Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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L’altro 25 aprile.
di Edoardo Pezzoni Mauri
portavoce del Comitato Edgardo Sogno
Il 22 aprile 1946 l’allora Principe e Luogotenente Generale del Regno d’Italia Umberto di Savoia emanò un decreto legislativo luogotenenziale che recitava “A celebrazione della liberazione del territorio italiano il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”.
Alla liberazione del territorio nazionale concorsero vari soggetti e, se nel meridione l’opera di liberazione avvenne esclusivamente grazie alle truppe Alleate, nel nord d’Italia a essa contribuirono significativamente molti italiani, dai più svariati orientamenti politici, i quali, consci della necessità di partecipare alla rinascita della Patria morale, iniziarono a organizzarsi ben prima della caduta del regime. Con un ordine del giorno datato 23/8/1943, quando nulla ancora di ufficiale si sapeva sulle trattative di armistizio in corso tra il governo Badoglio e gli Alleati, “Il comitato delle opposizioni di Milano sta prendendo misure adeguate per dirigere la lotta e dare disposizioni alle classi lavoratrici”.
Ruolo fondamentale nella guerra al regime repubblicano-fascista ebbe sicuramente l’Organizzazione Franchi. Dopo l’8 settembre, infatti, Edgardo Sogno (Franco Franchi) si impegnò nella Resistenza armata, dapprima come rappresentante del Partito Liberale nel Comitato Militare piemontese e, successivamente, alla testa della Organizzazione Franchi, da lui stesso creata in accordo con la Special Force britannica e – infine – come membro del Comando Militare generale del CLNAI, in rappresentanza del PLI.
Non starò qui a ricordare il ruolo fondamentale che ebbe la Franchi nella guerra di Liberazione, l’imprescindibile compito di raccordo con i comandi Alleati (inglesi in particolare), l’attività di logistica nella gestione dei lanci di rifornimenti (Pom pom pom pom. Qui Radio Londra. Messaggio speciale per la Franchi. Felice non è felice ...); chi lo vorrà potrà trovare tutte le informazioni nei libri scritti da Sogno stesso: “Guerra senza bandiera” (Mursia), avvincente racconto, quasi romanzesco, degli anni di guerra e delle rocambolesche avventure dei suoi protagonisti o “La Franchi” (Il Mulino), analitica descrizione dell’organizzazione militare da lui fondata e comandata.
In questa sede voglio ricordare le ragioni ideali che spinsero Eddy all’azione e che hanno spinto noi a fondare il “Comitato Edgardo Sogno”, per riprendere la fiaccola ideale delle battaglie del Comandante e per evitare che oblio e disinformazione deformassero la realtà storica.
L’impegno di Sogno nella guerra di liberazione nasce dai suoi più profondi ideali democratici e liberali, ideali che lo guidarono durante tutta la sua vita. Non ragioni di parte politica guidarono Sogno, non il desiderio di stravolgere o riformare la società, non la volontà di creare un mondo nuovo; solo il bisogno di rimettere nelle mani degli italiani il loro stesso destino.
Purtroppo la purezza di questa missione non è stata compresa da tutti o forse, pur compresa, è stata strumentalizzata da una certa retorica resistenziale, di matrice comunista, che mal sopportando la figura di un combattente autenticamente democratico (il cavaliere di cristallo lo definì l’amico di una vita Francesco Forte), ha tentato in tutti i modi di infangarne la memoria per garantirsi l’esclusiva sulla Resistenza. Sogno ha combattuto per la libertà, altri hanno combattuto per una sostituzione di regime, dal nero al rosso, ed essendo miseramente fallito questo loro diabolico disegno, è rimasto loro solo il gioco, ormai ampiamente scoperto, di intestarsi, in esclusiva, una battaglia che, per puro caso fortuito, li ha visti, per una volta, dal lato giusto della storia.
I funerali di Sogno, funerali militari, si sono svolti nell’agosto del 2000 nella Chiesa della Gran Madre di Dio in Torino. L’elogio funebre è stato pronunciato da Amedeo di Savoia Aosta, alla presenza delle principali cariche politiche dell’epoca, compresi esponenti del centrosinistra.
Nei mesi successivi con la moglie Anna, con le figlie Laura e Sofia, con Francesco e Carmen Forte, con Cinzia Rastello, Claudio Piretto, Giorgio e Luciana Mathieu, con i reduci della Franchi Piero Stroppiana e Maria Giulia Cardini, e con tanti altri amici abbiamo deciso di fondare il Comitato Edgardo Sogno, per difendere la memoria del Comandate ma soprattutto per cercare di portare alla conoscenza dei più la modernità del suo pensiero politico, pensiero che, dalla fine della guerra sino agli ultimi giorni prima di morire, non ha mai smesso di elaborare, raffinare, divulgare e che se anche solo parzialmente applicato, vedrebbe l’Italia in condizioni ben migliori rispetto a quelle in cui oggi drammaticamente versa.
Vorrete quindi perdonarmi se, sul finire di queste brevi note, mi autorizzo a una rapida digressione personale e sentimentale.
In questi anni di attività il Comitato Sogno ha fatto tante cose: dalla lapide sulla casa del Comandante (sotto la quale ci troviamo, da 18 anni, ogni 25 aprile e sotto la quale ci ritroveremo nuovamente presto) ai convegni, pubblicazioni, commemorazioni. Se tutte queste attività sono state possibili è stato anche, e soprattutto, perché nel Comitato Sogno tutti noi abbiamo trovato una seconda casa e stretto amicizie molto forti e intergenerazionali, consentendo il passaggio di una fiaccola ideale da chi la guerra l’ha combattuta con le armi a chi, oggi, la combatte con le idee e col pensiero, contro nemici non meno insidiosi. Francesco Forte, che ne è oggi il Presidente (non onorario, mi dispiace Francesco, mai sei troppo importante come operativo, gli onori possono attendere…), ci ha guidati insegnandoci il necessario rigore scientifico. Grazie. E grazie anche a chi non è più con noi fisicamente, ma il cui esempio quotidianamente ci ispira: grazie ad Anna Sogno, poetessa della pittura, a Carmen Forte, impareggiabile “First Lady” (let’s talk about cakes), allo Strop, Piero Stroppiana, l’ingegnere (Pronto pronto sono Piero), a Maria Giulia Cardini. Continueremo la battaglia, la vostra battaglia e se veramente esiste un’altra vita ci ritroveremo di là, in un salotto come quello di Anna, o Carmen, a mangiare gorgonzola e salame, stappare spumante (Maria Giulia, solo dolcetto per te, lo so…) e progettare conferenze.
Comunicato stampa di venerdì 24 aprile 2020
Dal 25 aprile ad una Festa nazionale
Nel giorno nel quale si ricorda la conclusione della Guerra di Liberazione Nazionale, ricorrenza istituita dal Luogotenente Generale del Regno Umberto di Savoia, i monarchici italiani, fedeli ai principi della democrazia parlamentare rappresentativa che hanno trovato la prima consacrazione nello Statuto Albertino, mentre non dimenticano le lesioni recate ai diritti di libertà, ritengono che quei valori, siano ormai acquisiti alla coscienza dell’intero popolo italiano e ciò nonostante il tentativo, parzialmente riuscito, di una parte politica di appropriarsi indebitamente di una ricorrenza che è, e deve essere, degli italiani tutti.
Tale tentativo di egemonizzare il 25 aprile ha fatto sì che, purtroppo, essa abbia perso il suo significato originario di festa della Libertà, divenendo simbolo di divisione e contrapposizione.
L’Unione Monarchica Italiana, nel ribadire la propria adesione ai principi originari che trovarono il loro simbolo nella data del 25 aprile, chiede a tutti i partiti politici di farsi promotori di una riforma che individui la Festa Nazionale in una data che nessuno possa ritenere di parte e che dovrebbe essere individuata, come accade ovunque nel mondo, nel giorno in cui si è formato lo Stato nazionale, il 17 marzo, già oggi ricordata come la festa dell’unità. In alternativa potrebbe essere scelta la data del 4 novembre che, con la conclusione vittoriosa della Prima Guerra Mondiale ha rappresentato, con l’annessione all’Italia di Trento e Trieste, la conclusione del percorso risorgimentale che fu possibile grazie al sacrificio di uomini e donne provenienti da ogni angolo d’Italia, spesso appartenenti ad orientamenti politici e culturali diversi, che s’impegnarono con il pensiero e con l’azione a costruire lo Stato degli italiani, per affermare i diritti fondamentali delle libertà civili.
Roma,24.04.2020
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi
L'opinione di Giuseppe Borgioli
L’EUROPA SENZA QUALITA’
di Giuseppe Borgioli
Quando Konrad Adenauer, Robert Schuman e Alcide De Gasperi (tre uomini di frontiera, un tedesco renano, un alsaziano, un trentino) dettero vita con Belgio Olanda e Lussemburgo alla piccola Europa c’era nelle loro menti un disegno storico. Intanto Italia, Francia e Germania miravano a superare gli equilibri di Yalta. La stessa Francia che pur aveva ottenuto uno strapuntino a fianco delle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale perseguiva degli obiettivi di politica internazionale che assegnavano alla nuova Europa una voce originale. Lo spirito del trattato di Roma del 1955 era questo mosaico. Come è noto la scelta fu di progredire gradino per gradino istituendo agenzie economiche e, in ultimo, finanziarie che nella visione ottimistica dei promotori avrebbero dovuto portare di fatto alla unità politica. Il primo ostacolo fu la CED (Comunità di Difesa Europea) che non fu ratificata dal Parlamento francese. Dopo l’ubriacatura del 1989 ci fu l’allargamento dell’Europa che, anche sotto impulso della diplomazia americana, raggiunse l’attuale quota di 27 paesi membri. Certo, questo cammino fu accompagnato da una produzione cartacea sempre più voluminosa. Tutte queste carte non hanno lasciato traccia perché si sono limitate a fare filosofia (pessima filosofia) senza apportare alcuna seria modifica al sistema di prendere le decisioni. Anzi l’aumento dei paesi membri ha annacquato il brodo della piccola Europa e l’ha trasformata in una specie di tribuna dove ciascun governo rafforza il carattere particolare e si sente autorizzato a decidere in base all’interesse nazionale contingente. De Gaulle da buon stratega non solo militare aveva capito questa fragilità quando lanciò la proposta dell’Europa dall’Atlantico agli Urali. L’Europa così definita nei suoi confini geografici doveva esaltare le nazionalità come contributo alla politica comune: Europa delle Patrie, una sorta di confederazione più che di unione. Non se ne fece niente e l’Europa rimase uno strano animale, metà carne e metà pesce, più una sede di consultazione che un organismo vitale e autonomo. È l’Europa di oggi, luogo di trattative estenuanti con conclusioni interlocutorie che suonano quasi sempre a compromessi. È la replica che abbiamo visto il 23 aprile. Gli eurobond sostenuti dal governo Italiano (il più indebitato in Europa) per far fronte alle spese di bilancio in seguito alla pandemia di coronavirus non sono stati accolti come era prevedibile. Gli strumenti messi a disposizione dal Consiglio Europeo sono di tipo tradizionale perché fanno capo a istituti che già esistono, inclusi i recovery fund di cui si riparlerà a babbo morto. L’Italia accetterà il prestito del MES rivolto esclusivamente alle spese sanitarie e senza conseguenze rispetto alla sovranità di bilancio. È poco? È tanto? Si poteva strappare di più? È sintomatico che queste domande ce le poniamo all’indomani del Consiglio Europeo e la dicono lunga sul fallimento dell’Europa anche come comunità solidale. Diventa difficile definire oggi l’Europa. Non è definibile attraverso la sua politica perché di politiche se ne contano parecchie. C’è un settore in cui l’Europa si è distinta? Non mi pare le stesse prese di posizione ufficiali sulle crisi internazionali sono in linea di massima tardive e banali. Torna alla memoria l’uomo senza qualità di Robert Musil che assiste impotente agli eventi: non accade quello che fa, fa quello che accade.
Comunicato stampa di domenica 19 aprile 2020
Governano Comitati e Cabine di regia mentre il governo abdica al suo ruolo politico
L’Italia è ogni giorno più governata da elementi estranei alle istituzioni, con effetti devastanti sulla normativa adottata, incostituzionale e confusa, secondo il giudizio impietoso di illustri giuristi, anche di area. Presidente del consiglio e ministri, tutti hanno creato un comitato, una task force, una cabina di regia, per ricevere indicazioni sul da farsi, oltre 450 “esperti”, quasi sempre teorici senza esperienza operativa, per svolgere attività per le quali vi sono strutture amministrative dedicate, con funzionari di prim’ordine.
La politica ha abdicato alla sua funzione fondamentale che è quella di decidere governando con l’Amministrazione e questo preoccupa fortemente l’Unione Monarchica Italiana, da sempre attenta al buon funzionamento delle istituzioni in un ordinamento parlamentare. Anche per la contemporanea emarginazione delle Camere, chiamate ad approvare, senza discussione, solo mozioni di fiducia.
A Palazzo Chigi, accanto al Comitato tecnico scientifico, per le misure di contenimento dell’epidemia dal coronavirus, adesso c’è un Comitato di esperti che dovrà elaborare e proporre iniziative per stabilire le modalità di una ripresa graduale delle attività economiche e sociali, la cosiddetta “fase due”. Ma non basta. Perché, ultimo in ordine di tempo, anche il Ministro dell’Istruzione ha voluto il suo comitato per definire le modalità di apertura delle scuole a settembre. Inutile spiegare al Ministro che accade dal 1861 che le scuole riaprano a settembre. Vi hanno sempre provveduto funzionari di grande esperienza, al ministero e nei provveditorati agli studi. A dimostrazione della inadeguatezza della classe politica al governo che non conosce neppure le strutture amministrative delle quali dovrebbe servirsi per governare o con esse non riesce a dialogare.
Roma, 19.04.2020
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi