Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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L'opinione di Giuseppe Borgioli
COLPO DI STATO ALLA AMATRICIANA
di Giuseppe Borgioli
Il governo presieduto da Giuseppe Conte ha fatto votare il parlamento per la proroga dell’emergenza COVID al 15 di ottobre prossimo. Perché proprio il 15 di ottobre e non il 17 o il 18 non è dato saperlo! Sappiamo che questa data è il frutto di un compromesso, in barba ai costituzionalisti, che come il professor Michele Ainis hanno trovato il coraggio di far osservare che in base alle regole dell’ordinamento repubblicano questa disposizione non aveva alcuna giustificazione. L’unico risultato - non è sfuggito agli Italiani - è che il governo (e le forze politiche che lo costituiscono) si riservano le mani le mani libere per fare e disfare (e spendere) senza controlli di fatto. Altro che pieni poteri…Saremmo curiosi di sapere se il presidente del consiglio, fine giurista (non sappiamo se questo è motivo di compiacimento o di timore), possa segnalare ai suoi alunni qualche precedente storico. Noi ne abbiamo in mente qualcuno e i nomi non fanno certamente onore alle pretese democratiche dei partiti che hanno votato per questa soluzione. Il parlamento, meglio la maggioranza, che attualmente lo domina, non ha scritto una pagina esaltante. È un vulnus alla democrazia e all’istituto parlamentare. A suo confronto la votazione sulla plausibilità di una simpatica signorina marocchina di essere considerata la nipote di Mubarak è quasi una trovata goliardica. Come può una compagine governativa cadere così in basso? Caligola che nominò senatore il suo cavallo, in un’ottica animalista, ci sembra quasi più apprezzabile. Tempo fa, Gian Paolo Pansa, maestro di paradossi, si ritrovò a riflettere sulla fenomenologia del moderno colpo di stato. Ammettiamolo, abbiamo peccato allora di ingenuità. Al potere, in specie repubblicano, basta poco per cambiare le regole della democrazia. Ego baptizo piscem disse l’ecclesiastico che voleva sottrarsi al divieto della carne nel tempo di quaresima. Come scandalizzarsi se persino il presidente Trump accenna a rinviare le elezioni presidenziali americane. Quando non c’è l’ancoraggio della tradizione, con la T maiuscola, le regole istituzionali stanno strette a tutti. Le regole per i competitori si applicano, per i sodali si interpretano. Il potere tende a fagocitare le garanzie e la resistenza opposta dalle leggi si sbriciola. Sulla pandemia e sul suo uso politico, Giorgio Agaben, uno dei più fini intellettuali italiani, conosciuto per sua militanza a sinistra ha scritto in questi giorni pagine illuminanti proprio sulla libertà, parola desueta in tempo di paura. Vorremmo tranquillizzare il presidente della repubblica sulla libertà di contagiare che mi pare in Italia nessuno assuma coma bandiera. Saremmo più pacificati con noi stessi e le nostre coscienze, se fossimo guidati da reggitori della cosa pubblica altrettanto premurosi e preoccupati per la libertà.
Manca personale nelle Conservatorie dei registri immobiliari. Attenzione ai dati identificativi dell’immobile che acquistate. Potrebbero non essere aggiornati
di Salvatore Sfrecola
Chiunque si reca da un notaio per stipulare un contratto di acquisto di un immobile sa che i dati identificativi, desunti dalla Conservatoria dei registri immobiliari, inseriti nel rogito, devono essere precisi e soprattutto aggiornati, a garanzia del diritto di proprietà che si acquisisce.Senonché, negli ultimi tempi viene segnalato, in alcune realtà, un ridotto funzionamento del Servizio di Pubblicità Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, la cui efficienza è data dalla tempestività dell’aggiornamento dei registri immobiliari, che deve essere assicurata quotidianamente, secondo l’ordine delle note presentate per “trascrizione per iscrizione o per annotazioni” (art. 2678 c.c.), come è avvenuto, senza soluzione di continuità ed “in presenza”, anche durante la fase, anche più acuta, di emergenza del COVID-19. Infatti, l’aggiornamento dei registri immobiliari dà certezza ai diritti nel tempo, secondo un antico principio prior tempore potior in iure, cioè primo nel tempo, primo nel diritto. Con la conseguenza che il compratore deve essere certo che non vi sono altri titoli, “trascrizioni, iscrizioni o annotazioni”, relativi all’immobile, che possano pregiudicare il proprio diritto, magari perché rimasti in sospeso il giorno prima e definiti successivamente, ma in tempi anteriori alla trascrizione del contratto. È per questo motivo che gli adempimenti cui è tenuto il Conservatore dei registri immobiliari non sono differibili, né nella fase allo sportello (front office), nella quale l’Ufficio riceve quotidianamente le richieste di trascrizione e di iscrizione, né nella successiva fase di esame e di valutazione di competenza del Conservatore, ai fini della registrazione di dette formalità (back office), adempimenti che si devono concludere “in giornata”, ciò che pone molto spesso il Conservatore nella difficile posizione di dover assumere una decisione di elevata responsabilità in tempi brevissimi (si pensi all’ipotesi dell’iscrizione di un’ipoteca giudiziale di milioni di euro oppure alla trascrizione di una domanda giudiziale non facilmente inquadrabile tra quelle previste dagli artt. 2652 e 2653 cod. civ.). Ha fatto bene, dunque, il legislatore del 1985 a prevedere che “qualora emergano gravi e fondati dubbi sulla trascrivibilità di un atto o sulla iscrivibilità di una ipoteca, il conservatore, su istanza della parte richiedente, esegue la formalità con riserva” ex art. 2674-bis c.c. È chiaro che per svolgere le attività descritte nei tempi prescritti, le quali solo in parte possono essere svolte da remoto, è necessario l’impegno di un congruo numero di addetti. Cosa che negli ultimi tempi non è stata sempre possibile assicurare nei tempi dovuti (“il registro, alla fine di ciascun giorno, deve essere chiuso… e firmato dal conservatore”, come si legge nell’art. 2680 c.c.). Occorre personale anche per il settore della consultazione dei registri immobiliari. Tale attività può avvenire nella forma più semplice, costituita dalle ispezioni sui registri immobiliari, tesa sia all’esame gratuito della propria posizione immobiliare sia di quella altrui (a pagamento) e sul registro delle comunicazioni di avvenuta estinzione delle obbligazioni, oppure nella forma della certificazione ipotecaria che rilascia il Conservatore nella sua qualità di depositario di pubblici atti a seguito della medesima ispezione, stavolta compiuta dal personale addetto al servizio, oltre che al rilascio delle copie di note e titoli in possesso dell’Ufficio sempre nella veste di pubblico depositario e nei limiti di cui all’art. 2673 c.c.. Se però, per le ispezioni, tale operazione può anche svolgersi in pochi minuti come nel caso di quella riguardante un nominativo per il solo periodo informatizzato o per il registro delle comunicazioni, i tempi possono dilatarsi sensibilmente (fino a diversi giorni) nel caso di certificazioni complesse riguardanti soggetti ed immobili ricadenti, in tutto o in parte, nei periodi non informatizzati e quindi da ricercare ed esaminare con documenti cartacei, quali rubriche dei cognomi, tavole, repertori, ecc… senza considerare la difficoltà di reperire tali documenti, spesso ubicati in edifici e/o sedi diversi. Infine, a sottolineare l’esigenza di una adeguata provvista di personale, va ricordato che l’eventuale errore del Conservatore determina un fatto compiuto, secondo il principio che quel fatto non può considerarsi come non avvenuto (factum infectum fieri nequit, espressione passata al diritto dalle commedie di Plauto) sicché per i danni eventualmente subiti dal terzo lo Stato è chiamato al risarcimento. Insomma, sarebbe il caso che il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate si dessero carico di porre rimedio alle disfunzioni qua e là emerse in un servizio di rilevante interesse pubblico.
Cosa insegna il caso Salvini, tra politica e amministrazione
di Salvatore Sfrecola
( tratto da:https://www.unsognoitaliano.eu/2020/08/01/cosa-insegna-il-caso-salvini-tra-politica-e-amministrazione/)
La vicenda dell’autorizzazione del Senato a processare Matteo Salvini, per attività connesse al suo ruolo di Ministro dell’interno, nel caso Open Armas, la nave spagnola giunta dinanzi alle nostre coste con un carico di clandestini raccolti in acque territoriali di altri paesi, merita un approfondimento sotto due profili, entrambi politici. In primo luogo perché l’Assemblea di Palazzo Madama ha abdicato al suo ruolo di verifica politica della imputazione penale (sequestro di persona ed abuso d’ufficio) sotto il profilo dell’interesse pubblico perseguito dal ministro, nonché sotto il profilo, anch’esso politico, dei rapporti tra La Lega, della quale Salvini è Segretario e l’Amministrazione dell’interno.
Sotto il primo aspetto non c’è dubbio che il Senato avrebbe dovuto valutare l’esistenza di un interesse pubblico, coerente con il programma di governo, nell’azione di contrasto all’immigrazione clandestina, così come posta in essere dal Ministro. Quell’azione non può non implicare la responsabilità politica dell’intero Gabinetto e, in primo luogo, del Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte. Questi, infatti, ai sensi dell’art. 95 della Costituzione “dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri”.
Qualunque osservatore, infatti, avrà avuto la consapevolezza, anche per l’ampio risalto che sulla stampa ha avuto la vicenda di nave Open Arms come in precedenza di nave Diciotti, che l’intero governo fosse a conoscenza di come Il ministro dell’Interno stesse gestendo il caso dei soggetti a bordo della nave Open Armas, battente bandiera spagnola, alla ricerca di un “porto sicuro” nel quale far sbarcare quanti aveva raccolto in mare. È chiaro che, in presenza di notizie di stampa, che riferivano le critiche dell’opposizione quanto al rispetto delle regole sancite dai trattati internazionali sulla salvaguardia della vita umana in mare, il Presidente del consiglio, se non avesse condiviso l’azione del suo ministro, avrebbe dovuto esercitare il suoi poteri di indirizzo e di coordinamento intervenendo direttamente, eventualmente provocando un approfondimento della questione in apposita riunione del Consiglio dei ministri. Non avendolo fatto è evidente che il Presidente del Consiglio ha condiviso le iniziative del suo ministro e nessun altro ministro ha dimostrato di ritenere che fosse necessario, nella sede collegiale propria del Governo, verificare la coerenza dell’azione del Ministro dell’interno rispetto alla politica dell’Esecutivo.
È, pertanto, di palmare evidenza che il Senato, chiamato ad una valutazione politica della richiesta della Magistratura, avrebbe dovuto escludere la responsabilità “politica” del ministro quanto al mancato perseguimento dell’interesse nazionale come espresso nell’indirizzo politico governativo.
Ma c’è un altro profilo che, per altri versi, mi sembra ancora più preoccupante, anche nella prospettiva di una vittoria elettorale del centrodestra e, quindi, dell’assunzione di responsabilità di governo. Mi riferisco al rapporto del Ministro Salvini con l’Amministrazione dell’interno. È mia opinione, infatti, che dalle vicende del contrasto all’immigrazione clandestina via mare emerga in modo molto evidente una inadeguata assistenza dell’Amministrazione al Ministro, non supportato in modo che fosse al riparo da errori politici e giuridici. Il ruolo dei Consiglieri del ministro, di quelli che operano nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione, e dell’Amministrazione in generale, è proprio quello di assistere il Ministro consigliandolo al meglio, aiutandolo a valutare gli effetti politici dei suoi atti politicamente più significativi, e le conseguenze che ne potrebbero derivare sul piano giuridico.
Non è evidentemente accaduto, per due possibili motivi. Forse il Ministro non si è fidato dei suoi collaboratori e pertanto ha fatto di testa propria, oppure Il dialogo con la dirigenza dell’Amministrazione è stato difficile, d
irettamente o, come sempre accade, per il tramite del Capo di gabinetto o di un Consigliere giuridico.
È un problema risalente che ha sempre creato problemi nel Centrodestra. I Ministri, spesso neofiti di incarichi di governo, ritengono, per il solo fatto di essere preposti ad un ministero, di poter ottenere tutto quello che pretendono, indipendentemente da quel che prevedono le leggi e consente l’organizzazione dell’Amministrazione e la sua capacità operativa. Molti ministri ritengono che l’Amministrazione sia loro ostile e che, se viene frapposta una difficoltà questa non è giustificata, come spesso fanno intendere i collaboratori di partito i quali mai si permetterebbero di mettere in dubbio la scelta del Ministro. Avviene, così, che il dialogo tra Ministro e struttura diviene difficile, soprattutto se la dirigenza amministrativa percepisce che il Capo di gabinetto, la voce del ministro verso l’Amministrazione, non gode della completa fiducia dell’esponente politico, perché magari politicamente estraneo alla sua filosofia. I collaboratori sono tecnici ma devono disporre di una sensibilità politica e della capacità di guardare agli effetti dell’azione amministrativa in rapporto al programma di governo. Si è sentito dire da un ministro del governo giallo-verde che il capo di gabinetto gli era stato “imposto”. E non si è neppure vergognato. Chi si fa imporre il Capo di gabinetto non è in condizioni di fare il ministro.
Sfugge, infatti, spesso che l’Amministrazione, i funzionari devono “sopravvivere” al ministro di turno, nel senso che non s’impegnano più di tanto se non c’è tra politica e amministrazione quel feeling che molti politici nel tempo hanno assicurato. E non c’è bisogno di tornare al classico Camillo di Cavour, che aveva una straordinaria capacità politica ed una profonda conoscenza dell’Amministrazione, perché in tempi più recenti ministri come Giulio Andreotti, Amintore Fanfani, Aldo Moro e Giovanni Prandini, per non dire che dei più noti al grande pubblico, hanno ottenuto dall’Amministrazione il massimo possibile di collaborazione. Quei politici conoscevano le regole dell’Amministrazione, fatti e uomini, e sapevano di chi si potevano fidare e ai loro collaboratori la struttura riconosceva prestigio, competenza e senso dello Stato.
Se non c’è questo rapporto è chiaro che i dirigenti si ritraggono, fanno il minimo e magari non fanno presente che alcune cose non si possono fare o non si possono fare in quel modo o in quel momento. E il Ministro naufraga. I dirigenti, come ho detto, che sono “al servizio esclusivo della Nazione” (art. 98 Cost.), devono sopravvivere al ministro di turno e questo significa che non si esporranno mai per non cadere sotto la tagliola del successore, se di altra maggioranza. È anche il motivo per il quale normalmente il Capo di gabinetto è un estraneo all’amministrazione, il più delle volte un magistrato amministrativo, del Consiglio di Stato o della Corte dei conti o un Avvocato dello Stato, che, al termine della collaborazione con un dato ministro, non deve rendere conto ai colleghi di quel che ha o non ha fatto nel ministero.
Salvini non ha avuto consigli adeguati o non li ha seguiti? È in ogni caso quel che ci dice la vicenda che si è malamente conclusa al Senato e che ha riguardato in diversi contesti altri ministri, non solo della Lega, ovviamente, anche se per questi è molto più grave per quel tanto, ma evidentemente insufficiente, di esperienza di governo che vantano nelle regioni e negli enti locali.
Impareranno Salvini ed i suoi? Ne dubito molto. Nel DNA del politico c’è molta arroganza e presunzione e la convinzione che il suffragio elettorale sia un crisma che assicuri autorevolezza. C’è autorità che, se spesa male, danneggia la persona ed il partito che lo ha scelto per quel ruolo.
L'opinione di Giuseppe Borgioli
A CHE SERVE UN RE ?
di Giuseppe Borgioli