Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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Comunicato stampa del 4 maggio 2020
Per l’Unione Monarchica Italiana dopo le dichiarazioni del giudice Di Matteo il Ministro Bonafede deve dimettersi
Le dichiarazioni del Pubblico Ministero antimafia, dottor Nino Di Matteo a “Non è l'Arena”, coinvolgenti il Ministro Bonafede: “Fui chiamato a dirigere il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria), poi il ministro cambiò idea. I boss non mi volevano”, rappresentano una affermazione gravissima che coinvolge la responsabilità politica non solamente del Ministro ma dell’intero governo.
Per i monarchici italiani è un fatto di una gravità inaudita, perché dimostra che scelte fondamentali nella politica della Giustizia, nel settore carcerario, possono essere condizionate dagli interessi della malavita. A conferma dell’assoluta inadeguatezza del Ministro, già dimostrata nella vicenda della concessione degli arresti domiciliari a criminali responsabili di gravissimi delitti, tra l’altro per il tentativo maldestro di scaricare sui dirigenti del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria responsabilità proprie della politica e, pertanto, sue personali.
In assenza di smentita, l’Unione Monarchica Italiana chiede con forza le dimissioni del Ministro Guardasigilli ed un’adeguata presa di posizione del Governo.
Roma, 04.05.2020
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi
L'opinione di Giuseppe Borgioli
TI CONOSCO MASCHERINA
di Giuseppe Borgioli
Chissà cosa avrebbe scritto Leonardo Sciascia sulla pandemia, lui che inventò l’espressione professionisti dell’antimafia. Sciascia puntava l’indice sull’uso politico del diritto come oggi alcuni (sempre meno rari) sottolineano l’uso politico della pandemia. Cambiano i tempi ma i vizi e le virtù si assomigliano. Ci sono delle analogie sorprendenti fra lo stile sicuro di sé della corporazione dei virologi e degli epidemiologi (che è ben altra cosa dai medici di base meritevoli della nostra incondizionata riconoscenza) e i magistrati che animarono i giorni e le vicende di mani pulite. L’istituto superiore di sanità al pari del comitato tecnico scientifico (uno de tanti) insediato dal governo quasi per precostituirsi l’alibi si è distinto nell’agitare il coronavirus come una clava per imporre comportamenti individuali e collettivi, indurre i governanti a prendere decisioni di politica sanitaria, per pontificare in nome della scienza ammettendo candidamente che il virus è un illustre sconosciuto. Il documento infarcito di modelli di previsione statistica che aveva lo scopo di avvelenare i pozzi della fase due richiederebbe una attenta lettura e analisi politica. Ma questa scienza non accetta domande e chi avanza dubbi passa per antiscientifico e rischia l’emarginazione come per i monarchici in regime repubblicano e come fu per l’ultimo Sciascia che fu considerato nel panorama intellettuale un fastidioso rompiscatole. Cambiano le streghe ma resta la caccia a cui partecipa volentieri l’opinione pubblica imbeccata dai media. Sono certo che Leonardo Sciascia con la sua elegante ironia e con il suo sguardo critico sulla società non si sarebbe lasciato catturare da questa psicosi collettiva, proprio come mani pulite trent’anni fa quando la gente seguiva le notizie degli arresti, oggi resta attaccata al televisore per conoscere il numero dei morti. È un interesse quasi morboso ben conosciuto e studiato nella psicologia. Non accade a molti di noi di imbattersi in incidenti stradali dove la gente scende dall’automobile per vedere da vicino cosa è successo e bloccando così il traffico? Questo terrorismo seminato a fin di bene resterà una cicatrice nel tessuto sociale e renderà la ripresa economica irta di difficoltà aggiuntive a quelle finanziarie. Chi avrà ancora l’ardire di varcare la soglia di un bar o di un ristorante dopo il primo di giugno? Arrigo Cipriani ha già fatto intendere che stando così le cose non riaprirà il suo Harry’s bar. Il declassamento della prestigiosa agenzia di rating Fintch inflitto alle nostre ingenue prospettive economiche e finanziarie segue questa logica rigorosa che non conosce sconti. Il dopo virus erediterà una situazione drammatica con milioni di disoccupati che dovremo intestare alle responsabilità di qualcuno. A parte il capitolo paradossale delle mascherine su cui non insistiamo per carità di patria, abbiamo rinunciato a capire la genesi di un virus così letale. Il lascito di questa pandemia ci troverò impreparati perché le nostre finanze non ci consentono piani sociali di grande respiro. Lo vedremo con la prossima finanziaria che induce gli esperti (questo sì attendibili) a citare il Churchill di lacrime e sangue. Alle prime sfide il governo Conte ha già mostrato i suoi limiti. La gran parta dei lavoratori Italiani non ha ancora ricevuto la cassa integrazione. La verità è che la repubblica non sa gestire nemmeno l’assistenza sociale di cui si riempie la bocca. Il premer Conte si è scusato, ma le scuse non servono quando non si riconosce l’errore e non si è in grado di non ripeterlo.La buona educazione è un fatto estetico. L’economia no.