Il "leone da tastiera" come manovratore occulto

di Davide Simone


Tra gli aspetti senza dubbio più discussi e discutibili del web e dei social c'è l'aver dato spazio a nuove forme di bullismo e ad uno humor nero difficilmente digeribile dai comuni ed accettati standard etici e morali.Fenomeni che non restano tuttavia confinati alla sola dimensione privata ma si allargano alla politica, o per meglio dire alla propaganda politica, che ne fa uso. Ma come? Ad esempio per veicolare i propri messaggi senza rendersi visibile. Con il cavallo di Troia dell'umorismo corrosivo (veicolato da meme, gif, ecc), il mittente politico riesce non solo a eludere i meccanismi di filtraggio del target, ma anche a scardinare il meccanismo delle "echo chambers". Come spiega a riguardo Boccia Artieri: "Possiamo identificare come ugly (Douglas 2014) il carattere specifico dei contenuti che sono popolari online [...] L'analisi della popolarizzazione online deve quindi tener conto di questa natura linguistica ed estetica delle culture internet, pensiamo solo a realtà come «Troll Face» e «Pepe The Frog», così presenti nei meme politici. Più in generale però tale precondizione culturale caratterizzata da una predisposizione all'irriverenza («lulz») legittima la presenza diffusa di comportamenti denigratori, opinioni sessiste, omofobe e razziste. E più in generale evidenzia come molte forme di partecipazione attorno a concorrenti popolari online siano caratterizzati da una natura fortemente ambivalente". Importante il richiamo a "Pepe the Frog", icona irriverente divenuta celebre su Reddit e 4chan* e adottata da Donald Trump nel 2015 per accreditarsi come guida di quel macrocosmo di destra, qualunquista e lasseferista allergico al "politically correct" e alle istanze del mondo liberal. Il macrocosmo che in rete diventa dello "Schadenfreude" e che bene ha descritto Dale Beran. Secondo il massmediologo americano, si tratterebbe infatti di maschi bianchi tra i 18 e i 35 anni, informatizzati ma socialmente poco inseriti e sfortunati con l'altro sesso: "Possiamo immaginare questo gruppo come composto da persone che hanno fallito nel mondo reale e se ne sono ritirati, chiudendosi in un mondo fatto di forum on line e videogame. Sono uomini senza lavoro senza prospettive". Soggetti arrabbiati, che si spingono verso le destre radicali e verso l'eccesso quale forma di reazione, che si riconoscono nel linguaggio e nei comportamenti fuori dagli schemi di leader come Donald Trump o Bolsonaro, erroneamente percepiti outsider come loro. "Producer" all'inizio inconsapevoli e poi "driver" e ispiratori di questa nuova frontiera del comunicare e della propaganda, che è ben diversa e ben più complessa rispetto alla più "innocente" arte situazionista e al semplice umorismo dissacrante come satira o gioco tra utenti.
*la "chan culture" è proprio uno degli esempi di questo nuovo ecosistema

Approfondimento: il falso outsider

Usato ed abusato, tra i cardini della propaganda populista, il termine "outsider" è tuttavia ancora scarsamente approfondito dagli storici e dagli esperti di comunicazione. Tra i pochi ad aver fornito una panoramica esaustiva del concetto, lo studioso americano Anthony King, che ha diviso gli outsider in tre classi:

-"outsider demografico" (appartiene ad una minoranza o ad un gruppo etnico, sociale, economico, religioso solitamente escluso da potere)

-"outsider psicologico" (percepisce sé stesso come estraneo all'ambiente nel quale opera ed è collocato)

-"outsider tattico" (sceglie di giocare il ruolo di outsider a scopo propagandistico

Se è difficile trovare un leader autenticamente outsider, che assommi tutte e tre le categorie (definizione "densa"*), abbondano invece i casi di outsider tattici, che possono essere solo parzialmente outsider (definizione "sottile") o assolutamente non outsider.

Tra i casi più recenti di outsider "tattico", figurano:

-G.W.Bush
politico di professione, membro di una dinastia tra le più influenti degli USA, si pose come outsider per il suo ruolo di governatore del Texas, dipingendo invece Al Gore, suo avversario, come appartenente al "sistema" in ragione della sua carica federale

-Donald Trump
maschio "wasp", tra gli imprenditori più ricchi e famosi del Paese, appoggiato da lobby delle armi, dell'edilizia, del petrolio e da un fetta consistente delle comunità evangeliche, rientrava invece nella definizione "sottile" (in quanto non politico di professione). Durante la sua campagna elettorale cercò di delegittimare la rivale presentandola come candidato dell'establishment, benché Rodham-Clinton fosse un outsider "demografico" a causa della sua appartenenza di genere

-Matteo Renzi
pur estraneo alla classe dirigente del suo partito, il "rottamatore" era ed è comunque un politico di professione, proveniente da una famiglia impegnata in politica. Anche il'attuale segretario del PD rientrerà quindi nella definizione "sottile"

*"C'è una sola grande questione: ci sono gli insider e ci sono gli outsider. Mi accusano di essere un outsider. Mi dichiaro colpevole". Così Jimmy Carter, in uno spot elettorale per le presidenziali del 1976. Nonostante altri candidati alla presidenza avessero giocato prima di lui questa carta propagandistica (Eisenhower, Nixon, Ford, Humphrey, Goldwater solo nel secondo dopoguerra) Carter, figlio di uno Stato del Sud, la Georgia, in politica da pochi anni e senza aderenze a Washington, è stato forse, con Barack Obama, il presidente che più si è avvicinato alla definizione "densa". Soprattutto la mancanza di agganci con i "poteri forti" a livello nazionale lo penalizzò nei rapporti con il Congresso ed i suoi collaboratori

Con la crisi economica l’Unione Europea ha l’occasione per dimostrare la sua utilità

Il dibattito interno all’Unione Europea sulle misure da adottare per favorire la ripresa dell’economia degli stati membri, che vivono la crisi profonda del blocco delle attività industriali e commerciali, a seguito dell’epidemia da Coronavirus, sta dimostrando i gravi limiti delle istituzioni europee in una situazione di emergenza.

L’Unione Monarchica Italiana, che condivide il valore identitario delle radici storiche, spirituali e culturali comuni ai popoli europei, ritiene ormai indilazionabile una riforma profonda dei Trattati istitutivi che sani quel deficit di democrazia, sempre denunciato e mai sanato, in particolare per il ruolo inadeguato del Parlamento che non ha i poteri delle assemblee democratiche che conosciamo negli ordinamenti interni ai paesi continentali.

I monarchici italiani, che credono nell’Europa dei popoli e delle patrie, chiedono alle forze politiche di assumere, senza ulteriori indugi, una iniziativa autenticamente riformatrice in questo passaggio fondamentale nella storia dell’Unione Europea che se non saprà dare una risposta all’attuale crisi economica non avrà un futuro.

Roma,13.04.2020

Il Presidente Nazionale

Avv. Alessandro Sacchi

di Alessandro Sacchi

( tratto da https://farefuturofondazione.it/)

Nessun analista politico sarà mai capace di determinare il valore aggiunto da Elisabetta II, Sovrana del Regno Unito e Capo della Chiesa Anglicana, solo per citare due dei suoi innumerevoli titoli, alla campagna per la Brexit, quando ad uno stupito giornalista che le domandava la sua posizione sull’argomento, gli domandò a sua volta, un po’ piccata, se era veramente necessario restare in Europa. A capo della più antica democrazia parlamentare del mondo, Elisabetta detiene un potere disegnato dalla consuetudine, non essendo sancito da una Costituzione scritta. Le sue prerogative sono essenzialmente tre diritti-doveri: essere informata, suggerire e mettere in guardia. Avendo superato tutti record di longevità al vertice dello stato, 68 anni di regno, passata indenne dalla seconda guerra mondiale, alla quale partecipò come ausiliaria, rappresentando a volte il padre Giorgio VI, quando ciò era possibile, ha attraversato la seconda metà del ventesimo secolo, e buona parte del ventunesimo, entrando ed uscendo dall’Europa, nella quale gli inglesi non avevano mai creduto fino in fondo e, destreggiandosi tra le piccole e grandi minacce alla civiltà occidentale, dalle tensioni sociali, alle emergenze ambientali fino ad arrivare al terrorismo di matrice religiosa. L’arrivo della grande pandemia, che ha sorpreso i popoli di tutto il pianeta in un momento di apparente relativa sicurezza, ha mostrato tutti i limiti della provvisorietà che caratterizza i vertici delle democrazie parlamentari di tipo repubblicano. Gli appelli, più o meno accorati e credibili, alla coesione nazionale degli inquilini dell’Eliseo, della Casa Bianca, ed anche del Quirinale, sono stati recepiti come un atto dovuto, un dovere d’ufficio, da parte di funzionari, sebbene i più alti funzionari che possa esprimere un’architettura costituzionale, preoccupati soprattutto di rimanere indenni dal contagio. Lei no. Her Majesty, che si è vista sfiorare da 15 primi ministri del Regno Unito, 7 Pontefici ed una dozzina di Presidenti statunitensi ha conservato, nell’avvicendarsi dei suoi interlocutori, ruolo e prerogative. Nei grandi cambiamenti che hanno caratterizzato il suo lungo regno è rimasta immutabile, autorevole, ferma e, nonostante l’avanzata età, non si è trasformata nella nonna d’Inghilterra, ruolo già felicemente ricoperto da sua madre, ma nel continuo divenire, è rimasta l’unico punto fermo al quale gli inglesi, e non solo, guardano con affettuosa e rispettosa considerazione nella vita ordinaria e nei momenti difficili. Pertanto, mentre il suo Primo Ministro, che al comparire dei primi contagi nel Regno Unito, dopo essersi attirato critiche con la sua infelice uscita sulla “immunità di gregge”, sperimentava sulla sua pelle la paura ed il disagio del contagio, the Queen, prudentemente, ha in un primo momento taciuto. Il suo messaggio alla nazione, il quarto del suo regno, ha rincuorato gli inglesi, anche i più vecchi, nella cui memoria è vivo il ricordo della battaglia d’Inghilterra, quando le micidiali V2 oscurarono il cielo di Londra. Dio salvi la Regina, forse unico leader globale, anche quando, passata quella che sembra debba lasciare il ricordo di una terza guerra mondiale, del “villaggio globale” sarà rimasto ben poco.

Ancora un ponte che crolla. L’avevano ritenuto sicuro

Ancora un ponte che crolla, ad Albiano sul fiume Magra, per fortuna senza vittime. L’avevano giudicato sicuro dopo un intervento di manutenzione evidentemente inadeguato. L’Unione Monarchica Italiana torna a segnalare l’esigenza, improcrastinabile, di un programma di interventi di manutenzione straordinaria della rete stradale, autostradale e ferroviaria, attraverso un grande prestito nazionale che mobiliti, oltre risorse pubbliche, anche il risparmio privato per aiutare la ripresa dopo la stasi delle attività industriali, manifatturiere, commerciali e turistiche dovute all’epidemia da coronavirus.

L’Unione Monarchica Italiana stigmatizza il grave silenzio della politica sulle ipotesi, condivise dai maggiori economisti, di un grande prestito nazionale per tornare a crescere.

Roma,08.04.2020

Il Presidente Nazionale

Avv. Alessandro Sacchi

IL LABIRINTO DELLA PANDEMIA

di Giuseppe Borgioli

Una volta entrati nel labirinto della pandemia non è facile uscirne. Una nazione si può bloccare per decreto. Per farla ripartire non è sufficiente un altro decreto. E non è questione nemmeno di semplice liquidità da immettere nel sistema. Si stanziano 400 miliardi sotto forma di prestiti super agevolati e super garantiti ma non è per nulla scontato che sortiscano l’effetto di rianimare l’economia di una nazione che è rimasta ferma per mesi e mesi all’insegna dell’elogio del divano, tutti a casa sine ora e sine die. L’acqua c’è, ma se il cavallo non beve? Possono funzionare i 200 miliardi destinati all’esportazione e non è poco per una economia che vive di commercio con l’estero. Il denaro è come il sangue che circola in un corpo vivo. Non danno risultati le trasfusioni su cadaveri. L’Italia rischia di diventare un cadavere che si muove solo perché sospinto dall’onda della folla. Si aggiunga che i 400 miliardi che il governo- burocrazia permettendo –  distribuirà sono a debito e i nodi verranno al pettine quando dovranno essere rimborsati nella pieghe di un bilancio già provato. Se andiamo avanti cosi uno specialista come Mario Draghi chiamato al capezzale del moribondo non potrà farci niente o ben poco. La constatazione che anche gli altri paesi si trovano in condizioni più o meno drammatiche può illudere i nostri governanti che mal comune sia mezzo gaudio. Di solito in queste condizioni ognuno cerca di tirare i remi in barca e la solidarietà funziona male. Il tanto citato piano Marshall che risollevò le sorti dell’Europa occidentale nel dopoguerra presentava un diverso scenario. Gli Stati Uniti erano i vincitori che avevano bisogno dell’Europa sia dal punto di vista commerciale che politico. Oggi i buoni propositi sono sotterrati dalle ragioni del realismo politico. Quando il paese reale riprenderà a pulsare di vita? Quando le piazza, i caffè, i ristoranti ritorneranno ad animarsi? Quando via Veneto, Via dei Condotti, Villa Borghese, la Roma Umbertina ritorneranno ed essere i luoghi della vita dolce e della conversazione. Di questi luoghi si diceva che erano il salotto di Roma. La stessa cosa potremo di altre città italiane.I visitatori cercavano anche questo: questa atmosfera umana. Speriamo che le nostre siano preoccupazioni ingiustificate. Ci dispiacerebbe dover sopportare un clima da controriforma senza riforma. Tutto questo mentre pendiamo dalla bocca degli esperti (!) per sapere quando usciremo da questo incubo. Quando ritornerà a fluire la vita delle città. La decisione – ricordiamolo - spetta alla classe politica, ad una classe politica degna di questo nome. Luigi Einaudi, monarchico e primo presidente di questa repubblica, nelle sue prediche inutili ci ha lasciato il monito conoscere per deliberare che significa che il politico non può fare a meno del parere dei tecnici. È il politico che decide.  Oggi sembra che i ruoli sino inversi.

I monarchici per la ripresa dell’economia: sì ad un grande prestito nazionale, no alla patrimoniale e ad interventi europei (MES) a condizioni capestro

Alla vigilia della riunione dell’Eurogruppo, con all’ordine del giorno ipotesi varie di ricorso al Meccanismo Europeo di Stabilità (M.E.S.) per decidere sulle misure da adottare in favore della ripresa economica dei paesi che hanno subito danni gravi per il blocco delle attività industriali, manifatturiere, commerciali e turistiche, a causa dell’epidemia da coronavirus, l’Unione Monarchica Italiana (U.M.I.) manifesta viva preoccupazione per possibili decisioni del Governo che, in assenza di un voto del Parlamento, aderisca ad una ipotesi che, sulla base della analisi della sostenibilità dei debiti nazionali, si risolva in un prestito limitato ma con pesanti oneri per i contribuenti italiani.

L’U.M.I. ritiene, a fronte anche delle pesanti misure fiscali ipotizzate da alcuni esponenti della maggioranza, in pratica una patrimoniale, che la strada maestra per una politica di crescita e sviluppo vada individuata in un grande piano di investimenti infrastrutturali, di manutenzione e implementazione della rete stradale, ferroviaria, portuale ed aeroportuale, da finanziare attraverso un prestito nazionale a lunga scadenza che offra ai risparmiatori italiani, a condizioni vantaggiose, la possibilità di aiutare la Patria in questo grave momento di crisi economica e sociale.

L’U.M.I. ricorda che, in passato, in presenza di governi che riscuotevano la fiducia dei cittadini, in momenti drammatici delle guerre e della ricostruzione del Paese, gli italiani non hanno mancato di dare il loro contributo alla ripresa dell’economia.

Roma,05.04.2020

Il Presidente Nazionale

Avv. Alessandro Sacchi