IL PREZZO DELLA LIBERTA’
di Giuseppe Borgioli
A molti non sarà sfuggito che le celebrazioni del 25 aprile di quest’anno hanno assunto un carattere più dimesso ma nello stesso tempo più sentito. A nostro parere non era tanto gioco la ricorrenza storica del ’45 quanto la generale insofferenza per le giornate che il popolo Italiano è costretto a trascorrere come ha detto qualcuno agli arresti domiciliati. Questa dannata quarantena, che non finisce mai, mal sopportata da tutte le famiglie e magnificata dalle autorità ufficiali, sta costringendo a vivere nell’angoscia del presente e nella paura del futuro milioni di Italiani. Questi nostri concittadini non sanno se quando usciranno di casa troveranno ancora un lavoro. Non sono preoccupazioni da poco. Il premier Conte ha appaltato la politica a un non meglio precisato comitato tecnico scientifico di virologi che passano più tempo negli studi televisivi che nei laboratori. Hanno costoro un concetto di scienza che rassomiglia poco a quello di Karl Popper. Per Karl Popper la scienza merita di essere considerata tale se offre delle chiavi di falsificazione. Un’affermazione scientifica quando prevede gli eventi non si accontenta di essere verificata nella realtà ma deve indicare anche le circostanze in cui tali predizioni vengono falsificate. I nostri virologi hanno detto tutto e il contrario di tutto con la pretesa di non aver sbagliato mai. Del resto di questi virologi si conoscono bene i curricula e le frequentazioni politiche che gli hanno valso cariche, onori e fondi governativi e del CNR. Per carità, non vogliamo togliere a nessuno il suo quarto d’ora di celebrità. Sono i politici che rifuggono la responsabilità di decedere e si nascondono dietro questi onesti professionisti. 50 giorni di quarantena ci hanno insegnato ad apprezzare la libertà e a capire quanto sia da farisei contrapporla alla salute. La definizione americana della libertà sancisce il diritto riconosciuto a ciascuno di perseguire la felicità a modo suo. Molti, virologi e politici, stentano ad accettare la libertà. La loro vocazione è tenere i cittadini sotto controllo, mappare tutto ciò che è mappabile. Siamo ben consapevoli che di fronte alla pandemia anche la libertà è sottoposta a eccezioni. Ma si tratta di eccezioni, la regola aurea rimane la libertà: La libertà di culto, la libertà di movimento, la libertà di espressione, quella stessa libertà che è nella natura dell’uomo creato. Non per nulla abbiamo declinato i diritti come naturali. La repubblicana si è vergognata di rendere omaggio al diritto naturale. Ma i principi fondamentali si richiamano a questa articolazione del diritto. Il Re era il Custode dello Statuto. Luigi Einaudi cercò di interpretare la figura di Presidente con questo spirito. Poi l’onda lunga della politica italiana seppellì queste intenzioni. Oggi, Sergio Mattarella, sempre più simile ad un sarcofago egizio (con tutto rispetto per gli esemplari conservati al museo egizio di Torino) è tutto tranne che il guardiano delle libertà. È arrivato il momento che gli Italiani come il 25 aprile di 75 anni fa prendano loro in pugno la bandiera delle loro libertà.
di Edoardo Pezzoni Mauri
portavoce del Comitato Edgardo Sogno
Il 22 aprile 1946 l’allora Principe e Luogotenente Generale del Regno d’Italia Umberto di Savoia emanò un decreto legislativo luogotenenziale che recitava “A celebrazione della liberazione del territorio italiano il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”.
Alla liberazione del territorio nazionale concorsero vari soggetti e, se nel meridione l’opera di liberazione avvenne esclusivamente grazie alle truppe Alleate, nel nord d’Italia a essa contribuirono significativamente molti italiani, dai più svariati orientamenti politici, i quali, consci della necessità di partecipare alla rinascita della Patria morale, iniziarono a organizzarsi ben prima della caduta del regime. Con un ordine del giorno datato 23/8/1943, quando nulla ancora di ufficiale si sapeva sulle trattative di armistizio in corso tra il governo Badoglio e gli Alleati, “Il comitato delle opposizioni di Milano sta prendendo misure adeguate per dirigere la lotta e dare disposizioni alle classi lavoratrici”.
Ruolo fondamentale nella guerra al regime repubblicano-fascista ebbe sicuramente l’Organizzazione Franchi. Dopo l’8 settembre, infatti, Edgardo Sogno (Franco Franchi) si impegnò nella Resistenza armata, dapprima come rappresentante del Partito Liberale nel Comitato Militare piemontese e, successivamente, alla testa della Organizzazione Franchi, da lui stesso creata in accordo con la Special Force britannica e – infine – come membro del Comando Militare generale del CLNAI, in rappresentanza del PLI.
Non starò qui a ricordare il ruolo fondamentale che ebbe la Franchi nella guerra di Liberazione, l’imprescindibile compito di raccordo con i comandi Alleati (inglesi in particolare), l’attività di logistica nella gestione dei lanci di rifornimenti (Pom pom pom pom. Qui Radio Londra. Messaggio speciale per la Franchi. Felice non è felice ...); chi lo vorrà potrà trovare tutte le informazioni nei libri scritti da Sogno stesso: “Guerra senza bandiera” (Mursia), avvincente racconto, quasi romanzesco, degli anni di guerra e delle rocambolesche avventure dei suoi protagonisti o “La Franchi” (Il Mulino), analitica descrizione dell’organizzazione militare da lui fondata e comandata.
In questa sede voglio ricordare le ragioni ideali che spinsero Eddy all’azione e che hanno spinto noi a fondare il “Comitato Edgardo Sogno”, per riprendere la fiaccola ideale delle battaglie del Comandante e per evitare che oblio e disinformazione deformassero la realtà storica.
L’impegno di Sogno nella guerra di liberazione nasce dai suoi più profondi ideali democratici e liberali, ideali che lo guidarono durante tutta la sua vita. Non ragioni di parte politica guidarono Sogno, non il desiderio di stravolgere o riformare la società, non la volontà di creare un mondo nuovo; solo il bisogno di rimettere nelle mani degli italiani il loro stesso destino.
Purtroppo la purezza di questa missione non è stata compresa da tutti o forse, pur compresa, è stata strumentalizzata da una certa retorica resistenziale, di matrice comunista, che mal sopportando la figura di un combattente autenticamente democratico (il cavaliere di cristallo lo definì l’amico di una vita Francesco Forte), ha tentato in tutti i modi di infangarne la memoria per garantirsi l’esclusiva sulla Resistenza. Sogno ha combattuto per la libertà, altri hanno combattuto per una sostituzione di regime, dal nero al rosso, ed essendo miseramente fallito questo loro diabolico disegno, è rimasto loro solo il gioco, ormai ampiamente scoperto, di intestarsi, in esclusiva, una battaglia che, per puro caso fortuito, li ha visti, per una volta, dal lato giusto della storia.
I funerali di Sogno, funerali militari, si sono svolti nell’agosto del 2000 nella Chiesa della Gran Madre di Dio in Torino. L’elogio funebre è stato pronunciato da Amedeo di Savoia Aosta, alla presenza delle principali cariche politiche dell’epoca, compresi esponenti del centrosinistra.
Nei mesi successivi con la moglie Anna, con le figlie Laura e Sofia, con Francesco e Carmen Forte, con Cinzia Rastello, Claudio Piretto, Giorgio e Luciana Mathieu, con i reduci della Franchi Piero Stroppiana e Maria Giulia Cardini, e con tanti altri amici abbiamo deciso di fondare il Comitato Edgardo Sogno, per difendere la memoria del Comandate ma soprattutto per cercare di portare alla conoscenza dei più la modernità del suo pensiero politico, pensiero che, dalla fine della guerra sino agli ultimi giorni prima di morire, non ha mai smesso di elaborare, raffinare, divulgare e che se anche solo parzialmente applicato, vedrebbe l’Italia in condizioni ben migliori rispetto a quelle in cui oggi drammaticamente versa.
Vorrete quindi perdonarmi se, sul finire di queste brevi note, mi autorizzo a una rapida digressione personale e sentimentale.
In questi anni di attività il Comitato Sogno ha fatto tante cose: dalla lapide sulla casa del Comandante (sotto la quale ci troviamo, da 18 anni, ogni 25 aprile e sotto la quale ci ritroveremo nuovamente presto) ai convegni, pubblicazioni, commemorazioni. Se tutte queste attività sono state possibili è stato anche, e soprattutto, perché nel Comitato Sogno tutti noi abbiamo trovato una seconda casa e stretto amicizie molto forti e intergenerazionali, consentendo il passaggio di una fiaccola ideale da chi la guerra l’ha combattuta con le armi a chi, oggi, la combatte con le idee e col pensiero, contro nemici non meno insidiosi. Francesco Forte, che ne è oggi il Presidente (non onorario, mi dispiace Francesco, mai sei troppo importante come operativo, gli onori possono attendere…), ci ha guidati insegnandoci il necessario rigore scientifico. Grazie. E grazie anche a chi non è più con noi fisicamente, ma il cui esempio quotidianamente ci ispira: grazie ad Anna Sogno, poetessa della pittura, a Carmen Forte, impareggiabile “First Lady” (let’s talk about cakes), allo Strop, Piero Stroppiana, l’ingegnere (Pronto pronto sono Piero), a Maria Giulia Cardini. Continueremo la battaglia, la vostra battaglia e se veramente esiste un’altra vita ci ritroveremo di là, in un salotto come quello di Anna, o Carmen, a mangiare gorgonzola e salame, stappare spumante (Maria Giulia, solo dolcetto per te, lo so…) e progettare conferenze.
Dal 25 aprile ad una Festa nazionale
Nel giorno nel quale si ricorda la conclusione della Guerra di Liberazione Nazionale, ricorrenza istituita dal Luogotenente Generale del Regno Umberto di Savoia, i monarchici italiani, fedeli ai principi della democrazia parlamentare rappresentativa che hanno trovato la prima consacrazione nello Statuto Albertino, mentre non dimenticano le lesioni recate ai diritti di libertà, ritengono che quei valori, siano ormai acquisiti alla coscienza dell’intero popolo italiano e ciò nonostante il tentativo, parzialmente riuscito, di una parte politica di appropriarsi indebitamente di una ricorrenza che è, e deve essere, degli italiani tutti.
Tale tentativo di egemonizzare il 25 aprile ha fatto sì che, purtroppo, essa abbia perso il suo significato originario di festa della Libertà, divenendo simbolo di divisione e contrapposizione.
L’Unione Monarchica Italiana, nel ribadire la propria adesione ai principi originari che trovarono il loro simbolo nella data del 25 aprile, chiede a tutti i partiti politici di farsi promotori di una riforma che individui la Festa Nazionale in una data che nessuno possa ritenere di parte e che dovrebbe essere individuata, come accade ovunque nel mondo, nel giorno in cui si è formato lo Stato nazionale, il 17 marzo, già oggi ricordata come la festa dell’unità. In alternativa potrebbe essere scelta la data del 4 novembre che, con la conclusione vittoriosa della Prima Guerra Mondiale ha rappresentato, con l’annessione all’Italia di Trento e Trieste, la conclusione del percorso risorgimentale che fu possibile grazie al sacrificio di uomini e donne provenienti da ogni angolo d’Italia, spesso appartenenti ad orientamenti politici e culturali diversi, che s’impegnarono con il pensiero e con l’azione a costruire lo Stato degli italiani, per affermare i diritti fondamentali delle libertà civili.
Roma,24.04.2020
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi
L’EUROPA SENZA QUALITA’
di Giuseppe Borgioli
Quando Konrad Adenauer, Robert Schuman e Alcide De Gasperi (tre uomini di frontiera, un tedesco renano, un alsaziano, un trentino) dettero vita con Belgio Olanda e Lussemburgo alla piccola Europa c’era nelle loro menti un disegno storico. Intanto Italia, Francia e Germania miravano a superare gli equilibri di Yalta. La stessa Francia che pur aveva ottenuto uno strapuntino a fianco delle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale perseguiva degli obiettivi di politica internazionale che assegnavano alla nuova Europa una voce originale. Lo spirito del trattato di Roma del 1955 era questo mosaico. Come è noto la scelta fu di progredire gradino per gradino istituendo agenzie economiche e, in ultimo, finanziarie che nella visione ottimistica dei promotori avrebbero dovuto portare di fatto alla unità politica. Il primo ostacolo fu la CED (Comunità di Difesa Europea) che non fu ratificata dal Parlamento francese. Dopo l’ubriacatura del 1989 ci fu l’allargamento dell’Europa che, anche sotto impulso della diplomazia americana, raggiunse l’attuale quota di 27 paesi membri. Certo, questo cammino fu accompagnato da una produzione cartacea sempre più voluminosa. Tutte queste carte non hanno lasciato traccia perché si sono limitate a fare filosofia (pessima filosofia) senza apportare alcuna seria modifica al sistema di prendere le decisioni. Anzi l’aumento dei paesi membri ha annacquato il brodo della piccola Europa e l’ha trasformata in una specie di tribuna dove ciascun governo rafforza il carattere particolare e si sente autorizzato a decidere in base all’interesse nazionale contingente. De Gaulle da buon stratega non solo militare aveva capito questa fragilità quando lanciò la proposta dell’Europa dall’Atlantico agli Urali. L’Europa così definita nei suoi confini geografici doveva esaltare le nazionalità come contributo alla politica comune: Europa delle Patrie, una sorta di confederazione più che di unione. Non se ne fece niente e l’Europa rimase uno strano animale, metà carne e metà pesce, più una sede di consultazione che un organismo vitale e autonomo. È l’Europa di oggi, luogo di trattative estenuanti con conclusioni interlocutorie che suonano quasi sempre a compromessi. È la replica che abbiamo visto il 23 aprile. Gli eurobond sostenuti dal governo Italiano (il più indebitato in Europa) per far fronte alle spese di bilancio in seguito alla pandemia di coronavirus non sono stati accolti come era prevedibile. Gli strumenti messi a disposizione dal Consiglio Europeo sono di tipo tradizionale perché fanno capo a istituti che già esistono, inclusi i recovery fund di cui si riparlerà a babbo morto. L’Italia accetterà il prestito del MES rivolto esclusivamente alle spese sanitarie e senza conseguenze rispetto alla sovranità di bilancio. È poco? È tanto? Si poteva strappare di più? È sintomatico che queste domande ce le poniamo all’indomani del Consiglio Europeo e la dicono lunga sul fallimento dell’Europa anche come comunità solidale. Diventa difficile definire oggi l’Europa. Non è definibile attraverso la sua politica perché di politiche se ne contano parecchie. C’è un settore in cui l’Europa si è distinta? Non mi pare le stesse prese di posizione ufficiali sulle crisi internazionali sono in linea di massima tardive e banali. Torna alla memoria l’uomo senza qualità di Robert Musil che assiste impotente agli eventi: non accade quello che fa, fa quello che accade.
