di Salvatore Sfrecola

(tratto da: Quirinale: un candidato “impossibile”, Aimone di Savoia Aosta | Un sogno Italiano )

Aurelio Di Rella Tomasi Di Lampedusa, penalista genovese, già Presidente dell’Ordine degli Avvocati del capoluogo ligure, ha lanciato su Facebook una provocazione: la candidatura a Presidente della Repubblica di un membro autorevole di Casa Savoia, il Principe Aimone. L’Avv. Di Rella, che si definisce “monarchico, sovranista, tradizionalista, antifascista, politicamente scorretto, etero”, ha tutti i titoli per avanzare la proposta. Conosce bene il Principe sabaudo che ha ricevuto a Genova recentemente in occasione di un incontro organizzato dalla locale Camera di commercio sul tema delle prospettive dell’interscambio commerciale tra Italia e Russia. Aimone di Savoia è intervenuto nella sua veste di Vicepresidente di Pirelli Tyre per la Russia e per i paesi del Nord Europa. Inoltre, nella capitale della Federazione Russa il Principe svolge un delicato incarico diplomatico, quale ambasciatore del Sovrano Militare Ordine di Malta (S.M.O.M.), una presenza cattolica importante in un contesto cristiano ortodosso. Ha superato i 50 anni richiesti dalla Costituzione (art. 84) e gode dei diritti civili e politici, ha una solida reputazione professionale a livello internazionale e relazioni personali e familiari elevate, oggi necessarie per l’Italia alla ricerca di iniziative di sviluppo economico in competizione con altri paesi dell’Unione europea. Infatti, è imparentato con le famiglie regnanti d’Europa, dalla Regina Elisabetta all’ex re Costantino II di Grecia, avendo sposato una Principessa ellenica, Olga Irene, figlia di Michele Principe di Grecia e di Danimarca, e con i reali di Spagna, tanto per fare alcuni esempi. Eppure, la candidatura appare, allo stato dei fatti, “impossibile”. Chi potrebbe votarlo, ammesso che il Principe si presti ad essere candidato, sia pure a livello personale? Partendo da Sinistra, non lo voterebbero ovviamente Liberi & Uguali, rigidamente repubblicani, e neppure il Piddini di Enrico Letta, erede, nonostante l’infarinatura assicurata dalla sinistra democristiana ex Margherita, di quel Partito Comunista Italiano ferocemente antimonarchico che in Assemblea Costituente ha preteso l’esilio nei confronti degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi (XIII delle disposizioni transitorie e finali). L’esilio, pena medievale che in nessun paese civile è stata mantenuta, e che non si esitato a confermare anche nei confronti dei morti. Va ricordato, ad esempio, che ad Umberto II fu impedito di morire in Patria e che solo di recente, per cristiana iniziativa del Presidente Mattarella, è stato possibile riportare in Italia le salme del Re Vittorio Emanuele III, il “re soldato”, che aveva guidato l’Italia nella Grande Guerra, la quarta guerra d’indipendenza che ci ha restituito Trento e Trieste, e della Regina Elena, definita da Papa Pio XI “Signora della Carità benefica” e pertanto insignita della “Rosa d’Oro della Cristianità”. È considerata “Serva di Dio” dalla Chiesa Cattolica. Ma è stato impedito loro di riposare nel Pantheon dove sono le tombe dei re d’Italia. I comunisti ed i loro eredi non hanno mai condiviso l’epopea risorgimentale, il moto unitario che ha coinvolto repubblicani e monarchici, cattolici e massoni, uno straordinario periodo della nostra storia che Domenico Fisichella ha giustamente definito “miracolo” perché allora si vide Mazzini scrivere a Carlo Alberto ed a Vittorio Emanuele II invitandoli a prendere in mano i destini della Patria. Come Garibaldi che, repubblicano, fu fedelissimo al Re. O il liberale Camillo Benso di Cavour, campione del parlamentarismo all’inglese. Un mondo lontano per gli eredi di Karl Marx ed anche da quel cattolicesimo democratico che ancora sembra rimpiangere il potere temporale dei Papi, antistorico e controproducente per gli ideali cristiani, come disse il Cardinale Giovan Battista Montini, futuro Papa Paolo VI, in Campidoglio, in occasione delle celebrazioni del centenario dell’unità d’Italia. Proseguendo nella nostra carrellata sui partiti politici, dalle parti del centro troviamo alcuni “cespugli” dall’incerta connotazione ideologica. Che fanno capo a Matteo Renzi (Italia Viva), Carlo Calenda (Azione) ed a Giovanni Toti (Cambiamo) un ambiente dove molti si vantano di aver abbandonato le ideologie, confondendo quelle drammatiche che hanno insanguinato il XX secolo, comunismo, nazismo, fascismo, con l’ampio plafond di idee a disposizione, dal pensiero liberal-conservatore a quello popolare che in Europa e non solo aggregano partiti e parlamentari.Renzi e Calenda non li vedo votare il Principe sabaudo. Forse Toti, che lo ha ricevuto a Genova e lo ha apprezzato per l’impegno che sta portando avanti in favore delle imprese liguri interessate ad investire in Russia. C’è, poi, Forza Italia, partito che si presenta come espressione del pensiero liberale, ma non ancorato alla tradizione risorgimentale. Con Berlusconi che vanta ben note simpatie craxiane, non compensate da Antonio Tajani, che “fu” monarchico, come ha ricordato in qualche occasione e mantiene buoni rapporti con gli amici di un tempo. C’è poi la Lega e Fratelli d’Italia. Il primo, che in teoria avrebbe interesse ad assumere una proiezione nazionale, nell’ambito della quale si è conquistato uno spazio prezioso la Destra Liberale animata dall’on. Giuseppe Basini, non riesce a varcare il Rubicone della Padania che, ad onta delle parole, sta ancora nel cuore di molti leghisti. Quanto a Fratelli d’Italia, che cresce nelle aspettative degli italiani non è riuscito a rendere visibile, al di là delle buone intenzioni di Giorgia Meloni, quell’apertura al mondo cattolico, liberale e risorgimentale (e pertanto monarchico) che Giorgio Almirante aveva portato avanti con sapiente determinazione. Quali le conclusioni dunque? La classe politica italiana continua a manifestare una estrema modestia culturale che l’ha portata a non riconoscere la continuità storica dal Risorgimento, periodo nel quale si è formata la coscienza nazionale nel contesto dello Stato parlamentare previsto dallo Statuto Albertino. Tanta acqua è passata sotto i ponti ma alcuni princìpi, alcune aspettative ancora insoddisfatte erano state individuate dagli uomini che allora fecero l’Italia. Uomini di grande valore, ricchi di esperienze e di idealità al quali, aggiornandone le prospettazioni, dovrebbe guardare una classe politica solida, come l’Italia meriterebbe. Ed allora un Principe Presidente della Repubblica sarebbe l’inizio di una ripresa di valori e di un prestigio internazionale che non può essere affidato all’outsider di turno, una sorta di “Uomo della Provvidenza” al quale gli italiani periodicamente decidono di affidarsi a scatola chiusa, con effetti modesti, spesso negativi. Un Principe Presidente. E poi l’Italia deciderebbe se rimanere Repubblica o recuperare l’esperienza migliore della Monarchia parlamentare, come auspica l’Avv. Alessandro Sacchi, Presidente dell’Unione Monarchica Italiana.Per adesso, è certo che Aimone di Savoia rimarrà a Mosca e per l’Italia sarà ancora una volta un’occasione mancata.

 

Oggi,10 gennaio 2022, si è spenta S.A.R. la Principessa Margherita di Savoia Aosta, figlia di S. A.R. il Principe Amedeo di Savoia, Duca d’Aosta, Eroe dell’Amba Alagi, e di S.A.R. la Principessa Anna d’Orleans.

L’U.M.I. porge le più sentite condoglianze a S.A.R. il Principe Aimone di Savoia, Capo della Real Casa, e alla Famiglia Reale d’Italia per la scomparsa della Principessa Sabauda

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S.A.R. la Principessa Margherita di Savoia Aosta

 

 

È mancato il professor Francesco Forte. Economista, scrittore, giornalista, uomo di Stato e di pensiero. Socialista liberale da molti anni ormai collaborava con l’Unione Monarchica Italiana partecipando attivamente alle attività della stessa. Da ultimo ha redatto per l’UMI un capitolo del volume su Cavour. Sempre entusiasta di lanciarsi in nuovi progetti, incurante dell’anagrafe progettava senza soluzione di continuità iniziative culturali, editoriali e politiche. Ci mancherai Francesco.          

Ci mancherà il tuo ottimismo e la tua progettualità, ci mancheranno i tuoi ragionamenti sempre fuori dagli schemi, sempre brillanti.                                                      

Ci resteranno i tuoi consigli e soprattutto ci resterà il tuo metodo.

Grazie. Salutaci Carmen.

L'Avv. Edoardo Pezzoni Mauri, Vice Presidente Nazionale dell'U.M.I., con il Prof. Francesco Forte

Commemorazione del Conte Edgardo Sogno, Medaglia d'Oro al Valor Militiare, alla presenza dell'Avv. Alessandro Sacchi, Presidente Nazionale dell'U.M.I., e del Prof. Francesco Forte

L’Hotel Mediterraneo, del gruppo Hotels Bettoja, sito in Roma, alla Via Cavour n.15, ha previsto per i partecipanti della cena che vogliano pernottare i seguenti importi:

  • Camera doppia uso singola € 99,00;
  • Camera doppia € 110,00;
  • Camera doppia premium uso singola € 115,00;
  • Camera doppia premium € 125,00

La tassa di soggiorno è esclusa dagli importi sopraindicati.

Per informazioni e prenotazioni contattare:

la sig.ra Matilde Spreafico al seguente n. 0646205642 o all’indirizzo mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

di Salvatore Sfrecola

( tratto da: www.unsognoitaliano.eu/2021/11/14/quirinale-allasta-e-torna-voglia-di-re/ )

Ricordo un mio amico inglese che, tra lo stupito e il divertito, osservava, dinanzi al televisore, il susseguirsi delle votazioni per la elezione del Presidente della Repubblica. A lui, fedele a The Queen, quel rituale sembrava strano. Era il 1971 e Giovanni Leone fu eletto alla ventitreesima votazione, due più di Giuseppe Saragat il suo predecessore.

Mancano quasi quattro mesi, ma già fervono le “riflessioni” tra politici, politologi e quirinalisti alla ricerca del candidato ideale. E insieme al mio amico inglese che si stupì nel 1971 altri si stupiscono oggi. Anzi, qualcuno si preoccupa immaginando una possibile scelta non gradita, quanto alla persona e alla ipotesi che dia vita ad una sorta di semipresidenzialismo “di fatto” in barba alla Costituzione. Ne ha parlato, tra gli altri, Giancarlo Giorgetti, che non è l’ultimo arrivato, perché incarna l’anima governativa della Lega. E così, come accade puntualmente ogni sette anni, qualcuno evoca la monarchia e immagina la differenza, se al Quirinale sedesse un Re anziché un politico.

Ne ha scritto su Il Foglio del 12 Antonio Gurrado (“Di fronte alla corsa per il Quirinale conviene rivalutare la monarchia”). Che esordisce rilevando come “In Italia quando dici che sei monarchico ti guardano tutti strano, nonostante che siano monarchie varie nazioni dalla storia grande almeno quanto la nostra, come Gran Bretagna e Spagna, ma anche l’Olanda, il Belgio, la modernissima Svezia, l’avveniristico Giappone; nonostante che in Europa i primi decisivi passi verso la democrazia siano stati mossi grazie all’evoluzione plurisecolare della monarchia; e nonostante che al mondo i principali Stati dittatoriali, paradittatoriali o illiberali, tipo la Cina, l’Iran, la Turchia, la Russia, l’Ungheria, per tacer dell’Africa, siano tutti repubbliche”.

Gurrado crede che tra gli italiani che non credono nella monarchia ciò sia perché “desta sospetto il sistema dell’ereditarietà del titolo di Capo dello Stato e garante della Costituzione, a fronte di un cristallino sistema di selezione che prevede mesi di retroscena, articolate esegesi di mezze frasi, proposta di rinnovo automatico del titolare, esclusione del rinnovo automatico da parte dell’interessato, candidati prematuri presentati apposta per essere bruciati, ipotesi alternative patafisiche, qualche donna da tirare in ballo per far vedere che si è moderni, escursioni nel semipresidenzialismo di fatto, richiami alla lettera della Carta, nessun pretendente ufficiale, tutti pretendenti sottobanco, franchi tiratori a iosa, voti a Giancarlo Magalli, plauso unanime dell’emiciclo al carro del vincitore, polemiche sotterranee sull’imparzialità dell’eletto, e così via”. E conclude, “in Italia quando dici che sei monarchico ti guardano tutti strano,tranne una volta ogni sette anni”.

Dunque, sarebbe, in realtà, la ereditarietà della Corona a disturbare, anzi a “destare sospetto”. Cosa che non accade in nessuno degli stati retti a monarchia, a cominciare dal Regno Unito, in onore al mio amico inglese, dove la Regina si dice porti due punti al PIL, come un brend che identifica una storia, una tradizione, un popolo. Che richiama turisti nell’isola o in Scozia, che visitano le residenze reali, che acquistano gagget con l’immagine della Sovrana e dello stemma dei Windsor.

In realtà c’è molto di più che attira, anche inconsapevolmente. Nel sistema politico costituzionale del Regno di Sua Maestà Elisabetta II la democrazia si è formata e consolidata proprio perché il Sovrano assicura la neutralità del vertice dello stato che garantisce ai cittadini, governino i Conservatori o i Laburisti, che non sono in discussione i principi della separazione dei poteri, cioè la democrazia liberale. Non a caso, infatti Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu ha formulato la teoria che lo ha reso famoso, consegnata ne L’esprit des lois,proprio osservando a Londra come fosse organizzato lo stato nella distinzione dei ruoli del governo, del parlamento e della magistratura e come il Re ne garantisse l’indipendenza e l’autonomia, proprio in ragione della sua estraneità alle scelte dei partiti che se il capo dello stato fosse eletto ne farebbero “uno di loro”.

È quel che mi dice Alessandro Sacchi, Avvocato cassazionista, Presidente dell’Unione Monarchica Italiana (U.M.I.). “Abbiamo presentato proprio venerdì scorso, durante un dibattito che si può vedere su You Tube, un libro di grande interesse, del Prof. Salvatore Aceto di Capriglia, ordinario di diritto privato comparato alla Parthenope di Napoli, che ha scritto de “Il regio potere arbitrale e clemenziale”, un piccolo volume ma prezioso, che offre una panoramica stimolante del ruolo super partes dei sovrani, lungo i secoli, a dimostrazione che il buon funzionamento delle istituzioni deriva dalla estraneità del vertice dello stato alla contesa dei partiti. Una condizione che, all’avvento degli ordinamenti liberali e democratici, ne ha consentito lo sviluppo proprio perché il cittadino, guardando al suo Re, sa che nessun partito, nessuna maggioranza potrà prevaricare e trasformare lo stato. Ne abbiamo esempi a iosa. In Germania il partito nazista si è impadronito dello stato, con le conseguenze che conosciamo. Cosa che non è potuta accadere in Italia in presenza del Re”. D’altra parte, aggiungo io, le monarchie rappresentano l’immagine viva della storia di un popolo che è diventato tale ed ha consolidato le istituzioni statali attraverso una serie di sovrani che ne hanno assicurato l’indipendenza nei confronti di vicini prepotenti. L’Italia è stata un esempio di questa evoluzione storica. Costretti a vivere per secoli sotto il tallone di francesi, spagnoli ed austriaci, i nativi del bel Paese hanno potuto riunirsi in uno stato quando un Re, appartenente alla più antica famiglia regnante dell’Europa, quella di Savoia, si è messo alla testa del moto risorgimentale e, coinvolgendo uomini di pensiero e di azione, anche repubblicani, come Garibaldi, ha saputo dar vita ad un Regno che ha restituito dignità agli italiani per secoli “calpesti/derisi”, come sentiamo dall’Inno nazionale. Ed è, quindi, plausibile che, almeno “ogni sette anni”, come ha scritto Gurrado, nel vedere le grandi manovre dei partiti per mandare “uno dei loro” al Quirinale qualcuno si scopre monarchico.

di Antonio Gurrado

(tratto da www.ilfoglio.it )

 

Pagine su pagine di retroscena e indiscrezioni, ipotesi di bis del presidente uscente, candidati ufficiali e ufficiosi, franchi tiratori, voti e soprattutto veti. La rivincita simbolica dei re di fronte al gran teatro per la carica più alta della Repubblica

 

In Italia quando dici che sei monarchico ti guardano tutti strano, nonostante che siano monarchie varie nazioni dalla storia grande almeno quanto la nostra, come Gran Bretagna e Spagna, ma anche l’Olanda, il Belgio, la modernissima Svezia, l’avveniristico Giappone; nonostante che in Europa i primi decisivi passi verso la democrazia siano stati mossi grazie all’evoluzione plurisecolare della monarchia; e nonostante che al mondo i principali Stati dittatoriali, paradittatoriali o illiberali, tipo la Cina, l’Iran, la Turchia, la Russia, l’Ungheria, per tacer dell’Africa, siano tutti repubbliche.

Credo sia perché da noi desta sospetto il sistema dell’ereditarietà del titolo di Capo dello Stato e garante della Costituzione, a fronte di un cristallino sistema di selezione che prevede mesi di retroscena, articolate esegesi di mezze frasi, proposta di rinnovo automatico del titolare, esclusione del rinnovo automatico da parte dell’interessato, candidati prematuri presentati apposta per essere bruciati, ipotesi alternative patafisiche, qualche donna da tirare in ballo per far vedere che si è moderni, escursioni nel semipresidenzialismo di fatto, richiami alla lettera della Carta, nessun pretendente ufficiale, tutti pretendenti sottobanco, franchi tiratori a iosa, voti a Giancarlo Magalli, plauso unanime dell’emiciclo al carro del vincitore, polemiche sotterranee sull’imparzialità dell’eletto, e così via. In Italia quando dici che sei monarchico ti guardano tutti strano, tranne una volta ogni sette anni.