NAVIGARE A VISTA
di Giuseppe Borgioli
Quando a bordo non funziona il radar e non si ha lo spirito di alzare lo sguardo verso il cielo per orientarsi con le stelle, non resta che navigare a vista. È esattamente quello che sta facendo il governo Conte bis. Questa coalizione governativa costituita da due forze politiche troppo contigue per non risultare competitrici e troppo lontane per trovare un terreno comune di intesa, è condannata ad una sopravvivenza tumultuosa fatta di rotture clamorose e riappacificazioni precarie. proprio come fanno i fidanzati che si prendono e si lasciano, poi si riprendono e si rilasciano. Si rassegni il signor presidente della repubblica, può darsi che sopravviva per tre anni, ma le condizioni di salute sono quelle diagnosticate. Il Partito Democratico si è raccolto in ritiro in un eremo per (dicono loro) rilanciare l’agenda di governo. I “cinque stelle” rimandano le loro non scelte agli stati generali. La sostanza è che il partito democratico e i “cinque stelle” funzionano – vedi i risultati elettorali in Calabria e in Emilia Romagna - come vasi comunicanti e i flussi elettorali transitano dagli uni verso gli altri. Non si può stabilire una vera alleanza quando gli alleati faticano a vincere insieme. Sulle opere pubbliche come la TAV, sulle concessioni delle autostrade da rinnovare ai gestori, sulla politica industriale non c’è e non ci può essere la minima intesa. Lo sforzo di questa coalizione non è individuare i punti sui quali c’è l’accordo per perseguirli nella pratica di governo. La regola à il conflitto da rilanciare su qualsiasi tema per un’ansia elettorale che inibisca ogni programma a lungo termine. Così si naviga a vista, giorno per giorno, ora per ora. Quante volte il governo ha cambiato opinione sulle tasse o sulle pensioni? È sufficiente parlare di green economy per mettere d’accordo tutti come negli anni ’70 si parlava di programmazione economica senza specificare i contenuti concreti? È anche grazie a queste formule fumose se l’azione di governo si è impantanata nell’immobilismo che è la causa prima di non pochi nostri mali attuali. Un governo si deve giudicare non solo secondo la durata ma anche (e soprattutto) secondo la qualità, la sua capacità di incidere e migliorare la vita della gente. Governi che governino, parlamenti che controllino e diano l’indirizzo generale della legislazione, magistrati che amministrino la giustizia così come à consegnata nei codici, partiti che organizzino il consenso e il dissenso in vista delle elezioni: questi sono i contenuti dell’alternativa istituzionale con la quale prima o poi, nolenti o volenti, dovremo fare i conti. È il radar che manca alla nostra navigazione per solcare il mare aperto. Altrimenti non ci rimane che navigare a vista sperando di non sbattere contro un iceberg come fu per il disgraziato Titanic dove – non dimentichiamolo - il comandante per non spaventare la clientela aveva ordinato all‘orchestra di non smettere di suonare.
IL DUALISMO IMPERFETTO
di Giuseppe Borgioli
I risultati elettorali in Calabria e in Emilia Romagna hanno rivelato aspetti della dinamica politica sui quali val la pena di riflettere. Le tornate elettorali regionali sono ormai paragonabili alle elezioni di medio termine che prefigurano le tendenze politiche generali. Come in ogni competizione (non solo politica) l’agonismo prevale sulle analisi e i riflettori sono puntati su chi vince e chi perde. I media hanno bisogno di vincitori e vinti. Anche le istituzioni, a tutti i livelli, hanno bisogno di vincitori chiaramente usciti dalle urne che diano vita a maggioranze stabili. E’ un peccato che la pubblica opinione si sia concentrata sulla vicenda dell’Emilia Romagna e la Calabra sia rimasta in disparte sotto un cono d’ombra. E’ destino di questa regione rimanere dimenticata non solo dai governi. Sulla Emilia Romagna ha prevalso ancora, seppur con molte novità, il sistema di potere che data da 70 anni e ruota intorno al partito comunista e alle sue successive affiliazioni. Il partito comunista ieri e il partito democratico oggi ha saputo costruire una rete di interessi economici e politici che non è facile smantellare. E’ quasi eroico esercitare la libera professione o il libero commercio in una regione dove il controllo pubblico è asfissiante. Le mobilitazione della “sardine” ha avuto il sapore di una ribellione della società protetta contro il nuovo. Le “sardine” adulate da tutti i giornalisti in funzione anti Salvini sono apparse come orfani che temono lo sgretolamento di un “piccolo mondo” felice sotto il piccone della crisi economica e della globalizzazione, prima che di Salvini. Sicuramente il volto della sinistra, come la splendida caricatura di Peppone, è sempre stato bonario, tollerante e connivente come la cucina emiliana. La Romagna più sanguigna è un’altra cosa. Qualche segnale l’abbiamo colto anche nella conservatrice Emilia Romagna. Il voto tende a concentrasi sui due principali schieramenti, il centro destra che si aggrega attorno alla lega e il centro sinistra che siede alla corte del partito democratico. I “cinque stelle” sono spariti, hanno avuto vita più breve dell’ ”uomo qualunque”. Sempre in Emilia Romagna i protagonisti del nuovo dualismo, lega e partito democratico, hanno raccolto più del 60 per cento dei voti, come la DC e il PCI raccoglievano nella prima repubblica in Italia più del 70 per cento dei voti. Si sa questa è la terra del “dualismo politico”. I fantasmi di Peppone e Don Camillo uscita dalla penna geniale di Guareschi, sono ancora là che duellano. E’ questa la democrazia? In una bella citazione di Umberto Eco quando una parte pretende di avere sempre ragione c’è il rischio che i dissidenti non trovino il coraggio di reagire.
L’Unione Monarchica Italiana abbruna le sue Bandiere salutando Giovanni Vittorio Pallottino,già Professore ordinario di Elettronica presso il dipartimento di Fisica all’Università di Roma “Sapienza” e leader monarchico, stingendosi con affetto alla famiglia.
il Prof. Giovanni Vittorio Pallottino
Sembra evidente a chiunque abbia una pur limitata conoscenza del diritto, e di quello costituzionale in specie, che la materia della successione al trono di uno stato retto da una monarchia costituzionale vada necessariamente ricercata nella Carta fondamentale dello Stato, cioè nella sua Costituzione. Infatti lo Statuto Albertino reca all’art. 2 la regola della successione al trono affermando che “il trono è ereditato secondo la legge salica”. Se ne deduce che solo una nuova carta costituzionale del Regno, da approvare nelle forme proprie di uno Stato “retto da un Governo Monarchico Rappresentativo” (sempre all’art. 2) potrebbe modificare la regola della successione al trono. In sostanza la regola non è nella disponibilità della Famiglia Savoia ma degli organi dello Stato Rappresentativo, cioè del Parlamento in funzione costituente. Se ne deduce che l’iniziativa preannunciata oggi costituisce una boutade priva di qualunque effetto giuridico. Roma,15.01.2019
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi
Il referendum sul taglio dei parlamentari: una riforma che riduce la rappresentanza delle minoranze
Nella prospettiva del referendum sulla riforma costituzionale che riduce il numero di deputati e senatori, l’Unione Monarchica Italiana, che si richiama alla democrazia rappresentativa introdotta dallo Statuto Albertino e confermata dalla vigente Costituzione, si fa interprete di quanti, anche tra i costituzionalisti più accreditati, hanno manifestato preoccupazioni per il danno irreversibile che la riforma reca al pluralismo politico. Risulterà limitato, infatti, il ruolo delle minoranze, anche linguistiche e territoriali, nelle deliberazioni parlamentari sull’elezione del Capo dello Stato e sulla scelta dei componenti degli organi di garanzia, Corte costituzionale, Consiglio Superiore della Magistratura e organi di autogoverno di Consiglio di Stato e Corte dei conti.
Il fatto che l’iniziativa riformatrice sia la bandiera di un movimento politico, tra l’altro da tempo in caduta libera nei consensi elettorali, che predilige la democrazia diretta e avversa la democrazia rappresentativa, la dice lunga su una polemica, quella sui costi della politica, che trascura del tutto gli obiettivi di efficienza che alle istituzioni rappresentative della volontà popolare guarda da sempre l’elettorato, che vorrebbe assemblee di eletti e non di nominati. Una situazione destinata ad aggravarsi se fosse approvata, come si sente dire, una legge elettorale proporzionale che, basata su collegi di centinaia di migliaia di elettori, marcherà un ulteriore distacco tra i cittadini e una classe politica di estrema modestia, quanto ad esperienza e professionalità, come attesta quotidianamente il livello del dibattito politico.
In proposito vale l’esempio delle recenti elezioni nel Regno Unito, dove da sempre vige una legge elettorale maggioritaria basata su collegi uninominali. In quel Paese, che con poco più di 60 milioni di abitanti ha 650 deputati (contro i 630 della nostra Camera), a poche ore dalla chiusura dei seggi elettorali si è avuto un risultato certo, una maggioranza definita e, il giorno successivo, un nuovo governo.
I monarchici italiani, educati alla democrazia rappresentativa, denunciano i pericoli di una decisione demagogica e illiberale che, a fronte di un presunto “risparmio” attua una limitazione certa di quegli spazi di libertà che caratterizzano le democrazie occidentali attraverso la valorizzazione del pluralismo delle idee che costituisce l’essenza degli ordinamenti liberali.
Roma,12.01.2020
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi