “In uno Stato democratico che avesse scelto di fare i conti con il proprio passato totalitario e coloniale, il nome di Amedeo di Savoia sarebbe stato tolto immediatamente dalla facciata del Liceo Scientifico di Pistoia, come da molte altre scuole, strade e piazze d’Italia, e sostituito con altri nomi più rispondenti ai principi fondativi della Repubblica, valori che nella Costituzione si contrappongono ai miti bellicisti e coloniali del fascismo. La sostituzione di quel nome, ieri ed oggi, non doveva essere una scelta di parte, tanto meno motivata da intenti propagandistici e di speculazione ideologica, bensì avrebbe dovuto essere condivisa in virtù della comune adesione ai valori della Costituzione Repubblicana”.