EMERGENZA ISTITUZIONALE
di Giuseppe Borgioli
Oltre all’emergenza sanitaria e a quella economica che seguirà a breve dovremo considerare l’emergenza istituzionale già in atto. Vogliamo pensare che la corte dei consiglieri del presidente Mattarella l’abbia consigliato con prudenza (come è nel suo stile) e con la sensibilità rivolta alle libertà e alle garanzie dei cittadini. Uno scrittore di sinistra come Stefano Massini mi ha indotto a riflettere su questa drammatica prospettiva che non sfugge a chi ha visione liberale della vita. Spero che Massini non si adombrerà se dico che su questo aspetto sono totalmente d’accordo con lui e lo ringrazio per aver detto chiaro e forte (in una trasmissione televisiva) quello che molti Italiani pensano ma non hanno il coraggio di obiettare. È bellissima storia del bambino che nella folla ha il candore di gridare: il Re è nudo. L’art. 13 della costituzione non lascia dubbi:” La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione e perquisizione personale né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato della autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”. Da parte nostra abbiamo stigmatizzato le restrizioni subite da un Parlamento chiuso, poi semiaperto, nella considerazione che proprio in quella sede avviene il corretto confronto fra governo e opposizione. Si dice che il professor Conte abbia voluto ispirarsi – con la modestia che lo contraddistingue - al gabinetto di guerra britannico nella seconda guerra mondiale che – ricordiamolo- faceva da pendant a un governo di unità nazionale. Niente di tutto questo in casa nostra dove il premier ha preso le decisioni più importanti da solo coadiuvato da comitati costituiti con esponenti (cosiddetti scienziati ed esperti in umanità) non provenienti dal Parlamento con la benedizione del presidente della repubblica. Tutto qui. Si dirà ma la pandemia è come una guerra ed è appropriato che si prendano a cuor leggero provvedimenti che vanno a intaccare valori universali come le libertà dei cittadini. Più che giusto se questi provvedimenti non andassero a modificare l’impianto istituzionale e a prefigurare dei pericolosi precedenti. Siamo mal messi con tre emergenze che ci aspettano al varco della ripresa. Cosa accadrà quando la quarantena sanitaria non potrà più funzionare da paracadute a questa legislatura e si potrà in teoria tornare a votare? Invocheremo le misure del distanziamento sociale per sospendere la democrazia elettorale? Staremo a vedere. Intanto un amichevole consiglio a Matterella: allarghi il cerchio dei suoi consiglieri (della sua corte) e si ricordi il detto siciliano: calati juncu ca passa la china.
Nell’emergenza limitato il ruolo del Parlamento
Decreti legge a getto continuo, e poi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, ordinanze di Protezione civile e dei Presidenti delle regioni, l’epidemia da COVID-19 ha colpito soprattutto i decisori politici che inondano di norme il cittadino, frastornato da obblighi e divieti, taluni dei quali incidono, in misura spesso diversa da regione a regione, su diritti costituzionali, come nel caso della libertà di circolazione, non regolamentata ma impedita, ad esempio con trasferimento da un alloggio ad un altro, pur nelle stesse condizioni di cautela. Inoltre, i provvedimenti di urgenza “con forza di legge” emanati dal Governo contengono sempre più spesso mere autorizzazioni al Presidente del Consiglio che vi provvede in autonomia, con l’effetto che la sovranità, che “appartiene al popolo”, è esercitata dal Governo e non dal Parlamento chiamato a convertire in legge norme non sempre di diretta incidenza sul contenimento dell’epidemia.
L’emarginazione delle Camere da scelte fondamentali per il cittadino preoccupa molto l’Unione Monarchica Italiana, che nella democrazia rappresentativa riconosce il presidio delle libertà. I monarchici auspicano che sia quanto prima varata una legge elettorale che si basi sul diritto dei cittadini alla scelta diretta dei propri rappresentanti, non imposta dalle segreterie dei partiti, o da “piattaforme” di dubbia credibilità.
Roma,15.04.2020
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi