Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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Comunicato stampa di giovedì 12 maggio 2022
I monarchici mettono in guardia dai pericoli della Repubblica Presidenziale
Di fronte ai ricorrenti entusiasmi per la Repubblica presidenziale, nell’illusione di molti che un Capo dello Stato eletto direttamente dal popolo non sia, in realtà, il candidato scelto dai partiti, l’Unione Monarchica Italiana riafferma la supremazia dello stato parlamentare. In un tale contesto, ove l’elezione dei parlamentari avvenisse sulla base di una legge elettorale maggioritaria su collegi uninominali, le scelte degli elettori premierebbero candidati conosciuti e radicati sul territorio, ciò che oggi i partiti non vogliono e non vorrebbero in una repubblica presidenziale che naturalmente oscura il ruolo delle Camere.
I monarchici italiani ricordano che la monarchia rappresentativa, introdotta dallo Statuto Albertino, nell’assicurare la sovranità del popolo attraverso la Camera elettiva ha garantito all’Italia, nella persona del Re, l’espressione massima del potere indipendente ed arbitrale, estraneo alla logica dei partiti, capace di tutelare le libertà civili, come attesta l’esperienza delle migliori democrazie d’Europa, tutte monarchie parlamentari.
Roma, 12 maggio 2022
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Brevemente e in modo comprensibile per tutti, esamino tre ordinamenti giuridici: quello della Repubblica Italiana, vigente; quello del cessato Regno d'Italia e quello della Real Casa di Savoia.
Per la Repubblica Italiana Vittorio Emanuele di Savoia è un suo cittadino e, come tutti gli altri, gode dei diritti e doveri relativi. La Repubblica non riconosce titoli araldici. Per la Repubblica quindi Vittorio Emanuele è un privato signore, con un cognome famoso.
Per l'ordinamento giuridico del cessato Regno, l'art. 92 del Codice civile afferma: "Per la validità dei matrimoni dei Principi Reali è richiesto l'assenso del Re Imperatore". Vittorio Emanuele non chiese l'assenso al Re, quindi il matrimonio è invalido.
Per l'ordinamento della Dinastia Vittorio Emanuele ne ha violato tutte le norme. Si ricorderà bene che in una delle sue famose lettere, il Re afferma che se anche avesse voluto, egli non poteva mutare le norme della sua Casa.
Ne deriva che nessuno degli ordinamenti suindicati può essere richiamato a favore di Vittorio Emanuele.
Il matrimonio civile fu celebrato senza avvisare nessuno, come egli stesso afferma in un suo libro, a Las Vegas (sono stato a Las Vegas e ho visto come avvengono questi matrimoni), quello religioso in Iran. Il Re ordinò che nessun membro della Casa Reale intervenisse alla cerimonia e così fu.
Cessato il ramo principale della Dinastia, come indicò lo stesso Sovrano in una delle sue lettere sopra citate, la successione passa al ramo Aosta.
Per affermare di essere un principe sabaudo e Capo della Real Casa, intervenuta la Repubblica, ci si può solo richiamare alle norme interne della Dinastia, ma avendole violate tutte, tutti gli atti compiuti da Vittorio Emanuele dopo il matrimonio sono nulli, come non avvenuti. Compreso quello, piuttosto audace, con cui deponeva il Re e si proclamava Vittorio Emanuele IV.
Nulli i titoli alla Signora Ricolfi Doria, quelli al figliolo (non esiste uno scritto del Re che lo indichi principe di Venezia, del resto titolo nobiliare estraneo alla Dinastia).
Insostenibile il richiamo a Tomislavo II. Vi fu una richiesta di designazione da parte di Ante Pavelic e una designazione del Re Imperatore per il Duca di Spoleto. Ma tutto finì lì. Mai e poi mai nel corpus iuris dello Stato Indipendente Croato, da me consultato a Zagabria, vi è un accenno ad un Re e a una Monarchia. Capo dello Stato fu sempre Pavelic.
Il 10 Settembre 1943 Pavelic emetteva la seguente dichiarazione: "Poichè colui che il 18 maggio 1941 fu designato Re di Croazia non ha fatto alcun uso di questa designazione, dichiaro l'offerta e la designazione per lo Stato Indipendente Croato decadute e nulle" (*).
Circa una abdicazione di Aimone, questo lo dice Amoretti, che non fu mai in Croazia, nel suo libro, ma a me non risulta. Non ho trovato nessun documento.
Tutto il resto è discorso giuridicamente irrilevante.
Giulio Vignoli, già prof. di Diritto dell'Unione Europea, Organizzazione Internazionale e Diritto Pubblico Comparato nell'Università di Genova.
(*)G. V. Il Sovrano sconosciutio. Tomislavo II, Mursia.
Comunicato stampa di giovedì 28 aprile 2022
I monarchici denunciano l’ennesimo attacco alla famiglia attraverso la manipolazione dei cognomi
La sentenza della Corte costituzionale non ancora depositata, nota solamente sulla base di un comunicato dell’Ufficio stampa della Consulta, che ha dichiarato “illegittime tutte le norme che attribuiscono automaticamente il cognome del padre” desta non poche perplessità.
A giudizio dell’Unione Monarchica Italiana la pronuncia costituisce una ingerenza fuori da ogni limite e ritegno nella vita privata e costituisce un colpo gravissimo alla identità familiare dell’individuo. Inoltre, in caso di disaccordo tra i genitori, la previsione di una intromissione giudiziaria senza alcuna giustificazione costituisce un autentico esempio di totalitarismo politically correct!
I monarchici italiani, i quali ricordano che nella cultura del nostro Paese la famiglia è una società naturale, ritengono che la continuità dell’albero genealogico, assicurata dal cognome paterno sia una garanzia di identità compatibile con l’acquisizione anche del cognome materno, come previsto in molti ordinamenti. È evidente, invece, che negata la necessità del cognome paterno si nega la stessa famiglia.
Roma, 28.04.2022
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi
Buon viaggio, Donna Assunta
Avrebbe compiuto 101 anni il prossimo 14 luglio Donna Assunta, com’era chiamata familiarmente dagli amici e con rispetto dagli avversari, moglie di Giorgio Almirante, fondatore e leader storico di una destra che con lui e per lui ha saputo avviarsi lungo un percorso non facile attraverso i decenni, da quel 26 dicembre 1946, lontanissimo esordio del Movimento Sociale Italiano, da iniziale partito dei reduci della Repubblica Sociale Italiana a movimento capace di inglobare liberali, monarchici, cattolici tradizionalisti, accomunati dall’amore per la Patria, difensori della identità italiana, fino alla più recente evoluzione di stampo conservatore portata avanti da Giorgia Meloni in Italia ed in Europa.
Scriveranno che è stata la “memoria storica” della Destra Italiana, per aver richiamato costantemente le idee e i propositi del marito, spesso prendendo posizioni nette e coraggiose in tutte le vicende politiche della destra, dalla “svolta” di Fiuggi alla nascita di Alleanza Nazionale e, poi, di Fratelli d’Italia.
Calabrese di nascita ma romana di adozione era ironica e disincantata come sanno esserlo gli abitanti dell’Urbe che nel corso dei secoli ne hanno viste tante che di nulla possono ormai stupirsi.
L’abbiamo vista commuoversi dinanzi al tricolore, anche nella versione risorgimentale, quella che il Re Carlo Alberto diede alle sue truppe quel 23 marzo 1848 quando passarono il Mincio. E fu l’inizio della prima delle guerre d’indipendenza nazionale.
Donna Assunta Almirante